07 September 2022

Renault 16

Auto dell’anno nel 1965, questa berlina rilancia la Casa francese nel segmento medio alto. È innovativa sotto molti aspetti perché rivoluziona il concetto di berlina, fino ad allora...

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Le auto francesi degli anni 60 e primi 70, nella produzione di massa, sono tra le più dibattute. Tra le europee sono probabilmente quelle che più dividono gli appassionati che danno giudizi netti, nel bene e nel male.

Se escludiamo qualche eccezione, tipo Citroen 2CV o Renault 5 che sono universalmente apprezzate, le altre o sono amate senza compromessi o sono semplicemente ignorate. Sarà per lo stile delle carrozzerie decisamente particolare, per i motori di scuola molto conservatrice e quasi sempre di piccola/media cilindrata, sarà per la filosofia stessa dei progetti mirata all’ottenimento della massima praticità e confort.

Carrozzerie grandi con forme particolari, sospensioni morbide a grande escursione, bauli ben sfruttabili; tutte caratteristiche che fanno amare o odiare. E c’è anche in noi italiani – “sciovinisti” tanto quanto i francesi – la tendenza a guardare dall’alto in basso le loro auto o addirittura a dimenticarle. Un grave errore.

Le auto francesi di quell’epoca possono piacere o meno, ma non si può negare in alcun modo il ruolo storico che hanno avuto e anche le innovazioni che hanno portato con sé, non tanto meccaniche, ma pratiche e funzionali. Come nel caso della Renault 16 che dopo decenni di oblio pare destinata ad essere rivalutata, anche grazie all’impegno del neonato Registro italiano.

La 16, e in tanti se ne sono dimenticati, ha nel suo progetto molte novità importanti. In sintesi: è la prima Renault di fascia medio/alta “tutto avanti”, è la prima berlina due volumi cinque porte, è la prima ad avere un abitacolo modulare che consente di ampliare il vano di carico, ma anche di posizionare i sedili come due lettini.

E’ tra le poche ad avere un allestimento di dotazioni così ricco nella sua fascia di mercato. E onore al fatto che resta in produzione dal 1965, quando si merita il titolo di “Auto dell’anno”, al 1980, totalizzando oltre un milione e ottocentomila esemplari.

Una vettura che merita di essere riscoperta, a cominciare dalla sua progettazione.

Sei è troppo, meglio quattro
Negli anni Cinquanta la Renault è particolarmente competitiva nei segmenti bassi, mentre nel top di gamma, rappresentato dalla Frégate, ha una presenza assai modesta.

La Casa francese ha dunque bisogno di proporre vetture di cilindrata medio/alta, non solo per i mercati europei, ma anche per quello USA, in genere sempre fonte di buoni guadagni in valuta pregiata. Sotto la spinta di Pierre Dreyfus, presidente della Renault, si decide nel 1958 di approntare un nuovo e ambizioso progetto. Siglato 114, prevede una berlina mossa da un sei cilindri da 2.200 cc a benzina dotata di sospensioni oleopneumatiche. Dopo aver realizzato 14 prototipi, all’inizio del 1961 il tipo 114 si ferma per più motivi: costo eccessivo del progetto, mercato USA in flessione, scarso interesse in Europa (e soprattutto in Francia) per una berlina così sofisticata.

Si cambia totalmente indirizzo e ci si dedica al progetto “riparatore”, il 115, delineando nuovi obiettivi. Che sono: motore entro i 1.500 cc a 4 cilindri, estetica decisamente diversa dalle rivali Peugeot 404, Opel Rekord o Ford Taunus, ma che rappresenti bene e senza eccessi lo status sociale medio/alto del cliente, ricerca della massima abitabilità e versatilità d’uso. Il responsabile del progetto è Yves Georges che coinvolge i suoi migliori (e più giovani) collaboratori, tra cui Gaston Juchet (design), Claude Prost-Dame (carrozzeria), Jacques Blondeleau (sospensioni) e Michel Petricenko (motore). Bisogna correre In tutto questo c’è anche un po’ di fretta perché dopo l’uscita di scena della deludente Frégate la Renault resta scoperta in quella fascia di mercato e ritiene di non poterselo permettere.

Georges analizza tutti quegli elementi che dal progetto 114 possano essere trasferiti al 115 (ad esempio sterzo e freni), ma anche il motore che, “decapitato” di due cilindri, porterebbe la cilindrata non a caso a 1.470 cc. Dopodiché cambia pure la strategia progettuale che viene semplificata. Se prima vi era una rigida procedura che prevedeva che i disegni di ogni progettista venissero consegnati ai responsabili dell’industrializzazione col risultato che si chiedevano continue modifiche per risolvere i problemi industriali, col progetto 115 progettazione e fabbricazione procedono di pari passo con riunioni di confronto due/tre volte la settimana. Questo diverso percorso consente di abbreviare i tempi, tanto che la Renault 1500 (così inizialmente è siglata) è pronta già nel 1964 con i primi esemplari di pre-serie.

