13 November 2011

Alfa Romeo Giulia Spider prototipo

Il bello del ritrovare, acquistare e rimettere a nuovo un’auto d’epoca risiede, in buona parte , anche nell’impegnarsi a ricercare a ritroso la storia della vettura...

Introduzione

Il bello del ritrovare, acquistare e rimettere a nuovo un’auto d’epoca risiede, in buon parte, anche nell’impegnarsi a ricercare a ritroso la storia della vettura. Chi restaura una storica con vera passione, della sua vettura vuole conoscere tutto: la correttezza di ogni accessorio, le ragioni di ogni intervento su carrozzeria e meccanica. E, se la curiosità è la norma quando di mezzo c’è un’auto normale, figurarsi per un prototipo, per un pezzo unico uscito direttamente dal Centro Stile o dal Centro Esperienze di una grande Casa automobilistica. Come l’Alfa Romeo Giulia Spider che Automobilismo d’Epoca ha il piacere di presentare in queste pagine, la cui linea non ha nulla a che vedere con la Duetto costruita in serie da Pininfarina ma anche poco a spartire con la sola altra Giulia a cielo aperto andata in vendita, la Sprint GTC cabriolet prodotta in circa 1.000 esemplari dalla milanese Carrozzeria Touring. Il proprietario di questo prototipo, l’architetto milanese Corrado Lopresto, è un collezionista noto per lo scrupolo proverbiale che mette nelle proprie ricerche prima di ogni restauro.

Quindi nessuno ebbe modo di sollevare alcun dubbio quando qualche tempo fa, a restauro ultimato, presentò la vettura ad alcuni concorsi d’eleganza come proveniente dall’Alfa Romeo: per la precisione, come un prototipo di studio rimasto abbandonato in uno dei magazzini di Arese dopo che Pininfarina aveva vinto la gara per la realizzazione della Giulia spider di serie, quella che sarebbe poi passata alla storia come Duetto.

I primi passi

In realtà, la provenienza più diretta della vettura era effettivamente un magazzino, ma quello di un “demolitore-conservatore” ben noto agli appassionati. Fino al giorno della consegna al demolitore, però, l’auto era realmente sempre rimasta sotto il tetto dell’Alfa Romeo. Come conferma, in una sua perizia, uno tra i più apprezzati e autorevoli storici della produzione Alfa Romeo al mondo: Maurizio Tabucchi, all’epoca presidente della commissione tecnica nazionale auto dell’ASI, consulente del Tribunale di Pistoia per i veicoli storici e autore di numerosi saggi sulle Alfa Romeo.

Ecco le sue parole, stralciate direttamente dalla perizia: “Alla metà degli anni Ottanta la vettura in oggetto si trovava abbandonata nei locali del Portello quando, per liberare detti locali, si offrì al RIAR (il Registro Storico Alfa Romeo, n.d.r.) la possibilità di acquisirla, insieme con altre auto e ricambi. Non potendo il RIAR gestire l’operazione per motivi fiscali e per le difficoltà di stoccaggio, ricorse a un commerciante del settore, che acquisì l’intero lotto impegnandosi moralmente con i soci del RIAR a cedere singole vetture o ricambi a chi fosse interessato. Del lotto faceva parte la spider con il numero di telaio AR*10503*00002* non riconducibile ad alcun modello Alfa Romeo di serie. L’identità desunta dal numero del telaio va così interpretata: AR significa Alfa Romeo, 10503 è la sigla di progetto del modello, il numero progressivo, 00002 indica il secondo esemplare prodotto. Atteso che la sigla 105 distingue le Giulia e derivate, le altre due cifre identificano il modello.

