20 June 2016

FERRARI, la 275 GTB/4 del 1966

Si dice che per Enzo Ferrari la produzione di automobili fosse un modo di finanziarsi le corse. Ma si può dire anche il contrario. Lo dice la storia di alcune delle sue berlinette più famose, usate da numerosi gentleman-driver, e professionisti, che con esse....

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Si dice che per Enzo Ferrari la produzione di automobili fosse un modo di finanziarsi le corse. Ma si può dire anche il contrario. Lo dice la storia di alcune delle sue berlinette più famose, usate da numerosi gentleman-driver, e professionisti, che con esse conquistarono innumerevoli vittorie. E, parafrasando Henry Ford, il lunedi mattina sui giornali era tutta pubblicità gratuita. Di certo per Ferrari la vita era competizione, fosse sui circuiti o sul mercato. E quest’ultimo, nel 1963, si arricchì di un nuovo avversario, temibile soprattutto per la sua determinazione: Lamborghini. La sua prima auto, la 350 GTV, benché non realizzabile senza modifiche che ne avrebbero cambiata in parte la fisionomia, era almeno un passo avanti rispetto alle berlinette prodotte a Maranello: aveva il motore con distribuzione bialbero, le sospensioni posteriori a ruote indipendenti e il cambio a cinque marce.



PROPORZIONI
Ferrari capì che non si poteva più vivere di rendita, delle grandi vittorie della 250 GTO, dei motori a 12 cilindri e delle bellissime linee dei carrozzieri che lavoravano per lui. O, meglio, si poteva ma bisognava fare qualcosa in più sotto ciascuno di questi aspetti se non si voleva subire l’attacco del nuovo rivale. Così, un anno dopo l’avvento della Lamborghini, al Salone di Parigi del 1964, presentò la 275 GTB. La sigla indicava subito la maggior cilindrata: 275 x 12 cilindri uguale 3,3 litri contro i 3 precedenti, per una potenza che da 250 passava a 280 CV. Ma non era la sola novità. Sotto il vestito c’era molto altro, e il vestito, forse mai come questa volta, oltre a essere un bellissimo “Pinin” Farina, parlava a chi sapeva osservarlo. Le proporzioni dicevano che sotto il frontale lungo e prominente c’era un motore rinnovato e più potente, che poteva “respirare” al meglio grazie alle feritoie di ventilazione sui parafanghi; il posteriore, corto e muscoloso, con tanto di spoiler finale, celava il nuovo cambio a cinque marce in blocco con il differenziale.



EQUILIBRIO
L’equilibrio delle linee specificava che tutto ciò serviva a distribuire al meglio il peso
e rendere la macchina più facile da guidare, cosa a cui servivano anche le sospensioni a ruote indipendenti: sulla 275 GTB, al contrario che sulla Lamborghini, gestivano anche l’avantreno. I cerchi in lega leggera completavano un quadro di nuova supremazia nei confron ti della giovane rivale. La forma della nuova Ferrari era del tutto coerente con la sua sostanza comunicandone al meglio la tecnica, secondo le regole del perfetto design industriale. Mancava soltanto la distribuzione bialbero, che sarebbe arrivata di li a poco. Ma intanto l’interesse del mondo, dopo la dirompente apparizione della rivale di Sant’Agata Bolognese, era tornato a puntare verso Maranello: di ritorno da Parigi gli uomini di Ferrari avevano un po’ di timore nel rivelare che la carrozzeria in alluminio dell’esemplare presentato tornava a casa piena di segni e ammaccature. Il “Drake” invece ne fu molto contento: era il segnale che il pubblico l’aveva apprezzata parecchio, accalcandosi per osservarla da vicino.

La posizione del cambio al posteriore, in blocco con il differenziale, dava alle prime 275 GTB un comportamento molto reattivo, da vera auto da competizione. Questo perché motore e cambio erano montati rigidamente al telaio e ogni minima torsione del telaio si scaricava per loro tramite sul lungo albero di trasmissione, a sua volta vincolato al telaio da un supporto centrale. Effetto finale di tutto ciò erano vibrazioni che compromettevano la comodità di marcia. La soluzione si trovò infilando l’albero in un tubo alla cui testa era fissato rigidamente il motore mentre alla coda era imbullonato il gruppo cambio-differenziale.

Questa fu la modifica principale per la marcia stradale. Ma lo sviluppo della 275 GTB più in generale seguì un percorso piuttosto tortuoso, dovuto al suo essere un’auto tipicamente da gentleman-driver. Quindi alla fine le varie modifiche apportate agli esemplari via via costruiti si dovettero principalmente alle esigenze delle competizioni. L’adozione della distribuzione bialbero fu dovuta quasi più a esigenze commerciali (la nuova rivalità con Lamborghini) più che a reali necessità di incrementare le prestazioni. Quando tale soluzione fu finalmente adottata, nel 1966, la potenza del V12 della 275 passò da 300 a 320 CV. Vediamo allora brevemente come ci si arrivò.

