La Cabriolet oggetto del nostro servizio viene costruita nel marzo 1951 ed è una delle ultime prodotte. Mantenuta in stato di conservazione, è equipaggiata col più prestante propulsore B21, che i registri confermano esser stato montato già in fabbrica. In virtù delle prestazioni del motore B10, inadeguate al nuovo e più pesante allestimento, succede che prima del nuovo telaio B52 già diverse vetture hanno lasciato Torino col motore duemila sotto il cofano al posto del 1750 della berlina di serie.
Consegnata al concessionario Miglietti di Milano il 29 settembre del 1951, la nostra cabriolet è acquistata da Fortunato Bianco di Milano e immatricolata il 23 luglio 1952 con targa MI 196877. Questi nel 1956 la cede ad un residente di Grassano, in provincia di Matera, che per le leggi allora in vigore deve ritargarla con la sigla MT 5166.
Nel 1959 un nuovo cambio di mano porta l’Aurelia a Maglie, provincia di Lecce (targa LE 22581) e avvia una nuova carriera come vettura di piazza che durerà fino al 1969, come testimonia l’ultimo bollo pagato, tuttora in bella vista sul parabrezza. Da allora, l’oblio: la vettura rimane chiusa e abbandonata in un garage fino ai primi anni Ottanta, quando un commercialista di Cursi la acquista e la risistema quel tanto per partecipare ad alcuni raduni locali.
Dopo la sua dipartita, nel 2006 gli eredi la cedono all’attuale proprietario, che per un uso prettamente collezionistico ne restaura la meccanica e la tappezzeria, ricondizionata conservando la pelle originale, ma mantiene volutamente la carrozzeria “vissuta”. La vettura presenta alcune caratteristiche estetiche tipiche degli ultimi esemplari, che identificano una teorica seconda serie, introdotta proprio nel 1951: rispetto ai primi esemplari le più evidenti sono le nuove prese d’aria frontali con le luci di posizione integrate e i paraurti senza rostri; ad affiancarla in listino, la più elaborata versione “lusso” con vistose cromature laterali e capote elettrica, venduta alla mirabolante cifra di 4.189.000 Lire.
Col timore reverenziale dovuto a una lussuosa fuoriserie di 65 primavere fa, ci studiamo per bene la B50. La carrozzeria che non nasconde i segni del tempo e gli interni in pelle ancora di primo equipaggiamento accrescono parecchio il fascino dell’esemplare.
Nonostante un’ostentata sobrietà, l’abitacolo presenta accessori propri delle auto di lusso: radio integrata nella plancia, posacenere anteriore e posteriore, braccioli ripiegabili, pannelli porta in pelle con tasche portacarte, maniglie in pelle intrecciata, capote interamente foderata e arricchita da plafoniera, dal meccanismo di apertura tanto complesso quanto facile da azionare.
Una volta aperta, la sagoma importante della vettura si alleggerisce parecchio, rendendo il profilo molto più filante di quanto non sembri da chiusa, anche grazie al taglio slanciato dei finestrini, che riprende le stesse curve dei parafanghi anteriori. Il frontale, monumentale, è inconfondibile, col grosso scudetto verticale compensato dai due baffi orizzontali in basso che, sugli ultimi esemplari come questo, includono le luci di posizione.
I grossi fanali con la “palpebra” inglobata nel vetro sono invece caratteristici della produzione Aurelia dei primi anni. La coda, discendente e pulita, scivola verso il paraurti disegnando un terzo volume morbido e importante, segnato solo da maniglia, targhette e luci.
Gli originali fanalini ovali rossi sono stati sostituiti negli anni con altri dell’Alfa Romeo Giulietta, all’epoca i più sfruttati su questo modello per adeguarlo al nuovo codice della strada che prevedeva gli indicatori di direzione posteriori. Chiudono, in basso, i due terminali di scarico simmetrici, altro tratto distintivo tipicamente Aurelia. Ci accomodiamo sull’ampio divano anteriore e, prima di concederci l’esperienza ovattata di una sfilata sul lungomare al tramonto, onoriamo un piccolo rito che gli appassionati tanto amano, chiudendo lo sportello con un colpo secco, scandito dall’immancabile “clac” che tanto diceva della cura costruttiva e sulla qualità delle vetture Lancia.