Ovvia pertanto la prima conclusione, che si evince anche dall’esame della sua conformazione, che il pianale è del modello Giulia. Rivelandosi la stampigliatura sicuramente autentica, si conferma la fabbricazione artigianale del prototipo, per la cui attribuzione di identità si ricorse a punzoni appartenenti al modello Giulietta, ma per meglio puntualizzare il nuovo tipo (10503), si usò il metodo abbandonato con gli ultimi esemplari di detto modello, stampigliando il codice identificativo del progetto anteposto al numero progressivo. Circa la possibile riconduzione a modelli di produzione, il prototipo oggetto di indagine non può ritenersi l’antesignano della Giulia Spider (tipo 101.23) realizzata da Pininfarina nel 1962 sul pianale della Giulietta Spider. Nemmeno può ritenersi il prototipo della Giulia Sprint GTC perché in questo caso dovrebbe essere distinta dal prefisso 105.25, e meno che mai si ritiene trattarsi del prototipo della 1600 Spider detta Duetto”.

L'originalità

In realtà, il problema della determinazione genesi e della provenienza (quindi dell’originalità) del prototipo era stato messo dal proprietario all’ordine del giorno prima ancora di iniziarne il restauro. Gli studi erano partiti dall’unico documento noto: la foto di una spider prototipo di Bertone delle stesse proporzioni, e con le porte e il parabrezza, di questa stessa vettura, ma con frontale e i gruppi ottici posteriori della Sprint GT. Fuori di dubbio l’ originalità del muso attuale, perché così il prototipo era uscito dal magazzino, si trattava allora di individuare alcune ipotesi e altrettante piste da seguire.

Una prima ipotesi teorizzò l’intervento di Giovanni Michelotti tramite la OSI: in effetti la “mano” del restyling poteva apparire la sua, come sembrava indicare il trattamento della calandra che ha effettivamente diversi punti in comune la 2600 De Luxe disegnata da Michelotti e prodotta dalla OSI per conto dell’Alfa Romeo. Edgardo Michelotti, figlio del designer, non trovò però alcuna traccia del prototipo nel suo pur documentatissimo archivio, e la ricerca prese altri corsi. Fu allora che l’architetto Lopresto chiese a Maurizio Tabucchi di determinare l’identità della vettura e accertarne l’originalità.

Il restauro

Tabucchi esaminò la spider misteriosa presso la carrozzeria milanese presso cui il restauro stava per essere avviato e per prima cosa raccomandò, giustamente, di non cambiare tutto quanto poteva essere conservato e recuperato. Così fu salvata, per esempio, gran parte della tappezzeria che non si sarebbe potuta riprodurre con i mezzi e i materiali attuali. Si decise inoltre di salvare il colore bronzo metallizzato trovato sotto una velatura bianca che copriva la vernice originale. Strana coincidenza, fermi restando i limiti delle foto in bianco e nero, si può desumere che anche la Spider prototipo di Bertone fosse dello stesso colore.

La perizia di Tabucchi contiene però anche altre importanti conferme. Come la seconda parte, che riguarda l’esame estetico: “La vettura oggetto della perizia rivela un’indubbia eleganza, determinata dall’armonia delle parti anteriore e posteriore unitamente alla fiancata che propone le caratteristiche della Giulia Spint GT e GTC, pur con le maniglie delle porte più elaborate dell’Alfa Romeo 2600 Sprint. Mentre le fiancate mostrano l’origine Bertone e la mano di Giorgetto Giugiaro, all’epoca designer presso il carrozziere, non si può dire altrettanto per l’elaborato ed elegante disegno del frontale, della parte posteriore e del parabrezza. Esistono alcune foto di un prototipo, inequivocabilmente attribuito a Bertone, che propone la stessa fiancata, lo stesso parabrezza e la stessa conformazione della capote della spider oggetto di perizia, ma mantiene il frontale e i fanali posteriori delle Sprint GT e GTC.

Non è noto il numero del telaio di questa vettura, ma non è escluso che appartenga al tipo 10503. Può quindi ritenersi ragionevole attribuire a Bertone anche la vettura oggetto di perizia, se si analizzano la foggia del cofano motore e del baule posteriore, l’andamento della fiancata e il disegno della plancia, del volante, della strumentazione, delle porte, tutti elementi che ricalcano le Giulia Sprint GT e GTC.” La perizia continua con l’analisi tecnica mettendo in rilievo i cerchi (con finestrelle ovali) e i freni (a tamburo), che indicherebbero una datazione antecedente il 1962. Evidenziando pure che il motore e il cambio sono della Giulia e rilevando l’anomalia della leva del freno a mano sotto il volante, come nelle Giulietta e non sul tunnel come nelle Giulia.