La nuova vettura riprende la filosofia della 4, lanciata nel 1961 e definita come “un’auto da vivere”, adatta al lavoro, al tempo libero, ai viaggi. Solo che con la 1500, che prende ora definitivamente la sigla 16, si deve salire di segmento, rivolgendosi alla classe media, ovvero alla borghesia. E rispetto alla popolare 4, deve anche avere un’immagine adatta, che non susciti dubbi, che sia elegante e personale e, visto che è previsto il portellone, non sia avvicinabile come idea ad una giardinetta, allora identificata solo come mezzo da lavoro, quindi commerciale. E deve pure prendere le distanze dalle concorrenti, che sono tutte a tre volumi. Il compito di disegnare la 16 spetta, come detto, a Juchet. Sin da primi schizzi abbandona le linee tonde tipiche degli anni Cinquanta in favore di linee più spigolose.

Il corpo vettura è audace: due volumi con bassa linea di cintura e padiglione alto, assenza di gocciolatoi, sei finestrini, portellone. Nel frontale spiccano i fari rettangolari e il cofano segnato da un solco longitudinale che idealmente si congiunge con quello presente sul tetto. In coda i montanti sono molto inclinati, il lunotto è scavato e i gruppi ottici sono esagonali uniti da una fascia in color argento dove è riportata la scritta Renault. Due aggettivi indicano al meglio quanto fatto: originale e differente. Una bella sfida, ma la Casa è convinta di poter aver successo e di saper cogliere anche i cambiamenti sociali che stanno caratterizzando gli anni Sessanta.Un aspetto fondamentale del progetto è anche l’abitacolo, perché si va oltre alla soluzione della panchetta ribaltabile. La vettura della Renault offre, caso unico, quattro possibilità di utilizzo.

La prima è quella normale, ovvero 4 o 5 persone più il baule da 346 litri. Una seconda opportunità è data dal fatto che il divano si può spostare in avanti, lasciando comunque uno spazio sufficiente alle gambe delle persone. In questo caso il volume del baule sale a 424 litri. Ma ci sono ancora due chances da sfruttare. Il divano si può ripiegare passando a 750 litri, ma addirittura si può asportare per il trasporto di oggetti particolarmente ingombranti arrivando a 1200 litri di capienza. Tra l’altro, il fatto che le barre di torsione della sospensione posteriore siano montate in posizione trasversale e sfalsata (come sulla 4) consente di avere un piano di carico molto regolare.

Pensate sia tutto? No, c’è ancora la possibilità di “sdraiare” i sedili anteriori, in modo da ricavare due lettini e non c’è nemmeno la leva del cambio a disturbare perché è al piantone. Motore sotto le aspettative In un quadro così interessante, la parte meccanica ricopre un ruolo quasi marginale. Il 4 cilindri di 1.470 cc montato sulla 16 prima serie, presentata al Salone di Ginevra del 1965, delude un po’ le aspettative. È un classicissimo aste e bilancieri con asse a camme laterale e due valvole per cilindro inclinate, alimentato da un carburatore Solex (o Zenith), montato longitudinalmente e con il cambio a 4 marce piazzato davanti per una migliore distribuzione dei pesi. Unica nota significativa il monoblocco che è in alluminio anziché in ghisa. La potenza dichiarata è di 58,5 CV a 5.000 giri, la coppia è di 10,7 kgm a 2.800 giri.

Considerando che la vettura pesa a vuoto 980 kg, si capisce che le prestazioni non sono proprio brillanti, tanto che la velocità massima è appena superiore ai 140 km/h (e dopo un lungo lancio) e che quella di crociera si attesta sui 115/120 km/h. Il tutto con un consumo di 1 litro per 11,7 km. Motore di indole turistica quindi, ma particolarmente robusto e quindi affidabile nel tempo. Come viene accolta dal mercato questa berlina? Tenendo conto che la produzione inizia a giugno 1965, i 12 mesi che contano per un primo totale sono quelli del 1966 quando si vendono 118.319 esemplari, tra la versione standard e la Super che presenta un migliore equipaggiamento.

Un buon risultato, ma nulla di eclatante. Evidentemente il design audace deve essere ancora “digerito” dal pubblico e in più le prestazioni non sono propriamente competitive. Il brio che ti aspetti Il momento della svolta avviene due anni dopo, sempre al Salone di Ginevra che è la prima rassegna internazionale dell’anno (si svolge a marzo). Qui viene presentata la 16 TS (tradotto in Turismo Sportivo). Quali sono le novità? Prima di tutto sono sotto il cofano. Il 4 cilindri cresce infatti di cilindrata a 1.565 cc aumentando sia l’alesaggio sia la corsa, ha una nuova camera di scoppio, un asse a camme dal profilo diverso e un carburatore doppio corpo. La potenza ora è di 85 CV, più che sufficienti a portare la vettura a 165 km/h. È un passo decisivo che pone la 16 in diretta concorrenza con le rivali. Il cambio resta a 4 marce e sempre con la leva al piantone.

