01 November 2012

MASERATI BITURBO 222 SPYDER RACING

Derisa per anni, si prende oggi la rivincita dopo una carriera controversa. Molte sono state rottamate, ma trovandone una...

Intro

Derisa per anni, si prende oggi la rivincita dopo una carriera controversa. Molte sono state rottamate, ma trovandone una si acquista con poco una vera Maserati GT. L’impegno, anche economico, non è da poco, ma la soddisfazione è tanta

Alejandro De Tomaso...

Nella prima metà degli anni 70 l’industria automobilistica europea, già in crisi dalle proteste operaie seguite ai movimenti studenteschi del ‘68, riceve un altro duro colpo dalla guerra del Kippur. Il conflitto sconvolge i fragili equilibri della maggiore area produttrice di petrolio del mondo e provoca un aumento repentino dei prezzi dei carburanti. In Italia, i nomi storici dell’automobilismo sportivo vacillano e devono rinunciare alla loro indipendenza, come aveva già fatto la Ferrari o la Lamborghini. Oppure scomparire dalla scena, come Bizzarrini o Iso Rivolta.

La famiglia Michelin, proprietaria della Maserati attraverso la Citroën, non intende mettere a rischio la propria solidità finanziaria in un settore che non è il suo. Così cede la Casa degli chevron a Peugeot e la Maserati… al suo destino. Ma dalle pieghe delle industrie a partecipazione statale, spunta la finanziaria pubblica Gepi e, dietro di lei, Alejandro De Tomaso, ex pilota argentino giramondo già impegnato nell’industria motoristica italiana attraverso la gestione, sempre in partnership con la Gepi, delle motociclette Benelli e Guzzi e delle carrozzerie Ghia e Vignale. Per la Maserati, in pratica, lo Stato sborsa i capitali necessari per scongiurare la catastrofe e De Tomaso si assume l’onere di rivedere tutta la politica industriale per assicurare alla Casa modenese un futuro meno agitato.

I primi passi...

La gamma Maserati, fortemente sbilanciata verso l’alto di gamma con la maggior parte dei modelli con motori a 8 cilindri da oltre 4 litri, rende difficile la vendita di volumi adeguati alla sopravvivenza. Allora, recuperando il basamento del 6 a V già usato dalla Merak e dall’ammiraglia Citroën, la coupé SM, si imposta il progetto di una sportiva compatta tra i due e i tre litri di cubatura.

La carrozzeria dovrà essere agile e la meccanica potente. Nasceva così la Biturbo. Fu presentata nel 1981 in versione coupé due litri a un prezzo sbalorditivo, soprattutto in considerazione della sua raffinatezza meccanica e della sua ricchissima dotazione.

La macchina, infatti, costava meno di 20 milioni delle vecchie lire. Il periodo era anche favorevole per un’impresa del genere, in quanto anche la concorrenza non era particolarmente temibile: Audi muoveva i primi passi nell’olimpo dei costruttori “premium”, Mercedes era ancora legata a tranquille e confortevoli berline con l’AMG ancora in fasce, le inglesi sentivano già sul collo il fiato di un sistema che, di lì a poco, sarebbe imploso in se stesso trascinando la maggior parte di esse nell’oblio e le poche salvate in mani straniere. Le uniche serie avversarie potevano essere le Alfa Romeo, anch’esse però in piena decadenza con la Casa in procinto di terminare la sua storia come costruttore indipendente, e le Bmw, motoristicamente già all’avanguardia ma con ancora numerosi problemi dinamici oltre che con costi decisamente superiori alle italiane.

Fine 1981: nasce la Biturbo

Il 14 dicembre 1981, in occasione del 67° anniversario della Casa del Tridente, De Tomaso pone fine alla crescente attesa per il nuovo modello e lo presenta alla stampa: carrozzeria coupé a tre volumi con muso simile a quello dell’ammiraglia Quattroporte linea di cintura a cuneo, coda corta e compatta, insieme senza dubbio elegante e riuscito soprattutto per una vettura sportiva. L’abitacolo, per i canoni dell’epoca, è accogliente e adeguatamente spazioso, mentre anche il vano bagagli è in grado di accogliere l’occorrente per una famiglia. Quello che colpisce maggiormente è però la lussuosa finitura adottata per gli interni, con comodi sedili in velluto o pelle e numerosi rivestimenti in legno, e soprattutto la dotazione offerta: sono infatti di serie le ruote in lega leggera, i fari allo iodio, i retronebbia, gli alzacristalli elettrici, la chiusura centralizzata, il condizionatore d’aria, gli appoggiatesta su tutti i sedili. Nessuna concorrente è in grado di offrire altrettanto, soprattutto in rapporto al prezzo di listino che, al momento del lancio, è pari a 16.700.000 lire ovvero poco più della metà della Merak 2000, fino ad allora la Maserati di prezzo più contenuto.

