BMW M1 ed M1 Procar
Introduzione
La supercar BMW M1 destò sensazione e segnò la sua epoca. Costruita
in meno di 500 esemplari, è più rara di una Ferrari F40.
Tuttavia,
oggi fra le auto storiche non ha prezzi da capogiro. Negli ultimi tre
anni le quotazioni sono salite, ma rimangono sotto i 100.000 euro.
Forse
è il momento di approfittarne perché il trentesimo anniversario del modello
ha ricordato agli appassionati quanto è ancora desiderabile e ciò influenzerà
le quotazioni. La BMW M1 accese il desiderio nel 1978 ponendosi subito
all’attenzione come la più bella e veloce auto tedesca di serie. Si sapeva
che la BMW stava lavorando su questa supercar, ma la M1 arrivò un po’
in ritardo. Era attesa a Ginevra, poi a Torino, ma il battesimo
internazionale
avvenne soltanto nell’ottobre 1978 al 64° Salone di Parigi.
L’affascinante GT compendiava il know-how della casa di Monaco in fatto
di auto ad alte prestazioni. Ottenne quindi immediato consenso e, a dispetto
del prezzo di 100.000 marchi (quasi 70 milioni di lire), più
di una Ferrari BB 512, le prenotazioni coprirono in breve tempo la produzione
dei 400 esemplari programmati. L’attesa dei clienti durò ancora, le prime
consegne avvennero nella primavera 1979, le ultime addirittura nel luglio
1981. Per capire i ritardi di una Casa seria e precisa come la BMW bisogna
andare a scavare nella genesi un po’ particolare di questo modello fuori
del comune.
Lo sport come linea di pensiero
Se negli anni Settanta si domandava a un dirigente BMW cosa pensasse dello
sport, la risposta era: “Pensare è il nostro sport”. Così, nel 1976
gli uomini della Casa bavarese pensarono a una berlinetta per le corse
GT Gruppo 4, dalla quale derivare una versione turbo per il Gruppo 5 e
una stradale per gli amanti delle sensazioni forti. All’epoca
le soddisfazioni sportive non mancavano.
Nel 1972 era nata la BMW Motorsport GmbH, braccio armato della BMW per
le competizioni. Nel 1976 la giovane struttura vantava già tre
titoli nel campionato conduttori del Challenge Europeo Turismo con le 3.0
CSL di Toine Hezemans (1973), Siegfried “Siggy” Müller (1975), Jean Xhenceval
(1976) e altrettanti titoli nel Campionato Costruttori. La BMW Motorsport
forniva inoltre i motori alle Formula 2 Brabham, Chevron, GRD, March, Martini,
Osella, Ralt e aveva all’attivo i campionati europei di Patrick Depailler
(March 742/BMW nel 1974) e Jacques Laffite (Martini Mk 16/BMW nel 1975).
La M1, primo progetto siglato con la M di Motorsport, doveva spezzare il
dominio delle Porsche 911 nei Gruppi 4 (GT Speciale) e 5 (Silhouette).
Per questo non bastava una berlina elaborata, ci voleva un
modello
da corsa costruito in 400 esemplari per ottenere l’omologazione in quelle
Classi.
L’accordo con gli italiani
Per il motore la BMW Motorsport ipotizzò il V10 tipo M81 abbozzato per
la Formula 1 o il sei cilindri M88 derivato dalle 3.0 CSL del campionato
Turismo. Per rapidità d’esecuzione prevalse la seconda ipotesi. Ora bisognava
pensare al corpo vettura. Nel cassetto dei sogni c’era la concept car
disegnata da Paul Braq nel 1972 attorno a un motore 2002 Turbo
posteriore-centrale.
Poteva essere quella la base di partenza, ma si doveva passare da una
costruzione
concepita per l’ovattata immobilità dei saloni a una pronta a battersi
secondo la dura legge dello sport.
Con modestia e anche con scaltrezza, perché così poteva fare prima, la
Motorsport si rivolse agli italiani, maestri nel costruire GT di alte
prestazioni.
