06 July 2014

Ferrari 330 GT 2+2, bella forza

Voluta dal Drake e disegnata da Pininfarina, ha una linea così elegante da farne, oltre che un’auto da “cumenda”, una sportiva per signore. Intenditrici della guida, però: con 300 CV e comandi duri, è una GT da pilotare, non guidare. Raffinata e ospitale anche dietro...

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Cosa si prova a guidare una potente e prestigiosa granturismo Anni ‘60, come la Ferrari 330 GT 2+2? Di sicuro una grandissima soddisfazione. Ma non mancheranno le sorprese fin dalla manovra più elementare, come quella di premere la frizione per mettere la prima. Infatti, spingendo il pedale con la forza normale per un’auto moderna, questo non si muoverà neanche di un millimetro. Ed è così un po’ per tutti i comandi: dallo sterzo, all’acceleratore, al pedale del freno (sebbene abbia il servocomando). Ma non ci vorrà molto a superare il disorientamento iniziale e scoprire che non occorre essere dei “palestrati” per guidare con soddisfazione questa Ferrari. L’auto, percorso qualche chilometro, sembrerà via via più docile e leggera... Gli sforzi, beninteso, non sono diminuiti: siamo noi che ci siamo abituati.

E allora verranno fuori le doti che fanno di una granturismo Ferrari un’auto unica. In ogni caso il gusto di guidare una Ferrari 330 GT 2+2 viene ben prima della semplice necessità di spostarsi in automobile, seppur di lusso. Di qui la necessità di avere azionamenti “duri”, per dosare meglio la frenata (a quel tempo non c’era l’ABS), l’accelerazione (non c’era il controllo di trazione) e per sopportare (vedi frizione) le elevate sollecitazioni che il motore di 4 litri e 300 CV impone alla meccanica. Tutto questo per la ragione che il viaggio era, ed è, prima di tutto, un piacere. Che include anche la soddisfazione di mettersi alla prova per condurre con stile e padronanza una macchina così affascinante. Che è tutt’altra cosa dal semplice “guidare”. Qui si tratta di “pilotare”. Grazie alla meccanica voluta da Enzo Ferrari e alla linea disegnata da Pininfarina, la 330 GT 2+2 fu un coupé di assoluto valore che catturò la borghesia italiana degli Anni ‘70.

E non era raro vedere al volante di una Ferrari come questa anche una donna che, a fronte della pesantezza di sterzo e frizione, era ripagata dal fatto di potersi garantire una passerella fantastica nelle occasioni e nei luoghi che contano. Insomma: il nome Ferrari, ieri come oggi, era sinonimo non soltanto di vittorie in pista ma, sulle auto stradali, rappresentava anche l’apice del granturismo. E ciò spiega molte scelte sulla finitura e la messa a punto della macchina. Tra le altre esigenze c’era quella di disporre di due posti dietro per accogliere, con una certa comodità, anche due persone adulte.

Dopotutto, chi spendeva una cifra con cui si poteva acquistare un appartamento, desiderava non soltanto una meccanica in grado di emozionare, ma voleva anche arrivare comodamente a destinazione dopo un lungo viaggio a velocità elevata. L’abitacolo presenta quindi finiture d’ottimo livello, con abbondanza di pelle per la selleria e ampio impiego di materiali pregia-ti per i rivestimenti. Con in più la proverbiale cura negli assemblaggi e nell’allineamento delle lamiere, in particolare per la perfetta chiusura delle portiere che, in quegli anni, poteva non essere perfetta anche su macchine di lusso. Il cruscotto ha una strumentazione eccezionale, come su ogni Ferrari, ma con una novità: la palpebra antiriflesso di forma cilindrica che contorna il contagiri ed il tachimetro.