Il meglio di due stabilimenti...

Innovativo, anche se costoso, il metodo di produzione: le meccaniche venivano realizzate a Modena e trasferite fino alla Innocenti di Lambrate dove le attendevano carrozzerie e interni e dove si procedeva all’assemblaggio finale. Insieme al successo però, arrivarono i primi problemi, dovuti a una meccanica molto sofisticata ma altrettanto delicata, a difficoltose procedure di accensione soprattutto a caldo e non sempre coronate da successo, a finiture appariscenti ma talvolta di scarsa qualità e a una preoccupante tendenza della carrozzeria all’aggressione da parte della ruggine.

Non sono comunque estranei anche i comportamenti della clientela: molti “tiravano” fino agli eccessi il potente motore ben oltre il limite di giri consigliato dalla Casa, altri “dimenticavano” di lasciarlo girare al minimo per qualche minuto prima di spegnerlo, in particolare dopo un utilizzo intenso, altri ancora non rispettavano le scadenze e le prescrizioni di manutenzione indicate nei documenti della vettura. Anche per questi problemi, comincia così una nutrita serie di interventi che, negli anni, porterà alla nascita di una numerosa “famiglia” Biturbo, comprendente le coupé per così dire standard, le versioni sportive con meccanica “tirata” e prestazioni da granturismo di categoria superiore, le berline a quattro porte, le spider e le “speciali” costruite in pochi esemplari partendo dalla comune base meccanica ma sviluppando particolari di carrozzeria e interni specifici, oltre che motori ad hoc.

Nel 1983...

Dopo gli iniziali problemi di gioventù, la parte meccanica ricevette già nel 1983 un’importante innovazione, con il sistema di controllo della sovralimentazione sviluppato dalla Marelli in collaborazione con la Saab: il motore restava sempre a carburatori, ma il MABC (Maserati Automatic Boost Control) assicurava prestazioni più omogenee e maggiore affidabilità complessiva grazie a un controllo della pressione di sovralimentazione utile per scongiurare pericolosi fenomeni di detonazione. Un paio di anni dopo, nel 1985, è la volta di alcune modifiche estetiche: cerchi ruota di nuovo e più elegante disegno e alcuni particolari interni rivisti tra cui il pannello strumenti, di forma semiellittica in luogo del precedente gruppo squadrato, i comandi secondari spostati nella console centrale e anche un nuovo orologio analogico a forma di losanga che sostituisce il precedente digitale a led rossi. Questa versione, comunemente definita Biturbo II, è la prima di una lunga serie che vede, in oltre dieci anni di storia, una serie impressionante di modelli succedersi nel listino Maserati.

Le coupé sportive...

Per chi non si accontentava delle coupé con meno di 200 CV, la Maserati mise a punto una linea di Biturbo sportive accanto alle coupé più “tranquille”, in modo da offrire un’alternativa anche ai clienti abituati alle prestazioni di motori di cubatura e frazionamento ben più elevati. La prima S del 1984, con 205 CV, spiccava per la vistosa caratterizzazione sportiva: colori decisi (solo rosso, nero o grigio) con fascia grigia lungo tutta la porzione inferiore della carrozzeria, prese d’aria tipo NACA sul cofano, particolari esterni bruniti, cerchi neri con pneumatici di ampia sezione, interni in tessuto su vistoso disegno di Missoni. Il motore, grazie a due scambiatori di calore aria – aria, guadagnava 25 CV rispetto alla versione standard, e il telaio, per tenere a bada questa cavalleria maggiorata, disponeva di nuove sospensioni irrigidite. Simile caratterizzazione esterna, ma potenza elevata a 220 CV grazie all’impianto di iniezione e agli intercooler spostati in avanti per la Si del 1986, che adotta nuovi e meno vistosi interni in pelle e alcantara con sedili meglio profilati. Anch’essa disponibile in tre colori, propone interni di colore scuro in abbinamento alla carrozzeria rossa o grigio piombo, e di colore crema per la versione “Black”. Sempre all’interno, nuovo profilo della palpebra portastrumenti e analoghe migliorie già introdotte sul modello a iniezione “normale”. Con l’arrivo della 222, che di fatto occupa lo spazio della Si, il motore di quest’ultima guadagna la testa a quattro valvole: nasce così la 2.24v, sempre di due litri di cilindrata ma con potenza che sfiora i 250 CV.

