Qui non parliamo delle “/103”, ma delle loro radici, queste automobili d’anteguerra nella tecnica e nella clientela. Utenti ancora poco numerosi, come indica il saldo produttivo (213.000 esemplari circa, comprese le “Tassì”), pari a un quinto di quello delle “/103” e derivate (un milione). Il capofamiglia che verso fine anni ’50 iniziava a pensare alla “millecento”, ai tempi della 508C si muoveva in bicicletta, e poi, in quelli della 1100 E, in Vespa (nella migliore delle ipotesi).
VALVOLE IN TESTA
E per capire con chiarezza che, quando la 508 “Balilla” quattro marce si evolve nella propria versione C nel giugno del 1937, rimane una vettura accessibile solo all’alta borghesia, basta guardare le immagini pubblicitarie che propongono signore elegantissime, con cappellini civettuoli e signori dotati di giacca, cravatta e cappello. Per sottolineare la continuità dei modelli, la Fiat pensa di lanciarla come “Nuova Balilla”, ma il pubblico ben presto passa a “Balilla 1100” e poi 1100. D’altronde, della Balilla ha ben poco: il telaio separato con longheroni e rinforzo centrale a “X”, il retrotreno e il sistema frenante idraulico (già all’avanguardia dei tempi). Tutto il resto era rivisto, a partire dalla distribuzione a valvole in testa, progettata da Giacosa (c’entra poco con quella della 508 Sport), nel frattempo divenuto direttore dell’ufficio tecnico Fiat; poi la terza e la quarta marcia sincronizzate.
Le sospensioni sono un compromesso: Giacosa le avrebbe volute tutte a ruote indipendenti. Ma i vertici Fiat temevano rumorosità causate dagli elementi della trasmissione sottoposti a sollecitazioni dalle dinamiche ancora non del tutto note. Così, si decise per i quadrilateri indipendenti solo davanti, mantenendo al posteriore l’assale rigido della Balilla, nonostante l’economia del progetto che prevedeva elementi uguali davanti e dietro.
BAGAGLIAIO
La bellissima linea era invece un salto in avanti chilometrico rispetto alla 508 quattro marce, nonostante conservi i fanali separati dai parafanghi: il muso è profilato e i predellini laterali sono ridotti. Disponibile solo a quattro porte con apertura ad armadio, la berlina ha un abitacolo molto spazioso sufficiente per cinque, mentre il bagagliaio resta un concetto di definizione arcaica ed è privo di sportello esterno: si raggiunge attraverso l’abbattimento dello schienale del divano posteriore, ed è una gran scomodità. Dove dovrebbe esserci lo sportello di accesso vi è la ruota di scorta. La robustezza del telaio consente di creare anche una berlina con tetto interamente apribile, oltre a due versioni a due porte: la Cabriolet quattro posti e la Cabriolet Spider con due posti e linea del tetto molto più rastremata e sportiva. All’opposto, la versione allungata a sei posti è affiancata dal “Tassì” che presenta la peculiarità delle porte incernierate in un piantone centrale, assente sulle altre versioni. Altri allestimenti “da lavoro” sono il furgone e il camioncino con cassone in legno e portata di 650 kg.
VELOCE C’è poi la “gemma della corona”: la 508 C MM, continuazione della Balilla berlinetta aerodinamica carrozzata da Mario Revelli de Beaumont ma dedicata alle gare: la profilatissima carrozzeria studiata alla galleria del vento del Politecnico di Torino è tanto efficace da consentirle di raggiungere i 140 km/h con un motore da soli 42 CV. Alla Mille Miglia del 1938 stravince la categoria a 112 km/h di media. Giacosa ha in mente la carrozzeria così allungata ancor prima che ne sia verificata l’efficacia: durante i collaudi della Topolino Furgone, i collaudatori gli riferiscono che è più veloce della berlina. All’ingegnere scappa una battuta: “Vorrà dire che li faremo correre alla Mille Miglia!”, ma poi si fa strada nella sua mente l’intuizione che la superiore velocità sia dovuta alla maggiore lunghezza della carrozzeria. Le prove confermano e la coda lunga rimarrà nella successiva versione del 1939 con frontale modificato (e imbruttito) e anche in quella rinnovata del 1947.
