Nel 1984 Tonti passava all’Alfa Romeo; Claudio Lombardi diventava direttore tecnico dell’Abarth e il progetto LC2 passava sotto la direzione dell’ingegner Vittorio Roberti. «La macchina -ricorda oggi Roberti- aveva un ottimo potenziale, per certi versi superiore alle Porsche 956 che erano le nostre dirette concorrenti. All’inizio, però, avevamo grandi problemi di torsione del corpo vettura che mandavano in crisi anche gli pneumatici. Subivamo frequenti “dechappamenti” perché le coperture (prima Pirelli, poi Dunlop e infine Michelin) raggiungevano temperature troppo elevate. In una prima fase di sviluppo avevamo perfezionato l’unione tra la scocca e il motore, che aveva funzione portante e si era dimostrata la prima causa delle torsioni. In seguito modificammo l’architettura delle sospensioni posteriori: Dallara le aveva studiate in modo che i braccetti rimanessero sopra l’effetto suolo, ma in questo modo le ruote posteriori subivano degli scuotimenti eccessivi. Nel 1985 fu infine migliorata l’aerodinamica grazie alla collaborazione con la Michelin. A Clermont-Ferrand c’era una pista di prova dotata di una speciale bilancia che permetteva di misurare il carico istantaneo di ciascuna ruota con la vettura in movimento. Era una sorta di tombino quadrato sul quale si faceva transitare la vettura, anche ad alta velocità.La bilancia leggeva il carico della ruota anteriore, si azzerava e leggeva quello della posteriore. Eravamo andati a provarla con Alessandro Nannini e subito avevamo capito che la nostra configurazione era completamente sbagliata: l’alettone posteriore era troppo arretrato e così montato scaricava completamente l’anteriore». In tre anni di evoluzione, la LC2 arrivò a prestazioni di assoluto rilievo. «Nelle qualifiche di Monza nel 1986 -racconta ancora Roberti- facemmo primo e secondo tempo.
Riccardo Patrese, con la pole position, aveva segnato un crono che gli avrebbe permesso di stare in seconda fila nello schieramento di Formula 1». Da Lancia ad Alfa Romeo La storia della Lancia LC2 si chiude alla fine degli anni Ottanta. Nel 1988 l’Abarth è coinvolta dall’Alfa Romeo nella preparazione al mondiale Sport Prototipi. In quest’ottica, gli uomini dello Scorpione riacquistano dal Team Mussato una LC2 (telaio #006) su cui è montato un motore Alfa Romeo V10 di origine F1. Tale auto prende il nome di SE047 e, rispetto alle precedenti LC2, esteticamente differisce per il nuovo cofano posteriore, modificato per ospitare il motore più lungo e senza gli ingombri degli intercooler. «In Abarth eravamo tutti di estrazione rallistica -ricorda oggi l’ingegner Sergio Limone- perciò utilizzammo la SE047 per fare un po’ di esperienza prima di realizzare la successiva Sport Prototipo SE048 con il motore 12 cilindri di origine Ferrari. La LC2 V10 ci servì per valutare l’affidabilità del motore nell’uso diverso da quello per cui era stato progettato in origine, cioè su un’auto più pesante e in gare più lunghe. Permise poi la messa a punto di un sistema di acquisizione dati indispensabile per la definizione di un modello matematico dell’auto. Per questo genere di attività lavorammo in collaborazione con il Centro Ricerche Fiat di Orbassano».
La LC2 V10 è quindi ben presto abbandonata per dedicarsi alla SE048, una macchina completamente nuova -nata sotto la direzione tecnica di Claudio Lombardi- che dovrebbe adottare il marchio Alfa Romeo. Prototipo che però rimane esemplare unico (oggi conservato nel Museo Alfa Romeo di Arese) e non partecipa ad alcuna competizione a causa di un cambio di strategie aziendali, che puntano sul programma DTM con le Alfa Romeo 155. Tragedia in collaudo La Lancia LC2 -il cui progetto nasce nella primavera 1982 e arriva a conclusione circa un anno dopo- nell’anno del debutto non ottiene grandi risultati: complici i difetti di gioventù, arrivano soltanto pole position e una vittoria a Imola, nell’ultima gara 1983, con Teo Fabi/Hans Heyer. La vettura è spesso la più veloce del lotto in termini di prestazione pura: in più occasioni sfiora i 330 km/h. Nei tre anni successivi (1984, ’85 e ’86) la LC 2 non subisce grandi modifiche (a parte quelle già descritte), ma i risultati non sono eclatanti: nel 1984 una doppietta di Patrese/Nannini e Wollek/Barilla (1000 km di Kyalami), nel 1985 un successo di Patrese/Wollek/Baldi (24 Ore di Spa) e nel 1986 un secondo posto per De Cesaris/Nannini (Monza).
La produzione della LC2 conta 10 telai; anzi, per meglio dire, 9+1. I primi tre, completati nel 1983, sono utilizzati dalla squadra ufficiale. Lo 003 (che ottiene la vittoria a Spa nel 1985), dopo un incidente a Zeltweg nel 1986 con Bruno Giacomelli è replicato dal Team Mussato che gli assegna il numero 003B. Un ultimo telaio, #010, è stato allestito pochi anni fa mettendo insieme pezzi e ricambi che Mussato aveva rilevato dal reparto corse ufficiale. Così come accadde nel lontano 1955, quando la Lancia si ritirò dalla F1 in seguito alla morte del suo pilota Alberto Ascari, anche nel 1986 l’avventura nel Mondiale Endurance si conclude amaramente per la Lancia: con la morte del collaudatore Giacomo Maggi, avvenuta sulla pista prove della Mandria, il programma Endurance subisce lo stop quasi immediato, anche a causa degli scarsi risultati ottenuti e dall’assorbimento dei fondi da parte degli impegni rallistici. Quel giorno insieme a Maggi c’era il suo collega Valter Rostagno, che ci ha ricordato come avvenne l’incidente:
«Era il 21 giugno, stavamo facendo delle prove tecniche per l’uso della benzina congelata, una soluzione che in teoria avrebbe permesso di imbarcare una maggiore quantità di carburante. Io ero appena sceso dalla macchina. Facevamo quaranta giri ciascuno e casualmente avevo iniziato io. Casualmente, perché appena scaricata la macchina dal camion c’era il suo sedile montato e Giacomo aveva deciso di fare qualche giro giusto per provarla. Poi si era fermato chiedendo a me di fare la stessa cosa. Quindi avevamo montato il mio sedile. Dopo tre giri mi ero fermato, avevamo caricato la benzina e poi, visto che c’era già il mio sedile montato, avevo iniziato io il turno lungo dei quaranta giri. Poi ci eravamo dati il cambio, e dopo aver percorso quattro o cinque giri, Giacomo è saltato in aria. Forse per una gomma, o forse ha perso il controllo. Non lo so. So solo che mi ero appena seduto sulla Delta S4 per altre prove, mi stavo allacciando le cinture, ho alzato gli occhi e l’ho visto volare. Si andava a oltre 300 km/h».