Le condizioni d’aderenza sono un argomento piuttosto importante, visti i 450 CV a 6500 giri sviluppati da un motore che, per quanto lontanamente derivato da quello della 911 Carrera 3.2, compreso il ventolone verticale per il raffreddamento dei cilindri, mostra significative differenze: innanzitutto le teste sono raffreddate ad acqua poiché non era possibile, per ragioni di spazio, alettarle adeguatamente vista la presenza di quattro valvole per cilindro a regolazione idraulica e due alberi a camme per bancata; teste affollate al punto che anche le candele devono essere rimpicciolite a 12 mm di diametro invece dei canonici 14.
La cilindrata è ridotta a circa 2,85 litri, limite massimo previsto per il Gruppo B, attraverso la riduzione della corsa mentre due turbocompressori, serviti ognuno da un intercooler, sono collegati, uno per parte, ai collettori di scarico con una soluzione che ritroveremo solo sulla Turbo 993; inusitatamente elevata la pressione di sovralimentazione, che tocca i 2,1 bar contro, per esempio, 1 bar della 930 Turbo. Il funzionamento dei turbo è molto interessante, ancora una volta gestito da microprocessori: ai bassi regimi di rotazione, oppure in condizioni di carico parziale, funziona solo la girante di destra, mentre l’altro interviene in aiuto quando si desidera scatenare l’inferno che si nasconde nell’ultima parte di corsa dell’acceleratore della 959; risultato di questa divisione dei compiti è una marcia molto più fluida, nonostante l’impressionante potenza specifica di circa 158 CV/litro, rispetto a quella consentita dai comuni motori sovralimentati dell’epoca.
A garanzia dell’affidabilità che ci si aspetta da una Porsche vi è la dichiarazione dei tecnici relativa al regime di sicurezza, a 8.000 giri, confermata dalla taratura del limitatore che interviene a 7.600, e una circolazione di lubrificante che ha pochi riscontri: diciotto litri la capacità del serbatoio, pistoni raffreddati con getti d’olio, cinque pompe in azione per assicurarne la circolazione nel motore nonché pompa e radiatore dedicati per l’olio del cambio. Componente, quest’ultimo, che trattiamo ora a parte rispetto al resto del reparto trasmissione, in quanto titolare di una particolarità che val la pena descrivere: primo sei marce montato su un’auto stradale, si è dovuto scontrare con le procedure tedesche di omologazione che prevedevano il controllo della rumorosità al regime massimo nel rapporto più basso; sicuri di non riuscire a superarlo con la prima, i tecnici Porsche hanno battezzato questo rapporto “G” (per “Gelande”, cioè “Fuoristrada”) e lo hanno poi sostituito surrettiziamente con la seconda, un rapporto da oltre 100 km/h, e così il gioco fu fatto; un modo di agire poco… germanico (ma anche i tedeschi, quando vogliono, usano tattiche che noi Italiani riteniamo essere di nostra esclusiva).
L’importante è che l’auto i sei rapporti li abbia davvero e tutti perfettamente sfruttabili per quell’esperienza di guida e di possesso che rende la 959 unica nel suo genere e forse nella storia dell’auto: nemmeno Porsche, con le sue supercar a tiratura limitata nate dopo (Carrera GT e 918), è riuscita a offrire la stessa versatilità nell’uso quotidiano e la stessa affidabilità; si pensi che i tagliandi sono stabiliti ogni 20.000 km: roba da compatta turbodiesel da rappresentante e non certo da sofisticatissimo purosangue degli anni ‘80.
È facile immaginare come un tale insieme di caratteristiche abbia sedotto tutti gli appassionati che potevano permettersi il suo terribile prezzo d’acquisto; le sette unità assegnate ufficialmente all’Italia furono acquistate ancor prima di essere messe in vendita, a quattrocentoventi milioni di Lire, come quindici Lancia Thema, e ci fu qualche escluso che arrivò a offrire un miliardo pur di accaparrarsene un’esemplare e trovarsi così in compagnia di Bill Gates, Boris Becker, re Juan Carlos ed Herbert Von Karajan che, questa volta, decise, dopo avere soppesato i pro e contro, che poteva ben fare a meno della tanto decantata sinfonia del dodici cilindri di Maranello.
Le Porsche 959 costruite, presso la Carrozzeria Baur di Stoccarda tra il 1986 e il 1988, furono complessivamente 292 (fonte Porsche) delle quali 27 in allestimento “Sport” che costringeva a fare a meno di regolazione dell’altezza da terra, condizionatore, retrovisore destro, regolazione elettrica di sedili e alzacristalli, strapuntini posteriori e la maggior parte del materiale insonorizzante; rinunce che ci paiono del tutto inaccettabili a fronte di un risparmio di peso di un solo centinaio di kg. Una “Komfort”, come quella del nostro servizio, nera come la notte, ci pare proprio la scelta ottimale.