Si dice che per Enzo Ferrari la produzione di automobili fosse un modo di finanziarsi le corse. Ma si può dire anche il contrario. Lo dice la storia di alcune delle sue berlinette più famose, usate da numerosi gentleman-driver, e professionisti, che con esse conquistarono innumerevoli vittorie. E, parafrasando Henry Ford, il lunedi mattina sui giornali era tutta pubblicità gratuita. Di certo per Ferrari la vita era competizione, fosse sui circuiti o sul mercato. E quest’ultimo, nel 1963, si arricchì di un nuovo avversario, temibile soprattutto per la sua determinazione: Lamborghini. La sua prima auto, la 350 GTV, benché non realizzabile senza modifiche che ne avrebbero cambiata in parte la fisionomia, era almeno un passo avanti rispetto alle berlinette prodotte a Maranello: aveva il motore con distribuzione bialbero, le sospensioni posteriori a ruote indipendenti e il cambio a cinque marce.
PROPORZIONI
Ferrari capì che non si poteva più vivere di rendita, delle grandi vittorie della 250 GTO, dei motori a 12 cilindri e delle bellissime linee dei carrozzieri che lavoravano per lui. O, meglio, si poteva ma bisognava fare qualcosa in più sotto ciascuno di questi aspetti se non si voleva subire l’attacco del nuovo rivale. Così, un anno dopo l’avvento della Lamborghini, al Salone di Parigi del 1964, presentò la 275 GTB. La sigla indicava subito la maggior cilindrata: 275 x 12 cilindri uguale 3,3 litri contro i 3 precedenti, per una potenza che da 250 passava a 280 CV. Ma non era la sola novità. Sotto il vestito c’era molto altro, e il vestito, forse mai come questa volta, oltre a essere un bellissimo “Pinin” Farina, parlava a chi sapeva osservarlo. Le proporzioni dicevano che sotto il frontale lungo e prominente c’era un motore rinnovato e più potente, che poteva “respirare” al meglio grazie alle feritoie di ventilazione sui parafanghi; il posteriore, corto e muscoloso, con tanto di spoiler finale, celava il nuovo cambio a cinque marce in blocco con il differenziale.
EQUILIBRIO
L’equilibrio delle linee specificava che tutto ciò serviva a distribuire al meglio il peso e rendere la macchina più facile da guidare, cosa a cui servivano anche le sospensioni a ruote indipendenti: sulla 275 GTB, al contrario che sulla Lamborghini, gestivano anche l’avantreno. I cerchi in lega leggera completavano un quadro di nuova supremazia nei confron ti della giovane rivale. La forma della nuova Ferrari era del tutto coerente con la sua sostanza comunicandone al meglio la tecnica, secondo le regole del perfetto design industriale. Mancava soltanto la distribuzione bialbero, che sarebbe arrivata di li a poco. Ma intanto l’interesse del mondo, dopo la dirompente apparizione della rivale di Sant’Agata Bolognese, era tornato a puntare verso Maranello: di ritorno da Parigi gli uomini di Ferrari avevano un po’ di timore nel rivelare che la carrozzeria in alluminio dell’esemplare presentato tornava a casa piena di segni e ammaccature. Il “Drake” invece ne fu molto contento: era il segnale che il pubblico l’aveva apprezzata parecchio, accalcandosi per osservarla da vicino.
La posizione del cambio al posteriore, in blocco con il differenziale, dava alle prime 275 GTB un comportamento molto reattivo, da vera auto da competizione. Questo perché motore e cambio erano montati rigidamente al telaio e ogni minima torsione del telaio si scaricava per loro tramite sul lungo albero di trasmissione, a sua volta vincolato al telaio da un supporto centrale. Effetto finale di tutto ciò erano vibrazioni che compromettevano la comodità di marcia. La soluzione si trovò infilando l’albero in un tubo alla cui testa era fissato rigidamente il motore mentre alla coda era imbullonato il gruppo cambio-differenziale.
Questa fu la modifica principale per la marcia stradale. Ma lo sviluppo della 275 GTB più in generale seguì un percorso piuttosto tortuoso, dovuto al suo essere un’auto tipicamente da gentleman-driver. Quindi alla fine le varie modifiche apportate agli esemplari via via costruiti si dovettero principalmente alle esigenze delle competizioni. L’adozione della distribuzione bialbero fu dovuta quasi più a esigenze commerciali (la nuova rivalità con Lamborghini) più che a reali necessità di incrementare le prestazioni. Quando tale soluzione fu finalmente adottata, nel 1966, la potenza del V12 della 275 passò da 300 a 320 CV. Vediamo allora brevemente come ci si arrivò.