Indy: la 2+2 del geometra
Introduzione
Dietro alle linee stupende
della Maserati Indy, nata nel 1969 con motore 8V da 4200 cc e cresciuta
nel 1973 a 4,9 litri, non c'è la matita di un famoso stilista, ma
l'ingegno
di un disegnatore tecnico passato alla storia con un soprannome volutamente
sottotono.
Nel 1969, alla Maserati si pose il problema della sotituzione della Mexico, la squadrata coupé 2+2 della Casa ormai messa in crisi dal debutto della spettacolare concorrente Lamborghini Espada. Con la nuova Gt di Sant'Agata Bolognese, infatti, Bertone aveva dimostrato l'inconsistenza dell' antica convinzione che le linee e le prestazioni estreme fossero necessariamente incompatibili con la classe, il gran comfort e la spaziosità per quattro persone.
L'ardita e accogliente 2+2 della Lamborghini costrinse così gli altri creatori di supercar dell'epoca alla rincorsa. Fra loro l'ingegner Giulio Alfieri, progettista della Maserati, che raccolse la sfida chiamando in gara fra loro diversi stilisti e incaricandoli di vestire una Gran Turismo con quattro veri posti e di renderla così attraente da suscitare le stesse emozioni della Ghibli, modello di punta della Maserati per sportività ma capace di due soli posti.
In pratica, Alfieri raccomandò di rinnegare i concetti formali classici espressi dalla Mexico. Alcune proposte di stile per la nuova 2+2 furono subito bocciate sulla carta, ma due di queste, la Simun di Ghia e la Indy di Vignale, arrivarono a confrontarsi al Salone di Torino del 1968 come prototipi marcianti.
Dietro alle linee stupende della Maserati Indy, nata nel 1969 con motore 8V da 4200 cc e cresciuta nel 1973 a 4,9 litri, non c'è la matita di un famoso stilista, ma l'ingegno di un disegnatore tecnico passato alla storia con un soprannome volutamente sottotono.
Nel 1969, alla Maserati si pose il problema della sotituzione della Mexico, la squadrata coupé 2+2 della Casa ormai messa in crisi dal debutto della spettacolare concorrente Lamborghini Espada. Con la nuova Gt di Sant'Agata Bolognese, infatti, Bertone aveva dimostrato l'inconsistenza dell' antica convinzione che le linee e le prestazioni estreme fossero necessariamente incompatibili con la classe, il gran comfort e la spaziosità per quattro persone.
L'ardita e accogliente 2+2 della Lamborghini costrinse così gli altri creatori di supercar dell'epoca alla rincorsa. Fra loro l'ingegner Giulio Alfieri, progettista della Maserati, che raccolse la sfida chiamando in gara fra loro diversi stilisti e incaricandoli di vestire una Gran Turismo con quattro veri posti e di renderla così attraente da suscitare le stesse emozioni della Ghibli, modello di punta della Maserati per sportività ma capace di due soli posti.
In pratica, Alfieri raccomandò di rinnegare i concetti formali classici espressi dalla Mexico. Alcune proposte di stile per la nuova 2+2 furono subito bocciate sulla carta, ma due di queste, la Simun di Ghia e la Indy di Vignale, arrivarono a confrontarsi al Salone di Torino del 1968 come prototipi marcianti.
Gli interni
L' opulenza dei rivestimenti interni in
pelle color champagne contrasta piacevolmente col color visone metallizzato
della carrozzeria ed è una scelta caratteristica delle vetture della
prima
metà degli anni '70.
La
strumentazione, più semplice rispetto a quelle di alcune GT italiane e
straniere del medesimo periodo, includeva tre indicatori principali, collocati
di fronte al guidatore, e tre ausiliari, integrati nella consolle centrale.Da
notare il vano bagagli insolitamente ampio e facilmente accessibile e le
due poltrone singole posteriori, molto più comode ed accoglienti della
classica, e più diffusa, panchetta.
