16 June 2014

Maserati Ghibli SS Spider 4.9, giù il cappello

Tanto bella da indurre la famiglia Ford a fare un’offerta per acquistare il Tridente. Tanto potente da permettere a Guerino Bertocchi sfide alla pari con le Lamborghini di Bob Wallace sulle strade della Bassa. Tanto rara da essere quasi unica...

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Mettiamo in chiaro subito una cosa fondamentale: anche se la Maserati Ghibli è già una super automobile in tutti i sensi, la versione SS è comunque un’altra cosa: è la versione speciale di un’auto speciale (ma la sigla SS significa Super Sport). Daremo ragione di questa affermazione nell’articolo che segue, ma intanto segnaliamo che qualcuno se n’è già accorto visto che a gennaio 2012 ne è stato aggiudicato un esemplare decapottabile, durante l’asta di Gooding & Company a Scottsdale in Arizona, a 880.000 dollari (più o meno 650.000 euro al cambio attuale) quando una Spider normale fatica a raggiungere i 250.000 di stima.

Anche sapendo che quella fu un’asta da record (basti ricordare la vendita di una Mercedes 300 SL “Gullwing” in alluminio a 4.620.000 dollari) e quindi pervasa da un entusiasmo contagioso, crediamo che tale valutazione abbia tenuto conto di tante variabili che, peraltro, la vettura del servizio condivide quasi integralmente. Colore particolarmente accattivante (in quel caso Verde gemma, in questo Celeste chiaro), hard-top, impianto stereo dell’epoca, valigie dedicate, aria condizionata, hanno indubbiamente avuto il loro ruolo nell’innamoramento dell’aggiudicatario ma, ed ecco il nocciolo della questione, ciò che rende le Ghibli SS così desiderabili è la loro rarità: non se ne conosce il numero preciso ma pare che della Spider in allestimento europeo gli esemplari tra cui scegliere siano soltanto undici.

Carter

Non che disponendo di una Ghibli “normale”, ripetiamo, sia il caso di avere troppi rimpianti: nata al Salone di Torino del 1966, rimane l’espressione definitiva, come amano dire gli Inlgesi, della Gran Turismo Maserati a motore anteriore del periodo classico; e non è un primato di poco conto essendo una Casa, questa del Tridente, che ha fatto di questo tipo di automobili la propria ragion d’essere fino ai giorni nostri. Lo diciamo con tutto il rispetto per la successiva eccellente Khamsin che però, ci sia consentito, non ha lo stesso carisma della Ghibli neanche di “striscio” (oltre a non prevedere la versione scoperta). Lo ha invece, e liquidiamo l’argomento, quella che, pur avendola per un periodo affiancata in listino, ci pare la sua vera erede e cioè la Bora, che però è una delle pochissime Maserati stradali a motore posteriore. La meccanica della debuttante Ghibli è quella già vista su Mexico e Quattroporte, incentrata sul poderoso otto cilindri da 4,7 litri di derivazione corsaiola, qui nella versione “115” con lubrificazione a carter secco, alimentazione a quattro carburatori doppio corpo e quattro alberi a camme in testa comandati da catena: i CV risultanti sono 310-DIN, sufficienti a spingere la vettura a 265 km/h senza sforzo.

Nessuna particolare novità c’era nella telaistica dove, a corollario del classico traliccio tubolare di base, si vedono confermate le supercollaudate balestre semiellittiche a sospendere il retrotreno; nel contempo, a conferma della tradizione del Tridente, nessun’altra economia: quadrilateri all’avantreno, barre stabilizzatrici su entrambi gli assi, freni a disco con due servofreni (uno per ogni circuito), cambio a cinque marce (o, eventualmente, automatico a tre per qualche americano dai riflessi rallentati), differenziale autobloccante al 50% (inizialmente a richiesta ma praticamente obbligatorio, almeno sulle vetture con cambio manuale). Signorilità confermata nelle finiture e nella dotazione di accessori che comprendono di serie l’interno in pelle, la strumentazione completissima (due spie per la riserva: una per ogni serbatoio) e di bellissimo disegno, antifurto bloccasterzo, alzacristalli elettrici azzurrati, sbrinatore al lunotto a fili invisibili e piantone regolabile con avvitato un volante in legno tra i più belli della storia dell’automobile; a richiesta radio con antenna elettrica, cinture di sicurezza, appoggiatesta, aria condizionata.

