Cosa si prova a guidare una potente e prestigiosa granturismo Anni ‘60, come la Ferrari 330 GT 2+2? Di sicuro una grandissima soddisfazione. Ma non mancheranno le sorprese fin dalla manovra più elementare, come quella di premere la frizione per mettere la prima. Infatti, spingendo il pedale con la forza normale per un’auto moderna, questo non si muoverà neanche di un millimetro. Ed è così un po’ per tutti i comandi: dallo sterzo, all’acceleratore, al pedale del freno (sebbene abbia il servocomando). Ma non ci vorrà molto a superare il disorientamento iniziale e scoprire che non occorre essere dei “palestrati” per guidare con soddisfazione questa Ferrari. L’auto, percorso qualche chilometro, sembrerà via via più docile e leggera... Gli sforzi, beninteso, non sono diminuiti: siamo noi che ci siamo abituati.
E allora verranno fuori le doti che fanno di una granturismo Ferrari un’auto unica. In ogni caso il gusto di guidare una Ferrari 330 GT 2+2 viene ben prima della semplice necessità di spostarsi in automobile, seppur di lusso. Di qui la necessità di avere azionamenti “duri”, per dosare meglio la frenata (a quel tempo non c’era l’ABS), l’accelerazione (non c’era il controllo di trazione) e per sopportare (vedi frizione) le elevate sollecitazioni che il motore di 4 litri e 300 CV impone alla meccanica. Tutto questo per la ragione che il viaggio era, ed è, prima di tutto, un piacere. Che include anche la soddisfazione di mettersi alla prova per condurre con stile e padronanza una macchina così affascinante. Che è tutt’altra cosa dal semplice “guidare”. Qui si tratta di “pilotare”. Grazie alla meccanica voluta da Enzo Ferrari e alla linea disegnata da Pininfarina, la 330 GT 2+2 fu un coupé di assoluto valore che catturò la borghesia italiana degli Anni ‘70.
E non era raro vedere al volante di una Ferrari come questa anche una donna che, a fronte della pesantezza di sterzo e frizione, era ripagata dal fatto di potersi garantire una passerella fantastica nelle occasioni e nei luoghi che contano. Insomma: il nome Ferrari, ieri come oggi, era sinonimo non soltanto di vittorie in pista ma, sulle auto stradali, rappresentava anche l’apice del granturismo. E ciò spiega molte scelte sulla finitura e la messa a punto della macchina. Tra le altre esigenze c’era quella di disporre di due posti dietro per accogliere, con una certa comodità, anche due persone adulte.
Dopotutto, chi spendeva una cifra con cui si poteva acquistare un appartamento, desiderava non soltanto una meccanica in grado di emozionare, ma voleva anche arrivare comodamente a destinazione dopo un lungo viaggio a velocità elevata. L’abitacolo presenta quindi finiture d’ottimo livello, con abbondanza di pelle per la selleria e ampio impiego di materiali pregia-ti per i rivestimenti. Con in più la proverbiale cura negli assemblaggi e nell’allineamento delle lamiere, in particolare per la perfetta chiusura delle portiere che, in quegli anni, poteva non essere perfetta anche su macchine di lusso. Il cruscotto ha una strumentazione eccezionale, come su ogni Ferrari, ma con una novità: la palpebra antiriflesso di forma cilindrica che contorna il contagiri ed il tachimetro.