La prima apparizione della # 1739 si può quindi fare risalire al Salone di Torino nel novembre 1960, quando Bertone la espose nel proprio stand e stupì il pubblico in un modo del tutto nuovo. Per questa particolare creazione egli rinunciò alle linee ardite e provocatorie, che erano la sua abituale cifra stilistica, e spostò la sfida nel campo dell’estetica classica, nel quale Pinin Farina era maestro indiscusso.
Nella grazia senza tempo della # 1739, Bertone e il ventunenne Giugiaro inserirono in ogni modo molte novità per il “mondo Ferrari”: come il padiglione su montanti sottilissimi, i brancardi e il tetto in metallo satinato, i parafanghi integrati nel cofano motore con apertura a conchiglia, i cerchi a vela bimetallici, lo sbrina-lunotto e la coda tronca. L’impatto di ogni elemento innovativo appare però ancora oggi temperato da un’esecuzione molto composta e misurata, che poggia su linee tese mai interrotte da elementi decorativi estranei al puro linguaggio dell’alluminio plasmato. Erano prudenti perfino i colori, bianco perlato (fornito da Wax) per la carrozzeria, e pelle Connolly Turquoise Green VM 3476 (verde turchese) per gli interni.
A lavoro finito, Bertone probabilmente si accorse che il senso della misura aveva privato il frontale della 250 prototype EW dell’identità Ferrari e rimediò con uno stemma Ferrari di formato gigante per impedire che il blasone del costruttore passasse inosservato. All’interno l’insieme delle linee classiche e delle innovazioni diedero un risultato che oggi appare bizzarro perché tenne conto delle particolari richieste del committente.
ONDA
La plancia contornata da una palpebra imbottita, che in alto prende un movimento a onda, è la parte più innovativa e la più riuscita, tanto che poi Bertone ne riprese il motivo in un’infinità di modelli: dalla Simca 1000 Coupé alla Fiat Dino Coupé. Nella # 1739 stride la posizione del contagiri e del tachimetro al centro, dove l’abbassamento dell’onda consigliava di disporre gli strumenti di diametro minore.
A Wax però gli strumenti grandi piacevano al centro, dove già li aveva fatti sistemare da Scaglietti nella 410 Superamerica # 0671 SA che si era fatto confezionare su misura nel 1957. Ancora più stravagante appare la batteria di interruttori e spie luminose raggruppati davanti al passeggero, che fanno pensare che il dott. Wax viaggiasse sempre con qualcuno accanto (immaginiamo un graziosa segretaria), con la delega ad azionare interruttori e a controllare spie. All’epoca destò sensazione anche la leva del cambio con l’impugnatura a mazza da golf, ma l’idea non era del tutto peregrina, perchè oggi sappiamo che qualche anno dopo la Mercedes ed altre Case si ispirarono a questa soluzione per rivoluzionare i pomelli del cambio che fino ad allora non prescindevano da forme rotonde.
NOIA
Come spesso accadeva, la nuova “special” venne presto a noia al volubile Enrico Wax, che alla fine del 1961 la cedette alla famiglia Tacchini. Qui rimase fino al 1974, quando Giuseppe Medici, illuminato appassionato di Reggio Emilia, la portò ufficialmente nel mondo delle auto da collezione. Gli americani all’epoca erano più sensibili degli italiani a certe cose, così nel 1976 la # 1739 attraversò l’Atlantico e trovò un nuovo proprietario in Robert Solomon di Encino, un sobborgo di Los Angeles. L’anno dopo, pur rimanendo nell’aerea di Los Angeles, trovò un nuovo proprietario a La Jolla. Qui nel 1981 subì il primo restauro. Il lavoro evidentemente era piuttosto approssimativo, perché fra il 1982 e il 1984 Steve Tillack la restaurò per la seconda volta riportando all’originalità molti particolari, come il tetto satinato, ma derogò dal colore facendola rossa. “Red sell well” (il rosso si vende bene), dicono gli americani, e la vettura ora in rosso, nel gennaio 1984 cambiò di mano per 100.000 $ nell’asta Barrett-Jackson di Scottsdale. Nel settembre dello stesso anno però tornò presso la Tillack & Co, che vi appose un cartellino di vendita maggiorato a 130.000 $.
Dopo cinque anni e varie peripezie la “ex-Wax”, ancora in rosso e con il tetto satinato, tornò da Tillack, che questa volta sul cartellino scrisse 2.500.000 $. La stessa cifra che chiese in un annuncio pubblicato nel settembre 1989 sulla rivista inglese Thoroughbred & Classic Cars. Record In ogni modo la # 1739 rimase in California, precisamente a Santa Barbara, nelle mani del nuovo proprietario Roger Karlson. Lo stesso Karlson il 24 agosto 1994 la introdusse nel dorato mondo dei concorsi d’eleganza, iscrivendola nella classe 6 dell’International Ferrari Concours di Monterey. Nel 2000, dopo una parentesi Hollywoodiana con lo scrittore Lance Hill, la nostra Ferrari finì a Monterrey, in Messico, nella Caballeriza Collection di Lorenzo Zambrano.
Rimase con lui nell’attuale grigio argento con interni rossi fino al 2009, partecipando a diversi concorsi, dove ottenne vari premi, compreso il 2° di classe a Pebble Beach e il Platinum award nella classe 4 FCA a Monterey. Messa all’asta a Maranello il 17 maggio 2009 all’interno di Leggenda e Passione RM Auctions, non stimolò alcun rilancio oltre il valore di stima e rimase invenduta. Non è accaduta la stessa cosa lo scorso 21 novembre 2013 all’asta newyorkese “Art of the Automobile”, quando l’offerta più alta ha toccato il valore record di 7.040.000 $.