COMPETIZIONI

La maggior parte delle 275 GTB della cosiddetta “prima serie” (circa 240 costruite tra il 1964 e fine 1965) avevano carter umido e carrozzeria in acciaio, serbatoio centrale, ruote in lega e tre carburatori; però qualcuna ebbe la carrozzeria in alluminio, qualcuna i sei carburatori, qualcun’altra il carter secco, ciascuna poteva avere alberi a camme dalla fasatura più o meno spinta: tutto dipendeva dall’uso che il cliente voleva farne, o semplicemente dallo sfizio che si voleva togliere. D’altra parte la “personalizzazione” era la regola per i clienti di Maranello. Oggi, come diciamo in un riquadro di questo stesso articolo, le 275 GTB più quotate sono gli esemplari definiti “Competizione”: in teoria sarebbero da definire così soltanto quelli allestiti in Ferrari, fuori produzione, che ci risulta fossero stati soltanto quattro: le loro specifiche prevedevano carrozzeria in alluminio abbassata con bocchettone di rifornimento esterno, telaio con tubi più sottili, motori con particolari in lega di magnesio, sei carburatori, cerchi a raggi da 15”, parafanghi allargati per ospitare pneumatici maggiorati, feritoie anche ai parafanghi posteriori, finestrini in plexiglas; tante modifiche che questi esemplari furono omologati come Prototipi.


MUSO LUNGO
Modifiche che oggi rendono più che probabile la presenza di 275 GTB “normali” spacciate per “Competizione” per il solo fatto di avere il carter secco o i cerchi Borrani a raggi da 15”. Dal dicembre 1965 si ha una novità estetica con risvolti funzionali:il “muso lungo”, adottato per eliminare la tendenza dell’avantreno a sollevarsi in velocità. Ciò creò quella che possiamo definire la serie “uno e mezzo”, distinguibile anche per il lunotto più ampio, per il cofano del bagagliaio più ampio e con cerniere esterne, per i gocciolatoi dei finestrini e il serbatoio sdoppiato ai lati. In questa configurazione furono costruiti circa 200 esemplari.

Prima di arrivare alla GTB/4 ci fu un intermezzo di soli 12 esemplari che sono però identificati come “seconda serie”, tutte auto con carter secco, sei carburatori e allestimento da corsa, nonché novità estetiche che anticipavano la versione bialbero (in sostanza la presa d’aria anteriore più larga e leggermente rialzata alle estremità e lo spoiler posteriore più pronunciato). Furono usate quasi tutte da piloti privati. Oggi anche queste si prestano a essere spacciate per “Competizione” che invece, come abbiamo visto, sarebbero soltanto i quattro esemplari ufficiali allestiti in fabbrica per essere omologati per le corse. In definitiva, a quanto ci risulta, le Ferrari 275 GTB prodotte furono: circa 240 della “prima serie”; 4 “Competizione Casa”; circa 200 “muso lungo”; 12 “seconda serie”; 320 “/4”; 10 trasformazioni “spider NART” su base “/4”.

QUOTAZIONE

Come riporta Classic Car Auction Yearbook 2014-15, all’asta di Bonhams - Scottsdale tenutasi ai primi del 2015 in Arizona, è stata venduta una Ferrari 275 GTB “Competizione” del 1966. La vettura è passata di mano per la bella cifra di quasi 8,9 milioni di euro compresi i diritti d’asta. A quanto ci risulta, la definizione di “Competizione” per questo esemplare è impropria, trattandosi del telaio #9079. Che farebbe parte invece delle 12 della cosiddetta “seconda serie”. Esemplari certo destinati alle gare ma, come abbiamo visto, non i quattro ufficiali realizzati da Ferrari per la sua squadra corse. Tra l’altro nella presentazione della #9079 sul catalogo di Bonhams si parlava di “tre carburatori” Weber 40 DFI, mentre dovrebbero essere sei e del tipo DCN, essendo i DFI propri delle “Competizione Casa”.

Ciò conferma che quasi ogni Ferrari dell’epoca era diversa da un’altra in teoria simile. Classic Car Auction Yearbook è il tradizionale libro, di Adolfo Orsi e Raffaele Gazzi, che dal 1994 raccoglie e illustra i risultati di oltre un anno di aste automobilistiche di tutto il mondo. L’edizione 2014- 2015 copre le aste più importanti nel periodo 1 Settembre 2014-31 Agosto 2015: 5.154 automobili di 318 produttori diversi sono state proposte in questo periodo. Nel periodo di riferimento in particolare è stato superato il valore record di un miliardo di euro complessivi di fatturato (1,079 per la precisione, vedi grafico a destra), certificando una crescita continua del business, con il percentuale di venduto pari al 78% del proposto, altro primato. Un mondo in cui le Ferrari sono protagoniste assolute: sono il 34% delle auto vendute e rappresentano il 66% del valore totale e il loro prezzo medio è di oltre 900mila dollari, il doppio rispetto alle Lamborghini, seconda in questa speciale classifica.

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