L' opulenza dei rivestimenti interni in
pelle color champagne contrasta piacevolmente col color visone metallizzato
della carrozzeria ed è una scelta caratteristica delle vetture della
prima
metà degli anni '70.
La
strumentazione, più semplice rispetto a quelle di alcune GT italiane e
straniere del medesimo periodo, includeva tre indicatori principali, collocati
di fronte al guidatore, e tre ausiliari, integrati nella consolle centrale.Da
notare il vano bagagli insolitamente ampio e facilmente accessibile e le
due poltrone singole posteriori, molto più comode ed accoglienti della
classica, e più diffusa, panchetta.
La linea
Lo stile della nuova Maserati era a metà
strada fra quello un po' futuristico dell' Espada 400
GT di
Bertone e quello più sobrio della Ferrari 365 GT 2+2 di
Pininfarina.
Un accorto trattamento dei volumi le conferì un'estetica particolarmente
riuscita sia nel frontale sia nella coda, punto particolarmente difficile
data la presenza dei sedili posteriori.
E'
da mettere in rilievo come l'autore del progetto, firmato ufficialmente
da Vignale, fosse in realtà Virginio Vairo, noto nella
vita professionale
come "il geometra" e responsabile di fatto, all'epoca, del Centro
stile del carrozziere torinese, coadiuvato da Elio Mainardi, suo braccio
destro sul campo.
Vairo e Mainardi ebbero il merito di portare
in maggior risalto le linee curve, senza però rinnegare
ciò
che nella Ghibli c'era di buono: i fari a scomparsa, la calandra
delimitata dal paraurti, la fiancata tesa, i montanti centrali inclinati
all'indietro, il prolungamento grafico della linea del finestrino posteriore
e la coda tronca.
Fra le intuizioni felici di Vairo e Mainardi c'è anche quella d'aver previsto due eleganti poltroncine separate per i passeggeri posteriori, al posto della solita panchetta, e quella d'avere messo una griglia all'altezza degli scarichi per "chiudere la coda" dando grinta all'insieme. Per equipaggiare la Indy inizialmente fu scelto il propulsore più piccolo della gamma dei V8 Maserati. In questo modo il responsabile del progetto voleva rimarcare le qualità di grande stradista della vettura, senza porre un particolare accento sulle prestazioni.
Le immagini |
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Lo stile della nuova Maserati era a metà strada fra quello un po' futuristico dell' Espada 400 GT di Bertone e quello più sobrio della Ferrari 365 GT 2+2 di Pininfarina. Un accorto trattamento dei volumi le conferì un'estetica particolarmente riuscita sia nel frontale sia nella coda, punto particolarmente difficile data la presenza dei sedili posteriori. E' da mettere in rilievo come l'autore del progetto, firmato ufficialmente da Vignale, fosse in realtà Virginio Vairo, noto nella vita professionale come "il geometra" e responsabile di fatto, all'epoca, del Centro stile del carrozziere torinese, coadiuvato da Elio Mainardi, suo braccio destro sul campo. Vairo e Mainardi ebbero il merito di portare in maggior risalto le linee curve, senza però rinnegare ciò che nella Ghibli c'era di buono: i fari a scomparsa, la calandra delimitata dal paraurti, la fiancata tesa, i montanti centrali inclinati all'indietro, il prolungamento grafico della linea del finestrino posteriore e la coda tronca. Fra le intuizioni felici di Vairo e Mainardi c'è anche quella d'aver previsto due eleganti poltroncine separate per i passeggeri posteriori, al posto della solita panchetta, e quella d'avere messo una griglia all'altezza degli scarichi per "chiudere la coda" dando grinta all'insieme. Per equipaggiare la Indy inizialmente fu scelto il propulsore più piccolo della gamma dei V8 Maserati. In questo modo il responsabile del progetto voleva rimarcare le qualità di grande stradista della vettura, senza porre un particolare accento sulle prestazioni.
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