Come partner per lo stile scelse la Italdesign, per l’autotelaio la
Lamborghini,
azienda fuori dalle corse che però aveva saputo concretizzare idee al limite
della fattibilità come la Miura e la Countach. La Casa di Sant’Agata accolse
la notizia come una mano tesa dalla Provvidenza per toglierla da una situazione
finanziaria ai limiti del collasso. Preso in carico l’autotelaio, il
partner emiliano mobilitò i suoi specialisti. In breve il telaista Marchesi
realizzò la struttura in metallo con la consulenza dell’ing. Giampaolo
Dallara, che mise a punto sospensioni adatte a sfruttare al
meglio i rivoluzionari pneumatici Pirelli P7.
Stoccarda
La linea di montaggio della M1 era lunga mezza Europa. Marchesi di Modena
costruiva i telai. La T.I.R di Reggio Emilia realizzava i pannelli della
carrozzeria in vetroresina. La Italdesign di Torino univa il telaio alla
carrozzeria e completava le finiture esterne. Le scocche abbigliate partivano
poi per Stoccarda, dove la Baur montava i gruppi meccanici, il motore
proveniente
dalla Motorsport e i sedili in pelle forniti dalla vicina ReCaRo.
I primi esemplari completi arrivarono presso i concessionari nel febbraio
1979. I clienti verificarono così che le prestazioni promesse c’erano
tutte. La velocità massima era addirittura un po’ superiore ai 262 km/h
dichiarati e a dispetto dell’origine agonistica il comfort era superiore
a quello delle altre supercar. Le finiture univano al rigore
della BMW alcune note di manualità artigiana che piacevano. La tenuta di
strada era quella di un’auto prevista per montare anche un motore turbo
Gruppo 5 da 850 CV: eccezionale. Ma per sfruttare a fondo le enormi
potenzialità ci voleva un vero pilota. Infatti, la vettura era
sempre scomposta e non avvertiva il pilota quando si avvicinava il limite
di aderenza. Quando lo superava, partiva sulle quattro ruote e ci volevano
sensibilità sopraffina e gran rapidità di manovra per controllarla.
Un’altra caratteristica da tenere presente era la tendenza dei freni a
bloccare sull’anteriore nelle “staccatone”. Sarebbe bastato sopprimere
il servofreno come nella versione corsa, ma poi chi spingeva il pedale
con la forza necessaria? Nella guida molto veloce questi nei
non davano fastidio. Non dava fastidio nemmeno il regime di coppia massima
piuttosto in alto, a 5.000 giri, anzi all’utente normale piaceva stupire
il passeggero (o meglio, la passeggera) con il calcio nella schiena provocato
dal motore che entrava in coppia e diventava rabbioso con un urlo da brivido.
Ancora oggi la M1 gratifica il pilota e il passeggero con emozioni forti,
ma con tutta la sicurezza resa possibile dagli standard di progettazione
all’avanguardia. Insomma, è ancora un’auto moderna nella
concezione
ma ha il fascino di una supercar storica e i vantaggi consentiti dall’età:
omologabilità ASI, esenzione dal bollo, facilitazioni assicurative e
deprezzamento
inconsistente. Perché non approfittarne? Auto così, davvero, non se ne
fanno più.
Linea ed Interni
La linea della M1 è attuale a 30 anni di distanza. I fari a scomparsa
sono una delle particolarità stilistiche della BMW M1. La M1 è inoltre
ricca di prese e sfoghi d’aria, come si addice a un’auto da corsa. Giugiaro
ha provveduto però a “nasconderle”, con la classe che si conviene a una
BMW (un chiaro esempio viene dalla presa dietro i finestrini).
Sul cofano anteriore invece c’è l’ampio sfogo del radiatore, mentre in
coda pinne e feritoie sono state poste con scopi più che altro estetici.
Infine altre due prese sono alla base del parabrezza (a destra). Nella
vista posteriore risalta l’impostazione corsaiola della M1, che nell’intento
di BMW doveva essere l’anti-Porsche. Bassa e larga, esprime forza e carattere
grintoso.
Per quanto riguarda gli interni, la cura delle finiture e la qualità dei
materiali fanno dell’abitacolo della M1 un riferimento ancor oggi. I sedli
Recaro erano montati dal carrozziere Baur, un marchio noto in casa
BMW.
Magari non era eccezionale il gusto della tappezzeria, più teutonico che
italiano. Derivando dal progetto di un’auto da corsa prima che di serie,
il fatto che esista un vano bagagli, per quanto piccolo, è
apprezzabile.
Si trova dietro il motore, occupato peraltro in parte dalla ruota di scorta.
BMW forniva inoltre delle piccole borse morbide.