Abbiamo accennato alla guerra ormai vicina, che avrebbe richiesto veicoli militari sempre più specializzati, ma, ancor prima, si doveva pensare alle esigenze circolatorie nelle nostre provincie d’oltremare; all’uopo sono sviluppate dalla Fiat le versioni 508 C Berlina e Torpedo Coloniale, dotate di sospensioni e pneumatici rinforzati e di rapporti di trasmissione accorciati per la marcia fuori strada. La Torpedo è presto arruolata presso le truppe di occupazione ma, per questo uso, è presto rimpiazzata dalla versione Torpedo Militare con carrozzeria semplificata e squadrata più adatta ai campi di battaglia che si stavano profilando.
MUSONE Siamo già nel 1939 ed è tempo del primo restyling del modello, che diventa ufficialmente “1100”. È il momento della “Musone”, che paga con questo nomignolo la nuova calandra a spartivento, versione in scala ridotta di quella della maestosa Fiat 2800 che tanto prestigio si era guadagnata diventando l’auto di rappresentanza ufficiale di Stato; uno stile americano (ma allora era meglio non dirlo). La macchina assume così un aspetto più importante e personale anche se a noi appare meno armoniosa di quella originaria; altre piccole modifiche: lo spostamento delle “frecce” dai lati del parabrezza alle fiancate, i rostri ai paraurti e i tergicristalli incernierati in basso.
Nell’abitacolo, una salutare razionalizzazione porta a raggruppare tutti i pomelli a centro plancia e i tre strumenti rotondi (tachimetro/ contakm, termometro acqua e indicatore livello carburante) a fondo bianco in un unico quadro a fondo beige, sempre a centro plancia, dall’aspetto ordinato; il volante rimane quello a tre razze della 508C in bachelite nera come la pomelleria. Alla normale berlina sono affiancate, come nel caso della 508 C, la Cabriolet, la Berlina Tetto Apribile (integrale) e le versioni a passo allungato 1100 L Sei Posti e 1100 L Tassì.
Questa serie della Fiat 1100 attraversa tutto il periodo del conflitto e degli anni seguenti; molte le abbiamo viste nei film, adeguate alla circolazione in periodi di oscuramento, molte trasformate a gasogeno; per vedere altre modifiche bisogna attendere fin dopo l’estate del 1948, quando nasce la 1100B. La normale Berlina si differenzia per l’eliminazione dei “volet” di aerazione dell’abitacolo, sostituiti da una presa d’aria sotto il parabrezza, per l’occultamento della ruota di scorta sotto un coperchio e, preziosismo prima riservato solo alle Cabriolet, per il canale dei cerchi ruota in colore della carrozzeria con il disco, invece, contrastante: scuro sulle vetture chiare e viceversa.
Più profonde le modifiche all’abitacolo, alla ricerca di minore “austerità” (e anche all’insegna della standardizzazione): volante a due razze e pomelleria in colore marroncino sono, infatti, uguali a quelli della Topolino B.
La potenza sale a 35 CV. La “B” Cabriolet è molto diversa dalla precedente: via i predellini e fari incassati nei parafanghi all’insegna della modernità e finiture di gran lusso: sedili in pelle, pomelli in tinta con i rivestimenti, verniciature metallizzate con capote coordinate: un vero gioiello assemblato dal reparto “Fiat Carrozzerie Speciali”. Le necessità sportive erano già state soddisfatte l’anno precedente, in tempo per non mancare la Mille Miglia 1947, trasformando la 508C MM nella 1100 S; a parità di motore la potenza sale a 52 CV a ben 5.200 giri (da 42 a 4.400), grazie a bronzine più robuste e al radiatore dell’olio mentre la carrozzeria è rimodernata soprattutto nel frontale. La gara riserva soddisfazioni ancor maggiori rispetto all’edizione anteguerra, con tre esemplari al quinto, sesto e settimo posto assoluto.