Nel 1992..

Il motore della 2.24v, grazie alla testa a quattro valvole, sfiora i 250 CV, qualcuno in meno per la versione catalizzata presentata nel corso del 1992. Le novità non riguardano comunque solo il propulsore, visto che viene proposto a richiesta un sistema di sospensioni attive con quattro differenti gradi di rigidità comandati da un selettore sulla console centrale. Migliorati anche gli interni, con legni di maggiore pregio usati anche per particolari come la leva del freno a mano e sedili meglio profilati e con rivestimenti di maggiore qualità. Il frontale, che finora aveva sempre ospitato i quattro proiettori rettangolari caratteristici della prima coupé, viene modificato nella seconda serie delle 2.24v, adottando un gruppo molto più compatto formato da un piccolo faro tondo esterno e da uno rettangolare all’interno analoghi alla Shamal. Con questa soluzione la mascherina diventa più bassa e larga, permettendo un lieve guadagno anche a livello di penetrazione aerodinamica. Una soluzione ripresa poi anche dalla successiva Racing, l’ultima coupé sportiva con carrozzeria dell’originale Biturbo: molto simile alla 2.24v restyling, presenta un interno molto più sportivo con sedili rivestiti totalmente in pelle e molti particolari scuri in luogo del legno presente sulla 2.24v. Grazie ai progressi meccanici introdotti soprattutto a livello di distribuzione, sul cui coperchio compare la scritta Racing in basso a destra del logo Maserati, e in virtù di una completa revisione di tutto il sistema di sovralimentazione, arriva a oltre 280 CV, con la potenza specifica più elevata al mondo per un’automobile di serie e quasi al limite di quei 300 CV che sarebbero poi stati superati dalla successiva Ghibli, con meccanica derivata dalla Biturbo originaria ma carrozzeria interamente rivista pur con medesima impostazione. Sono passati dieci anni dalla prima Biturbo, e il progresso si può sintetizzare in due dati: la potenza massima, passata dai 180 CV della prima Biturbo a carburatori ai 283 della Racing, e il prezzo, che da circa 20 milioni è arrivato a quasi 80.

Le Spyder...

Se le quattro porte avevano il pianale allungato, per la nascita della Spyder (con la y), fu scelta una strada opposta. Desiderando conferire maggiore agilità e volendo contenere i pesi già gravati dai rinforzi per la struttura aperta della carrozzeria, fu accorciato il passo della coupé e sviluppata, in collaborazione con Zagato che la assemblava nelle sue officine nell’hinterland Ovest milanese, una carrozzeria aperta semplice ed elegante che ricalcava in tutto e per tutto quella della coupé. Fatto salvo, naturalmente, l’assenza del tetto. Nonostante la riduzione delle dimensioni l’abitacolo era omologato come “2+2”, con due semplici cuscini ai posti posteriori e uno schienale a fascia per tutta la larghezza del volume posteriore, in grado comunque di accogliere, seppure per brevi tragitti, anche due adulti.

Presentata al Salone di Torino del 1984, aveva i cerchi con anello esterno verniciato in colore carrozzeria. La meccanica, invece, restava uguale alla versione chiusa. Nel corso degli anni, seguì anch’essa le evoluzioni della coupé: venne presentata la Spyder i (come quella in queste pagine), e, successivamente, la versione con meccanica 222 che, al pari della coupé, sfoggiava un nuovo frontale, con mascherina arrotondata, e cerchi ruota di nuovo disegno. Solo l’ultima serie venne allestita con le specifiche meccaniche della 2.24v, che con 245 CV fu la più potente e veloce scoperta della serie Biturbo mai prodotta. Da notare che, diversamente dalle coupé e dalle berline, le Spyder vennero vendute anche in Italia con il motore da 2.8 litri di solito riservato alle versioni estere, e che con questo motore, opportunamente dotato di marmitta catalitica, rimasero in listino fino al 1995, ben oltre le altre versioni che, con l’avvento della Ghibli nel 1992, scomparvero dalla scena.

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