TECNICA

Presentata al Salone di Bruxelles del 1964, la 330 GT 2+2 prendeva il posto della 250 GT 2+2 del 1960: la granturismo “da famiglia” che, di fatto, aveva aperto alla Ferrari una nuova clientela che manifestava nuove esigenze. E per conquistarla la Casa di Maranello migliorò la “souplesse” di guida. Il risultato fu ottenuto aumentando la cilindrata. Il picco di potenza della 330 GT (300 CV) avrebbe potuto essere ancora maggiore se si tiene conto che la 250 GT 2+2 (240 CV) aveva una potenza specifica di 81,3 CV/litro contro i 75,6 della nuova 330 GT 2+2.

C’era quindi un margine che fu sfruttato per migliorare l’erogazione, ottenendo anche il vantaggio (per una granturismo) di esprimere più potenza a un regime inferiore (6.600 giri contro 7.000). Ne risultò una vettura più “turistica” da condurre e che non imponeva frequenti cambiate nella guida veloce, grazie anche al cospicuo aumento di coppia ottenuto con l’incremento di cilindrata. Questo non significava però rinunciare alla sportività, visto che, a fronte di un peso maggiore di un centinaio di kg, i CV erano pur sempre 60 in più e il conseguente rapporto peso/potenza scendeva da 5,3 CV/kg della 250 a 4,6 della nuova 330.

Definire la 330 GT una 2+2 è riduttivo, anche se questa è la sua denominazione ufficiale. Già nella 250 GT 2+2 lo spazio dietro era abbondante per i parametri d’abitabilità di una sportiva. L’aumento del passo di 50 mm rese la 330 più simile a una vera quattro posti piuttosto che a una coupé con la solita panchetta di fortuna per i due passeggeri posteriori. Questa impostazione fu voluta da Enzo Ferrari in persona, che desiderava vetture belle e veloci ma fruibili anche da una famiglia di quattro persone. In ogni caso questa attenzione al comfort degli occupanti non pregiudicava le prestazioni che erano da vera sportiva. E il “Drake” andava fiero di questa caratteristica delle sue automobili stradali.

Che la 330 non fosse una semplice versione maggiorata della 250 fu chiaro già alla presentazione anche se, a dire il vero, il terreno era già stato tastato con un modello intermedio, la 330 GT America (che era in pratica una 250 con motore di 4 litri ma ebbe vita brevissima). Passo aumentato a parte, la differenza con la 250 è evidente soprattutto nella linea del frontale e della parte posteriore. Senza stravolgere il concetto estetico che aveva fatto la fortuna della serie 250, l’abile Pininfarina dona una personalità nuova anche al muso. La sua linea è fortemente caratterizzata, sulla prima serie, dalla coppia di fari di diverso diametro racchiusi in un unico gruppo ottico e collocati in posizione arretrata rispetto al frontale della vettura.

ELEGANZA

La calandra, con griglia a larghe maglie rettangolari, si caratterizza per la presenza del Cavallino rampante al centro: un particolare che dona aria di famiglia alle sportive di Maranello. Il frontale, nel complesso, è semplice ma elegante, e il suo sviluppo in larghezza è sottolineato dal paraurti privo di rostri (adottati sulla seconda serie, come la macchina fotografata in questo servizio, prodotta dal 1965 al 1967, su cui i caratteristici doppi gruppi ottici lasceranno il posto a due fari singoli).

La vista da dietro evidenzia invece i nuovi gruppi ottici sottili e orizzontali al posto di quelli verticali con accenno di pinna della 250 GT. Il risultato è una linea meno spigolosa che in precedenza. Anche il profilo è più dolce e la vista laterale, con il muso prominente verso il basso, ne esalta i contenuti sportivi e rende il disegno più in linea con i canoni estetici del periodo. Di bell’effetto sono anche le feritoie inclinate d’uscita dell’aria calda dal vano motore praticate dietro il passaruota anteriore. Un profilo sottoporta d’acciaio inox completa la finitura dell’esterno e snellisce ulteriormente la fiancata. Come in ogni altra Ferrari le ruote sono le classiche e bellissime Borrani a raggi con gallettone.

