08 October 2011

Honda NSX Dossier

Aveva un motore che toccava senza problemi gli 8.000 giri/min, un sofisticato sistema di controllo di trazione, una linea mozzafiato, materiali all’avanguardia e prestazioni elevatissime.....

Introduzione

Aveva un motore che toccava senza problemi gli 8.000 giri/min, un sofisticato sistema di controllo di trazione, una linea mozzafiato, materiali all’avanguardia e prestazioni elevatissime. Era l’arma con cui Honda replicò, agli inizi degli anni 90, alle supercar europee, tanto sicura quanto veloce. Una coupè di razza che suscitava ammirazione e una punta d’invidia. Concettualmente poi  la nuova sportiva giapponese modificò profondamente gli standard costruttivi di un settore, quello delle super sportive europee, apparentemente vivo e dinamico, ma in realtà piuttosto rigido e conservatore. Mentre i grandi marchi del Vecchio Continente guardavano ancora per certi versi alla tradizione e al passato, le Case giapponesi investirono moltissimo su tecnologia, sicurezza e futuro con l’impiego di materiali inediti e soluzioni tecniche davvero innovative. Questo spronò le Case europee più sportive a cercare nuovi e diversi motivi di politica commerciale che furono poi trovati proprio nei contenuti tecnici.
 

Linea e interni

La NSX non passava certo inosservata con la sua linea rastremata, i fari a scomparsa della prima generazione, la sua linea rastremata, tetto e montanti neri ( su tutte le versioni, mentre la scocca era inizialmente disponibile solo in rosso). L’abitacolo era ben rifinito e confortevole anche se solo per due persone, con un posto guida dall’ergonomia assolutamente ineccepibile. La strumentazione, raccolta sotto un’unica palpebra, era di tipo analogico con sei indicatori e lancette rosse; l’ampio tunnel centrale che divideva i due sedili ospitava la leva del cambio a cinque marce (per USA e Giappone era disponibile un automatico a quattro rapporti), l’autoradio Bose e i comandi clima.  Completissima la dotazione di serie offerta per il tempo che includeva Abs, air bag, cruise control, TCS, tutte le regolazioni possibili e immaginabili per volante e sedile, cristalli atermici. Al fortunato proprietario restavano appena due possibilità di personalizzazione; la vernice metallizzata, che però in Italia non era disponibile, e il tetto apribile. La NSX offriva anche un piccolo vano bagagli di 154 litri nella zona posteriore.


 

25 unità al giorno…

La NSX aveva un solo difetto, ne costruivano troppo poche e i tempi di consegna erano  molto molto lunghi. Le vetture venivano infatti costruite in uno stabilimento specifico al ritmo di sole 25 unità al giorno. Lo staff di produzione era limitato a soli 200 operai, ciascuno dei quali doveva vantare almeno 10 anni di esperienza lavorativa alle spalle. Chiavi in mano costava nel 1991 127 milioni, una cifra elevata ma inferiore a quelle proposte da supercar di analoga concezione. 


 

Bielle in titanio

Mossa da un V6 di 2.977 cc con distribuzione “VTEC”, cioè con camme ad alzata variabile per i bassi e alti regimi, la NSX aveva un peso estremamente contenuto grazie alla scocca in alluminio. Più nel dettaglio, il suo sei cilindri a V in alluminio con distribuzione bialbero a 4 valvole per cilindro azionate mediante punterie idrauliche, gestito elettronicamente, aveva bielle in titanio e una cilindrata di 2.977 cc (alesaggio corsa 90 X78 mm con un rapporto di compressione 10,2:1).  Grazie alla tecnologia VTEC la fase (angoli di apertura e di chiusura)  delle valvole di aspirazione poteva variare in funzione del regime di rotazione del motore per migliorare l’erogazione di coppia ai bassi regimi senza penalizzare al potenza agli alti. L’iniezione elettronica era multipoint sequenziale PGM-F1 e il V6, con sistema di aspirazione a geometria variabile VVIS, era accreditato di 274 Cv a 7.300 giri/min con una coppia massima di 29 kgm a 4.500 giri/min. Al nostro banco nel 1991 rilevammo 270,4 Cv a 7.350 giri/min e 28,2 a kgm a 5.300 giri/min con una curva di coppia molto piatta nonostante le caratteristiche sportive del motore; già a 2.000 giri/min si raggiungeva una buona percentuale del valore massimo.   Il sistema di controllo della trazione TCS ottimizzava in ogni momento la coppia motrice trovando un ulteriore alleato in curva nel differenziale autobloccante, dotato di sensore di coppia che impediva l’innesco di pattinamenti indesiderati. Disattivandolo veniva lasciato al guidatore il pieno controllo della vettura e dei suoi 270 Cv.