Continua poi con l’esame dei dettagli della tappezzeria e conclude: “La vettura oggetto di perizia, se posta in produzione, si sarebbe rivelata più elegante della Giulia GTC che, sia pure con quattro posti relativamente comodi, altro non era che una Giulia GT priva del padiglione. Si potrebbe anche ritenere che le parti anteriore e posteriore, che sembrerebbero scostarsi dagli stilemi della Carrozzeria Bertone, ma in ogni caso sono coeve al resto della carrozzeria, possano essere state elaborate presso il Centro Stile Alfa Romeo. Ma si potrebbe anche pensare che siano opera della stessa carrozzeria torinese perché l’esame della lamiera non ha evidenziato giunzioni o modifiche. Il restauro realizzato ha ricondotto la vettura alla tinta originaria che ne esalta le forme. Il valore storico della vettura è da ritenersi rilevante”.

Il designer

Compito della perizia era di identificare e di accertare l’identità della vettura rimanendo nel campo delle certezze: giusto quindi che sia astenuta dal dare vigore a semplici ipotesi.La luce definitiva sarebbe, in realtà, venuta di lì a poco grazie alla passione e all’impegno di un top manager innamorato dell’automobile e in particolare del Biscione, il responsabile del design Alfa Romeo, Wolfgang Egger, e alla concreta collaborazione del Centro Stile Alfa Romeo.

Proprio una ricerca condotta dal Centro Stile di Arese tra i suoi ex collaboratori ha infatti permesso di appurare che le varianti sul frontale e sulla coda della vettura sono opera di Ernesto Cattoni. Il cui nome è oggi abbinato alle felici vignette che gli hanno procurato la definizione di poeta dell’umorismo per la leggerezza delle soluzioni grafiche in confronto ai temi di alto spessore trattati: le sue opere, prevalentemente senza parole, sono pubblicate da testate di primissimo piano come Famiglia Cristiana, Paris-Match, Epoca, Il Corriere della Sera, Le Figaro, Tempo, Panorama. Nato a Milano nel 1936, Cattoni si era formato artisticamente presso la Scuola d’Arte di Losanna, quindi aveva lavorato per 35 anni presso il Centro Stile dell’ Alfa Romeo.

Le differenze fra un suo disegno, fortunatamente ritrovato, e la Giulia Spider come venne realizzata mostrano quanto il designer sia stato attento alle richieste della Casa milanese, rinunciando all’idea dei fari a scomparsa in favore di una soluzione meno costosa e più praticabile nella produzione in serie. Probabilmente per un analogo motivo commerciale, Cattoni fu spinto a cercare nel frontale un percepibile family feeling con l’Alfa Romeo 2600 De Luxe.


Conclusioni

Ma perché l’Alfa realizzò questo prototipo? Per rispondere bisogna tornare nel campo delle ipotesi. Il nuovo stabilimento di Arese, inaugurato ai tempi della Giulia, aveva aumentato di molto la capacità produttiva della Casa, il che avrebbe permesso al Biscione di realizzare in proprio anche le versioni derivate dai modelli di grande serie. Il ritardo (circa quattro anni) tra il lancio della Giulia di serie (1962) e quello della spider Duetto (nel 1966) lascia supporre che i dirigenti della Casa fossero inizialmente orientati a produrre in autonomia anche la versione aperta della vettura: e l’intervento del Centro Stile si spiega come un tentativo di dare alla spider un’immagine autonoma rispetto alla Sprint GT coupé, pur conservandone la struttura di base e parte dei lamierati.

La storia racconta però che l’enorme successo (probabilmente neppure messo in preventivo) delle Giulia berlina e GT saturò ben presto le capacità produttive dello stabilimento di Arese, spianando la strada alla produzione della spider di nuovo, come ai tempi della Giulietta, a cura di un carrozziere esterno: Pininfarina, una volta di più.

Le ultime news video

© RIPRODUZIONE RISERVATA