Continental ci ha invitato nell’esclusivo circuito di Bilster Berg, unica pista sportiva tedesca di iniziativa totalmente privata, per presentare il nuovo modello di punta delle coperture sportive per automobili: lo Sport Contact 6 (SC6). Il lancio di un nuovo pneumatico per vetture supersportive è il pretesto ideale, oltre che per lanciarsi in qualche adrenalinico giro in pista, per scoprire qualcosa in più su struttura e logiche di realizzazione che caratterizzano le moderne coperture stradali, e per rendersi conto di quali sono le complesse attività di ricerca, sperimentazione e test che portano alla messa a punto di un modello top di gamma come il nuovo SC6.
Migliorare un prodotto già molto performante come lo Sport Contact 5 non è facile né scontato, ma la guerra in corso tra i colossi della gomma, combattuta a colpi di maggiore durata, maggiore performance, maggiore sicurezza e sempre più sbandierata eco-compatibilità, impone che ogni 3 o 4 anni sia dato alla luce un nuovo e rivoluzionario pneumatico che porta a nuovi livelli le suelencate qualità. Approfittando dell’occasione abbiamo quindi preso il nuovo SC6 come “case study” e, grazie alla collaborazione degli ingegneri Continental, cercato di capire meglio cosa c’è sotto alla pelle, o meglio, al battistrada, di una moderna gomma stradale. L’SC6 appartiene alla categoria UHP, cioè Ultra High Performance, pneumatici in cui convergono l’élite delle tecnologie produttive e della ricerca sui materiali e sulla struttura fisica e chimica di quelle che sono le “calzature” di automobili in grado di viaggiare a 350 km/h. Per ottenere queste performance i tecnici partono innanzitutto dalla ricetta base, cioè dai componenti essenziali di una mescola UHP. Nel caso in esame gli “ingredienti” sono molteplici, di origine naturale o sintetica, e in molti casi coperti da segreto industriale. I principali sono silicati, gomma sintetica o naturale, resine di vario tipo, nero di carbonio (una forma di particolato carbonioso ad alto rapporto superficie/volume come parametro importante per la resa colorimetrica; si ottiene dalla combustione incompleta di prodotti petroliferi pesanti quali catrame di carbon fossile, catrame ottenuto dal cracking dell'etilene, o da grassi e oli vegetali e si utilizza, appunto, come pigmento per il rinforzamento della gomma e dei prodotti plastici), cui si aggiungono zolfo, olii vegetali, acceleratori chimici e agenti anti-invecchiamento di vario tipo.
La combinazione degli elementi e la lavorazione cui sono sottoposti conferiscono le volute proprietà allo pneumatico, che sarà più o meno rigido e più o meno resiliente, più duraturo o performante, più o meno adatto a fondo bagnato. Continental ha dimostrato come queste componenti influiscano sul risultato attraverso un esperimento, con cui si sceglievano le percentuali di silice, nero di carbonio, resine e gomme naturali per ottenere le proprietà finali, in termini di rigidità e isteresi (la proprietà dei materiali che non ritornano alla configurazione iniziale a seguito di una sollecitazione, ma presentano una deformazione residua; per esempio è il fenomeno per il quale le guarnizioni plastiche nelle giunture si degradano dopo un certo tempo), comportamento su fondo asciutto o bagnato, anche in dipendenza dalla temperatura. I moderni pneumatici, compreso il nuovo SC6, sono strutturati “a zone”, per semplificare suddivise in fascia di aderenza, fascia flessibile e fascia rigida.
La prima corrisponde grossomodo al battistrada e alla cintura, la seconda al fianco, la terza al “tallone”. Per ognuna di queste zone Continental ha cercato di migliorare caratteristiche materiche e prestazionali del precedente SC5, e ci ha svelato altri dettagli sulla struttura e la forme delle moderne gomme stradali. Cioè, perché mai il battistrada è progettato con quei tagli sempre diversi, simmetrici o asimmetrici, scanalati o no ecc..? Senza entrare nel dettaglio dell’anima dello pneumatico, che nel caso del nuovo SC6 include nuove conformazioni della cintura e il nuovo materiale Aralon 350 (una combinazione di aramide e nylon dalle notevoli prestazioni meccaniche) per la cintura, si vedrà come ogni componente è anche studiata in termini di comportamento dinamico sulle differenti superfici in quanto, sempre semplificando, i meccanismi che ne regolano il comportamento e le interazioni sono diversi e conseguenti a differenti proprietà.
Le più importanti sono l’adesione a livello atomico, la micro-flessibilità, dovuta all’isteresi, la frizione viscosa e i fenomeni angolari (in pratica dei micro-incastri) tra le geometrie del battistrada e quelle del manto stradale. Anche in questo caso l’isteresi gioca un’importante ruolo, giacché comporta la risposta dello pneumatico ai cambiamenti di forma, cioè quanto velocemente e in che percentuale la gomma è in grado di ri-adattarsi alle geometrie del “sassolino” d’asfalto successivo. Si capisce come anche i fattori di forma e di deformabilità del singolo blocco siano determinanti per aumentare la superficie di contatto. Il disegno del battistrada è frutto di affinamenti e test fisici, chimici e dinamici, che hanno portato questa fase a diventare una disciplina a parte.