Emissioni: ok alle rinnovabili ma il petrolio serve

Se per ridurre le emissioni i governi si affidano alle energie rinnovabili e all’elettrico, non possono però fare a meno del petrolio e dei combustibili fossili per far ripartire l’economia.

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Come sempre più spesso accade i propositi nobili e virtuosi non per niente a braccetto con la generazione di fatturato, utile e guadagno. Il miglior esempio di questa teoria ci è arrivato come uno schiaffo durante la pandemia di Coronavirus dove i governi si sono trovati a dover gestire una fortissima crisi sanitaria ed ambientale, che richiede a gran voce il passaggio a energie pulite e rinnovabili come l’elettrico, ma anche un altrettanto problematica crisi economica e lavorativa, che non può fare a meno dei combustibili fossili e del petrolio per far ripartire la filiera economica e industriale.

Secondo, infatti, un articolo comparso sul quotidiano britannico The Guardian: “la prospettiva di una ripresa verde globale dalla pandemia di coronavirus è in bilico, poiché i paesi versano denaro nell’economia dei combustibili fossili per evitare una recessione devastante. L’UE è comunque in prima fila, dedicando il 30% dei suoi 750 miliardi di euro a fini ecologici. Ma all’altro estremo della scala, la Cina sta affrontando la crisi con solo lo 0,3% del suo pacchetto di investimenti previsto per progetti verdi. Negli Stati Uniti, prima delle elezioni, poco più dell’1%, della spesa annunciata era su investimenti ecologici”.

Una notizia confermata dai calcoli di Vivid Economics, pubblicati appunto dal Guardian, che sottolineano come solo Francia, Spagna, Regno Unito e Germania abbiano un programma di investimenti per il futuro che produrranno un vantaggio ambientale netto. Discorso ancor più grave se si prendono in considerazione i paesi in via di sviluppo o quelli meno ricchi dove le spese per ridurre l’inquinamento sono ancora minori e il rispetto delle comuni regole anti inquinamento è ancora più assente. Come dire, buon viso a cattivo gioco!

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