 

Sospensioni

Non c’era un solo gruppo meccanico o strutturale della NSX che non fosse degno di nota e che non presentasse soluzioni costruttive estremamente avanzate. In allumino era anche la scocca, quindi a prova di ruggine, ed i bracci delle sospensioni “double-wishbone”, un’altra tecnologia costruttiva costosa e raffinata. Le sospensioni lavoravano dunque mediante uno schema a parallelogrammo articolato con bracci multipli per assicurare alla ruota un movimento oscillante ottimale  e garantire la corretta impronta a terra in ogni condizione. I cerchi anteriori erano in lega leggera da 6,5 JJ x 15” e pneumatici da 205/50 ZR, quelli posteriori da 8,0 JJx 16” con pneumatici da 225/50 ZR 16, lo sterzo a pignone e cremagliera con servoassistenza ed il peso a vuoto dichiarato di 1.370 kg.


 

Oltre 270 km/h...

Su strada la NSX si dimostrò un’autentica saetta. Bastava un km da fermo per toccare i 210 km/h; divorati altri duemila metri si arrivava a 270 km/h, che erano la velocità massima. Quanto ai 100 all’ora si arrivava in meno di sei secondi (rilevammo 5,73 sec). Eccellente anche al ripresa soprattutto se si considera che a 40 km/h il V6 lavorava appena al 13% del suo regime massimo. In Va si percorreva il km da 40 km/h in 32,61 sec (175,3 km/h in uscita).Eravamo agli inizi degli anni 90 e queste scarse cifre bastavano a chiarire che razza di coupé purosangue fosse la NSX. Concepita, non senza un po’ di presunzione,  per fare concorrenza a Porsche e Ferrari offriva allo stesso tempo una facilità di guida e un confort decisamente insoliti per una sportiva di quel genere. La stabilità e la prontezza di risposta a qualsiasi comando impartito erano esemplari e anche negli inserimenti più “feroci” o sui lunghi rettilinei affrontati in pieno (viaggiando a 270 km/h) la vettura non accusava né incertezza né pericolosi ondeggiamenti. Grazie alla servo assistenza lo sterzo era morbido e leggero in manovra o a bassa velocità, ma estremamente preciso quando le prestazioni aumentavano.


 

Quota 8.000...

E il motore? Un autentico capolavoro di ingegneria per il tempo, con un timbro che non trovava molti rivali. Capace di girare senza risentire oltre quota 8.000 giri offriva una progressione entusiasmante fin dai regimi medio bassi, con una rapidità e una carica davvero impressionanti. Dai 5.000 giri/min abbinava alle prestazioni anche una musica sconosciuta  a molti propulsori che invadeva l’abitacolo con tono pieno che diventava possente e quasi brutale alle soglie dei 7.000 giri/min. Il cambio era quasi da corsa per velocità e precisione, a senza durezza; lo si manovrava in maniera istintiva e naturale e anche nelle scalate più critiche non manifestava rifiuti o impuntamenti. Medesimo lusinghiero giudizio infine sull’impianto frenante, potente modulabile e e capace di resistere anche all’uso agonistico.    
 

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