Quindi l’operazione di dare un’erede alla 250 GT 2+2 può dirsi perfettamente riuscita. La 330 GT 2+2 ne eredita la filosofia e la proporzione dei volumi, riuscendo a essere diversa quel tanto che basta da farne un modello talmente individuale e ricco d’eleganza, da divenire ben presto la preferita dalla borghesia dell’epoca. Era sicuramente l’auto giusta per presentarsi nel migliore dei modi la sera, agli appuntamenti che contavano; meglio se in colore metallizzato, scuro o argento, tinte che esaltano la signorilità della linea.

SECONDA SERIE

Nel nostro Paese, a metà degli Anni ‘60, il progresso sul piano sociale ed economico di gran parte degli strati della popolazione era evidente. E sarebbe stato così per diverso tempo. L’industria creava nuova ricchezza e posti di lavoro e il tenore di vita andava a rimorchio e non mancava un certo ottimismo sul futuro. Tutta questa benefica situazione aveva creato ampi spazi anche nel settore delle lussuose e potenti granturismo.

Ed era in questo settore che si giocavano le loro carte nuovi concorrenti, per Enzo Ferrari e le sue bellissime auto. Ferruccio Lamborghini, per esempio, aveva esordito con l’aggressiva 350 GT, mentre la Maserati rinnovava la sua gamma. E soprattutto non va dimenticata la presenza dell’unica vera rivale del Cavallino Rampante: l’inglese e superba Aston Mar-tin, che in quegli anni godeva anche di un supplemento di notorietà grazie al film “Missione Goldfinger” con l’agente segreto 007. Enzo Ferrari reagì proponendo la versione rivista e aggiornata della 330 GT 2+2, che arrivò sul finire della primavera del 1965.

La differenza stava soprattutto nell’anteriore, dove la coppia di doppi fari era stata sostituita da fanali singoli ospitati in sedi poste all’estremità dei parafanghi anteriori. Diversi erano anche i gruppi ottici secondari ad andamento orizzontale che sostituivano i precedenti di forma circolare mentre i paraurti avevano ora i rostri gommati; si otteneva così un aspetto della vettura forse meno personale che in precedenza, ma più in linea con la risoluzione del frontale delle Ferrari dell’epoca. Tra le novità i cerchi in lega leggera (ma si potevano ordinare i classici Borrani a raggi) e le feritoie di maggiore sezione sui parafanghi anteriori, contornate da un profilo d’acciaio inox. Dal punto di vista tecnico spiccava il cambio a cinque rapporti in luogo del precedente a quattro con overdrive Laycock di derivazione britannica.

Da segnalare anche l’aggiunta del differenziale autobloccante, utile per migliorare la motricità all’uscita dalle curve più strette. Altre modifiche nascoste (ma efficaci per migliorare ulteriormente le doti dinamiche) coinvolgevano i punti d’attacco del motore al telaio, che furono ridotti da quattro a due migliorando l’isolamento dell’abitacolo dalle vibrazioni. Il comfort poteva essere migliorato grazie ad alcuni optional come il servosterzo e l’aria condizionata: accessori che cominciavano a essere richiesti con sempre maggiore frequenza. Sulla plancia spiccava anche un nuovo blocchetto d’avviamento più comodo a quattro posizioni. Altri piccoli aggiornamenti completavano il quadro tecnico della 330 GT. Il passaggio dalla prima alla seconda serie fu graduale grazie a una versione ibrida. Furono infatti prodotte 125 vetture con carrozzeria a quattro fari della prima serie, ma con il cambio a cinque marce e la pedaliera sospesa della seconda. La 330 GT 2+2 rimase in listino per altri due anni, fino al 1967, per cedere il passo alla 365 GT 2+2 con motore di 4,4 litri.

Vettura di successo, fu la Ferrari più venduta nel suo arco temporale di produzione. Ne furono prodotte ben 1088, di cui 628 della prima serie (comprese le 125 costruite con il cambio a cinque marce) e 460 della seconda. Sono numeri che davano ragione a Ferrari quando insisteva per rendere le sue automobili adatte anche alla normale routine quotidiana, senza nulla togliere al piacere di guida e alle prestazioni.

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