Petrolio a picco ma il prezzo dei carburanti non scende

Il conflitto tra i principali produttori (Arabia Saudita e Russia) e le forti ripercussioni economiche, scatenate dal Coronavirus, hanno spinto il prezzo dell’oro nero a valori talmente bassi da far pensare a una crisi energetica mondiale. Ma perché lo stesso tracollo non è avvenuto nel prezzo dei carburanti alle colonnine dei benzinai?

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La forte crisi internazionale tra i produttori di petrolio prima e ora la severissima pandemia di Coronavirus (Covid-19) hanno spinto i prezzi del greggio a prezzi a dir poco eccezionali. Il ribasso è stato, infatti, talmente forte che nel giro di un mese la sua contrattazione sui mercati internazionali si è più che dimezzata, arrivando a toccare persino i 20 dollari al barile. Stessa sorte però non è toccata ai prezzi esposti sulle colonnine dei distributori di carburante che, seppur scesi di qualche centesimo, non hanno seguito di pari passo la forte discesa dell’oro nero. Questo perché accade?

Già altre volte vi abbiamo detto che più della metà di quanto noi paghiamo il carburante alle colonnine di rifornimento è composto da tasse e accise applicate dal Governo italiano (circa il 60%). Quindi meno della metà è composto dal vero prezzo della materia prima. Però se il prezzo di questa materia prima scende a circa un terzo rispetto al prezzo precedente allora anche il prezzo finale deve avere un calo considerevole eppure così non è stato. Un motivo potrebbe essere che, vista la minor affluenza di automobilisti sulle nostre strade a causa delle misure restrittive imposte dal Governo per contenere il contagio e la diffusione di Covid-19, il carburante che noi stiamo acquistando è ancora quello che i benzinai hanno acquistato prima che il prezzo del barile subisse questo forte crollo.

Questa però non è l’unica motivazione e, forse, nemmeno la più importante. Il prezzo del barile (circa 159 litri) si aggira oggi intorno ai 20,5 dollari al barile se nord americano e ai 23 dollari se del Mare del Nord, livelli così bassi che non si vedevano da 18 anni. Come dicevamo, valori di circa un terzo rispetto a quelli fatti segnare a fine 2019. Mentre, stando ai valori rilasciati dal MISE (Ministero dello Sviluppo Economico), i prezzi alla pompa sono scesi i media di circa il 5% o poco più. A fronte quindi di una previsione del Codacons che ipotizzava una riduzione di circa 15 centesimi al litro tanto per la benzina quanto per il gasolio, nella realtà si è avuto un calo che non è andato oltre i 2 centesimi al litro.

Le motivazioni potrebbero essere attribuite, secondo il pensiero di molti esperti, alle politiche commerciali e agli investimenti programmati delle grandi compagnie petrolifere che, alla luce del dimezzamento del valore del greggio, vorrebbero ripartire in parte il peso delle perdite con i consumatori finali. Se sia o meno la reale motivazione non ci è dato sapere ma quello che è certo è che questo forte ribasso del prezzo del barile e questa fortissima contrazione (-25%) nella richiesta di petrolio potrebbe presto portare ad una pericolosa crisi energetica con un surplus di produzione mondiale, il riempimento dei serbatoi di stoccaggio fino al limite della capienza e la progressiva chiusura degli impianti di estrazione (fermare le trivelle, chiudere le raffinerie e interrompere la complessa catena logistica del petrolio).

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