Mettiamo in chiaro subito una cosa fondamentale: anche se la Maserati Ghibli è già una super automobile in tutti i sensi, la versione SS è comunque un’altra cosa: è la versione speciale di un’auto speciale (ma la sigla SS significa Super Sport). Daremo ragione di questa affermazione nell’articolo che segue, ma intanto segnaliamo che qualcuno se n’è già accorto visto che a gennaio 2012 ne è stato aggiudicato un esemplare decapottabile, durante l’asta di Gooding & Company a Scottsdale in Arizona, a 880.000 dollari (più o meno 650.000 euro al cambio attuale) quando una Spider normale fatica a raggiungere i 250.000 di stima.
Anche sapendo che quella fu un’asta da record (basti ricordare la vendita di una Mercedes 300 SL “Gullwing” in alluminio a 4.620.000 dollari) e quindi pervasa da un entusiasmo contagioso, crediamo che tale valutazione abbia tenuto conto di tante variabili che, peraltro, la vettura del servizio condivide quasi integralmente. Colore particolarmente accattivante (in quel caso Verde gemma, in questo Celeste chiaro), hard-top, impianto stereo dell’epoca, valigie dedicate, aria condizionata, hanno indubbiamente avuto il loro ruolo nell’innamoramento dell’aggiudicatario ma, ed ecco il nocciolo della questione, ciò che rende le Ghibli SS così desiderabili è la loro rarità: non se ne conosce il numero preciso ma pare che della Spider in allestimento europeo gli esemplari tra cui scegliere siano soltanto undici.
Carter
Non che disponendo di una Ghibli “normale”, ripetiamo, sia il caso di avere troppi rimpianti: nata al Salone di Torino del 1966, rimane l’espressione definitiva, come amano dire gli Inlgesi, della Gran Turismo Maserati a motore anteriore del periodo classico; e non è un primato di poco conto essendo una Casa, questa del Tridente, che ha fatto di questo tipo di automobili la propria ragion d’essere fino ai giorni nostri. Lo diciamo con tutto il rispetto per la successiva eccellente Khamsin che però, ci sia consentito, non ha lo stesso carisma della Ghibli neanche di “striscio” (oltre a non prevedere la versione scoperta). Lo ha invece, e liquidiamo l’argomento, quella che, pur avendola per un periodo affiancata in listino, ci pare la sua vera erede e cioè la Bora, che però è una delle pochissime Maserati stradali a motore posteriore. La meccanica della debuttante Ghibli è quella già vista su Mexico e Quattroporte, incentrata sul poderoso otto cilindri da 4,7 litri di derivazione corsaiola, qui nella versione “115” con lubrificazione a carter secco, alimentazione a quattro carburatori doppio corpo e quattro alberi a camme in testa comandati da catena: i CV risultanti sono 310-DIN, sufficienti a spingere la vettura a 265 km/h senza sforzo.
Nessuna particolare novità c’era nella telaistica dove, a corollario del classico traliccio tubolare di base, si vedono confermate le supercollaudate balestre semiellittiche a sospendere il retrotreno; nel contempo, a conferma della tradizione del Tridente, nessun’altra economia: quadrilateri all’avantreno, barre stabilizzatrici su entrambi gli assi, freni a disco con due servofreni (uno per ogni circuito), cambio a cinque marce (o, eventualmente, automatico a tre per qualche americano dai riflessi rallentati), differenziale autobloccante al 50% (inizialmente a richiesta ma praticamente obbligatorio, almeno sulle vetture con cambio manuale). Signorilità confermata nelle finiture e nella dotazione di accessori che comprendono di serie l’interno in pelle, la strumentazione completissima (due spie per la riserva: una per ogni serbatoio) e di bellissimo disegno, antifurto bloccasterzo, alzacristalli elettrici azzurrati, sbrinatore al lunotto a fili invisibili e piantone regolabile con avvitato un volante in legno tra i più belli della storia dell’automobile; a richiesta radio con antenna elettrica, cinture di sicurezza, appoggiatesta, aria condizionata.