L’impianto frenante è di tipo misto, come sulla versione standard, ovvero dischi anteriori e tamburi posteriori, ma i primi sono maggiorati e ora c’è il servofreno a depressione. La maggior verve è indicata anche dagli interni, decisamente più accattivanti. Se sulla Super, che ora diventa la versione base, c’è il tachimetro a sviluppo orizzontale e poco altro, sulla TS arriva un nuovo cruscotto ben più moderno e completo con quattro elementi circolari tra cui il contagiri e termometro acqua. In più la TS ha un equipaggiamento degno di vetture di classe superiore. Nuovi sedili, tergicristalli a due velocità con sistema di detersione a quattro getti, retrovisori giorno-notte, posacenere e accendisigari illuminati, spot di lettura anteriore, lunotto autosbrinante, fari fendinebbia allo iodio e (nel 1969) luce di retromarcia. In opzional, la 16 TS propone finestrini anteriori a comando elettrico (di serie dal ’69), il tetto apribile elettrico e la selleria in pelle (1969). Le vendite della 16 finalmente decollano.

Esattamente un anno dopo, e sempre al Salone di Ginevra, la 16 viene anche proposta col cambio automatico, prendendo la sigla TA. È la prima volta che una Casa francese mette in produzione una soluzione così. Caratterizzata da tre rapporti più RM, la trasmissione è gestita elettronicamente e il passaggio di rapporto è attuato in base alla velocità e alla posizione dell’acceleratore. Per sostenere le vendite il prezzo di listino è lo stesso della TS, ma le prestazioni non sono le stesse. Infatti il motore viene addolcito a 67 CV e la velocità scende a 145 km/h. Nella TA la Renault ha grandi aspettative (specie per il mercato USA), ma in realtà sta ben al di sotto del 25% sperato nelle vendite totali. Tant’è che dopo poco più di un anno esce di scena e la trasmissione automatica si rende disponibile solo a richiesta.

L’Europa guarda al cambio automatico ancora con grande diffidenza, anche perché l’affidabilità non è propriamente a prova di bomba come oggi. Nel frattempo la Super è sparita (dal 1970) dai listini, sostituita dalle versioni L e TL con motore 1.600 cc. La prima ha 55 CV, la seconda 65 e si pongono al primo livello della gamma. Ultimo step L’ultima significativa evoluzione di questa berlina viene presentata al Salone di Parigi nell’autunno del 1973. La situazione mondiale risente della guerra del Kippur e del fatto che il “cartello” arabo dei produttori di petrolio applica robusti aumenti al prezzo del barile e un embargo nei confronti dei Paesi filoisraeliani, fatto che provoca notevoli ripercussioni economiche e sociali in tutta Europa. Come qualcuno ricorda iniziano le “domeniche a piedi”.

La novità della Renault è la TX, destinata al 1974, dove si cercano di coniugare prestazioni di livello a bassi consumi di benzina. Il motore sale ancora di cilindrata toccando i 1.647 cc con potenza e velocità che raggiungono ora i 93 CV a 6.000 giri e i 170 km/h. Per ridurre i consumi il cambio ha ora 5 marce (sempre con comando al piantone) con il rapporto più alto lungo in modo che in autostrada si possano percorrere, a 130 km/h, 11,5 km con 1 litro.

La riduzione dei consumi è inoltre favorita da uno spoiler montato sulla parte superiore del portellone. La 16 si conferma come brillante turistica, conserva tutte le qualità di versatilità e praticità della prima versione e dal 1974 viene anche riproposta in versione automatica.

L’equipaggiamento è poi al top con doppi proiettori allo iodio, cerchi tipo Gordini sempre da 14 pollici, tergicristallo posteriore, chiusura centralizzata delle porte, finestrini a comando elettrico, parabrezza in vetro stratificato, cinture di sicurezza con avvolgitore, lussuose sellerie in tessuto. In opzione ci sono i vetri scuri, il tetto apribile, la citata trasmissione automatica, i sedili in pelle e il climatizzatore. La 16 va avanti sul mercato trovando sempre una clientela fedele, anche se la concorrenza è sempre più agguerrita e competitiva. La vettura esce di scena nel gennaio 1980, quando è già scesa in campo la sua erede, la 20, presentata alla fine del 1975. In totale sono ben 1.845.959 gli esemplari prodotti. Un gran bel risultato.

Prima di chiudere l’articolo dobbiamo rendere conto di quanto accaduto sul mercato USA. Bisogna dire che le cose non sono andate bene. Le esportazioni iniziano nel 1968 con la TS, rivista ed equipaggiata in modo diverso per adeguarsi alle normative e ai gusti degli americani. Tutte queste modifiche portano il prezzo troppo in alto tanto che le vendite non superarono mai le 50.000 unità l’anno con una redditività pari a zero.

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