VIGNALE

Vignale

La linea, firmata da Ghia con apposito logo dietro gli sfoghi d’aria del vano motore sulle fiancate, è una delle opere più coinvolgenti di Giorgetto Giugiaro che nulla sbaglia nella definizione di una vettura che trasmette eleganza e potenza nello stesso tempo, e a livelli assoluti; non sappiamo se anche quei due esagerati tubi di scarico che sporgono obliquamente dal paraurti posteriore siano farina del suo sacco, ma è indubbio che contribuiscano enormemente a dare l’idea dello “sputafuoco” che vive e lavora sotto il cofano motore. La scocca in acciaio è assemblata presso la Vignale nello stabilimento di Grugliasco (TO) ed è talmente bella da causare uno dei ricorrenti omaggi della famiglia Ford all’industria italiana dell’automobile: vista la Ghibli, Henry II parte a razzo con un’offerta d’acquisto per l’intera Maserati. Anche questa volta non se ne fa niente, per poi cederla di lì a pochi anni a Citroën con i risultati che si conoscono (visto anche il precedente dell’Alfa Romeo, consigliamo incidentalmente a chi di dovere, alla prossima volta che la Ford fa un’offerta, di accettare).

Sulla Ghibli si vedono per la prima volta le bellissime ruote in lega di magnesio, con coppetta lucida a coprire il sistema di fissaggio, che saranno un segno distintivo delle Maserati per alcuni anni; per i nostalgici saranno sempre disponibili, a richiesta, le ruote a raggi che però, su quest’auto, ci paiono un po’ fuori tempo. Il successo è immediato e molto ampio; la versione che a partire dalla primavera del 1967 inizia a essere consegnata ai primi clienti differisce poco da quella vista al Salone: fanaleria adeguata al Codice della Strada, calandra nera anziché grigia dove meglio risalta il tridente dorato e ampia presa d’aria sottostante, prima assente. Bellissima la soluzione della calandra, leggermente più spessa del minimo indispensabile, a guisa di paraurti. Basta guardarla poi, la Ghibli, con il suo abitacolo accucciato sulle ruote posteriori, per capire che dentro di lei è già presente, in embrione, la versione scoperta; che si presenta, nella sua magnificenza, al salone di Torino del 1969. E, se non è nata prima, è stato soltanto a causa dello sforzo profuso da Maserati nella produzione del coupé, “responsabile”, in pochi mesi, del raddoppio della cadenza produttiva della Casa.

MOTORE

4.9

La trasformazione è perfetta, non esistono altri aggettivi per definirla, e lasciamo alle immagini la descrizione dell’effetto complessivo così ognuno può farsi la sua idea; a noi pare una delle Spider più belle in assoluto, potendo contare, oltretutto, su un elemento determinante per la riuscita estetica di questo tipo di auto: la capote a scomparsa che trova alloggiamento sotto un coperchio in lamiera che lascia la linea di cintura fluire indisturbata da un capo all’altro. Anche il tetto rigido a richiesta è bellissimo: luminoso, si integra perfettamente con la vettura. Tanto che attribuiamo alla disponibilità immediata di questo componente la tiepida accoglienza riservata alla spider dalla clientela, con gli stravolgimenti sociali di quell’autunno che scoraggiarono enormemente l’esibizione di oggetti così “goduriosi”. Soltanto 125 spider saranno consegnate, su un totale di 1.149 Ghibli, delle quali 49 con il motore 4.9 e, ripetiamo, soltanto undici di queste ultime con specifiche europee.

Trapianto, questo del motore da 4,9 litri nel cofano della Ghibli, che è ufficializzato (dopo il montaggio su alcuni esemplari) al Salone di Torino 1970 in contemporanea su coupé e spider; all’aumento di 25 CV si accompagna un leggero “maquillage” che si estende anche alle 4.7 che restano in produzione: le ruote sono ora fissate ai mozzi mediante normali bulloni invece che attraverso un gallettone centrale (la modifica è però inavvertibile esteticamente perché il consueto cappellotto cromato continua a coprire il tutto); per le luci posteriori si adottano i fanalini dell’Alfa Romeo 2000, più estesi rispetto ai precedenti presi invece dalla Giulia Super; fanno la loro comparsa, purtroppo, rostri gommati di aspetto posticcio davanti alla calandra e interamente cromati, ma di forma massiccia, sui paraurti posteriori; dietro alla calandra compaiono due fari supplementari rettangolari diventati obbligatori per il lampeggio diurno. Internamente vi sono modifiche di dettaglio al cruscotto e ai comandi, mentre gli appoggiatesta e l’aria condizionata sono ora di serie, al pari del differenziale autobloccante; rimane un accessorio, ma almeno ora è disponibile, il servosterzo per entrambe le versioni.

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