La plancia della M1 dal canto suo è molto ampia e ha comandi e spie un
po’ sparpagliati. Sul tunnel centrale ci sono i comandi del condizionatore,
i pulsanti degli alzavetri e quelli di hazard, sbrinatore e fendinebbia,
mentre la radio è originale Becker Mexico. La strumentazione comprende,
oltre agli indicatori principali, pressione olio, temperatura acqua e olio
più le spie principali. Al centro, la levetta per l’accensione
luci con la rotellina del reostato del cruscotto. Ultime chicche sono i
comandi del riscaldamento, regolabile separatamente sui due posti anteriori,
l’orologio a cristalli liquidi e l’accendisigari.
Tecnica
Sulla M1 si è dovuto fare un notevole
sforzo per ottenere un abitacolo di dimensioni adatte all’uso stradale.
Il motore è centrale con cambio longitudinale, i due serbatoi della benzina
e i freni a disco autoventilanti. La carrozzeria in vetroresina permise
di contenere il peso in 1.290 kg, inferiore a quello delle
dirette
concorrenti (tranne la Lamborghini Countach). Il 6 cilindri in linea
siglato M88 deriva dalla CSL 3.0 che disputava le gare del Campionato Europeo
Turismo. Non a caso è superquadro (alesaggio 93,3 mm e corsa
84 mm), con distribuzione bialbero e 24 valvole per una curva di erogazione
spostata verso l’alto, con la coppia massima a 5.000 giri.
Infine, sotto il cofano anteriore si celano l’enorme radiatore, la batteria
e altri servizi come i fusibili e le vaschette dei liquidi per l’impianto
frenante e per il lavavetro.
Il Mistero dei Numeri
È difficile conteggiare le M1 prodotte: la Casa nei suoi comunicati stampa
cita 445 esemplari: 399 stradali e 46 Procar. Giugiaro parla di 460 vetture,
ma è un dato indicativo. Una fonte americana valuta 450 esemplari dei quali
396 stradali e 54 da corsa. Un’altra fonte riferisce 456 esemplari comprendendo
quattro prototipi e gli esemplari distrutti nelle prove di crash. Il problema
sta nel conteggio. Vanno contate o no le vetture per le prove distruttive?
E poi come vanno conteggiate le cinque M1 Procar costruite sicuramente
dalla BS? E quante ne sono state davvero montate da Osella o da altri Team
esterni?
Infine, va conteggiata come stradale o no la M1 che un principe arabo ha
voluto con specifiche Procar? Accontentiamoci di sapere che il totale va
dalle 445 vetture conteggiate nei registri della Casa alle 460 di chi ha
cercato di contare anche quelle montate fuori. Volendo sapere la produzione
anno per anno si trova una situazione ancora più ingarbugliata: per esempio,
bisogna considerare le vetture giunte al termine della linea di montaggio
o quelle consegnate ai clienti dopo averle prelevate a fine catena per
aggiornarle alle loro stravaganze? In ogni modo, i numeri di telaio delle
BMW M1 sono composti da un prefisso di 14 caratteri (WBS59910004301) seguito
da tre cifre che vanno da 001 a 460. Pare che siano state utilizzate la
045, 046, 047, 048, 049, 428 e 431. Due vetture costruite per il Gruppo
5 non ebbero il numero di telaio. La Gruppo 5 costruita dalla March ebbe
il numero 81P.
M1 Procar
Nell’autunno 1978 la BMW svelò il programma del Trofeo Procar e anticipò
le caratteristiche della M1 che ne sarebbe stata protagonista. Elaborata
secondo le direttive del Gruppo 4, la M1 Procar era più potente della M1
stradale (470 CV contro 277 CV) grazie a nuovi alberi a camme, valvole
maggiorate, pistoni forgiati, iniezione con saracinesche invece di farfalle
e scarico più libero. Diversi erano pure il differenziale autobloccante
(dal 40% al 70%-90% secondo i circuiti), lo sterzo più diretto, le sospensioni
su uniball, le barre stabilizzatrici regolabili e i cerchi allargati con
pneumatici Goodyear Racing 10,0/23,5 x 16 davanti e 12,5/25,0 x 16 dietro.
Nuovi anche i parafanghi allargati in ragione delle gomme maggiorate, gli
spoiler anteriore e posteriore e le dotazioni di sicurezza. L’elaborazione
non aumentò peso, che anzi diminuì a 1.005/1.020 kg con l’eliminazione
di tutte le dotazioni della confortevole M1 stradale, aumentò la velocità
massima (310 km/h contro 262 km/h), grazie anche a rapporti della trasmissione
più lunghi.
Aumentò molto anche il prezzo: in pratica raddoppiò perché ai circa 60
milioni di lire di una M1 normale bisognava aggiungerne altrettanti per
l’elaborazione. Il regolamento sportivo della serie Procar stabilì
che le prime cinque posizioni nelle griglie di partenza di ciascuna gara
sarebbero state assegnate ai cinque piloti della Formula 1 meglio classificati
nelle prove dei Gran Premi ai quali le gare erano abbinate.
Ai cinque più veloci della Formula 1 si sarebbero aggiunti i “privati”,
che si sarebbero sudati le posizioni di partenza in apposite prove con
le M1 del Trofeo. Il montepremi per ogni gara era di 5.000
dollari
per il primo, 3.000 dollari per il secondo e 2.000 dollari per il terzo.
Un piatto davvero ricco. In più ogni pilota “privato” avrebbe ricevuto
50 dollari per ogni giro condotto davanti a uno dei cinque piloti della
Formula 1, 100 dollari per ogni giro davanti a due dei piloti dei GP e
250 dollari per ogni giro davanti a tutti e cinque i piloti della Formula
1. Alla fine del campionato, il primo fra i piloti della Formula 1 e il
primo “privato” avrebbero ricevuto entrambi in premio una M1 nuova.
Scheda Tecnica
SCHEDA TECNICA BMW M1 (1978-1981)
Motore
Posizione posteriore/centrale Numero cilindri 6
Disposizione in linea Alesaggio 93,3 mm Corsa 84 mm
Cilindrata 3.453 cc
Rapporto di compressione 9:1
Potenza massima 277 CV a 6.500 giri
Coppia massima 33,6 kgm a 5.000 giri
Distribuzione due alberi a camme in testa, 4 valvole per cilindro
Alimentazione iniezione meccanica Kugelfischer con tre collettori a doppia
farfalla, diametro 46 mm
Accensione elettronica Magneti-Marelli priva di contatti, controllata dal
volano
Lubrificazione forzata, carter secco, radiatore olio, capacità carter 8
litri
Raffreddamento ad acqua, circolazione forzata, due ventilatori a innesto
elettromagnetico, capacità circuito 20 litri
Impianto elettrico 12 Volt Alternatore 910 W Batteria 55 Ah
Trasmissione
Trazione posteriore Frizione Fichtel & Sachs bidisco a secco con comando
idraulico
Cambio manuale ZF a cinque marce
Rapporti del cambio l 2,42; ll 1,61; lll 1,14; lV 0,846; V 0,704; RM 2,86
Differenziale autobloccante al 40%
Rapporto al ponte 4,22
Pneumatici Pirelli P7, anteriori 205/55 VR 16, posteriori 225/50 VR 16
Cerchi in lega leggera anteriori 7” x 16”, posteriori 8” x 16”
Corpo vettura
Tipo telaio tubolare in acciaio con pannelli di rinforzo
Tipo carrozzeria coupé due porte, in materiale plastico
Sospensioni anteriori indipendenti, doppio braccio con attacchi alle ruote
in lega leggera, molle a elica, barra antirollio, ammortizzatori a gas
telescopici
Sospensioni posteriori indipendenti, doppio braccio (inferiore trapezoidale)
con attacchi alle ruote in lega leggera, molle a elica, barra antirollio,
ammortizzatori a gas telescopici
Freni a disco ventilati con servofreno, doppio circuito, riduttore di frenata
servoassistito sull’assale posteriore
Sterzo a cremagliera, colonna a due giunti regolabile in lunghezza
Capacità serbatoio carburante 116 litri (2 x 58 litri)
Dimensioni (in mm) e peso
Passo 2.560 Carreggiata anteriore 1.550 Carreggiata posteriore 1.576
Lunghezza 4.360 Larghezza 1.824 Altezza 1.140
Altezza minima da terra 125
Peso a vuoto 1.290 kg
Prestazioni
Velocità massima 262 km/h
Consumo carburante 12,8 litri/100 km a 130 km/h
Accelerazione da 0 a 100 km/h 5,5 sec