19 April 2016

Porsche, alfabeto 356

Pre-A, A, B e C; e ancora: T1, T2, T5 e T6. Per gli “aficionados”sono libri aperti, ma per chi vi si avvicina la prima volta possono creare più di un problema di comprensione. Sono molte le Porsche 356 nel mondo del collezionismo e chi non le conosce può pensare che siano delle VW sportive, tutte uguali e un po’ banali. Invece, sono ben altro...

STORIA

VEDIAMOCI CHIARO

PROGRAMMI

QUOTA 50.000

Nell’aprile dello stesso anno uscì da Züffenhausen la 50.000ª Porsche 356 e cessò la produzione delle Hard-Top Coupé. La carrozzeria Karmann, che costruiva il modello, a questo punto contribuì ad aumentare la produzione delle normali Coupé. Le scocche Karmann si distinguevano dalla targhetta del carrozziere sul montante della porta e dalle lamiere attorno all’apertura del cofano lisce invece di innervate. La Porsche confermò Karmann fra i fornitori anche nel luglio 1953 quando presentò la 356 C con la carrozzeria che rimase quella della B “T6”, tranne alcuni dettagli: la maniglia del passeggero ricoperta di plastica, la cornice del posacenere, i braccioli nelle porte, il vano porta guanti con chiusura magnetica invece di meccanica, le griglie d’alluminio anodizzato (erano cromate), la grafica delle scritte, gli schienali dei posti dietro più alti.

Nella gamma motori rimase il 2000 “quattro alberi” con 130 CV per l’esclusiva Carrera 2, mentre i 1600, ora con le valvole d’aspirazione più piccole e quelle di scarico più grandi, diventarono due: il Typ 616/15 con 75 CV per la 356 C e Typ 616/16 con 95 CV e l’albero a gomiti con contrappesi di bilanciamento per la 356 SC. Piccole modifiche nelle sospensioni ottennero grandi effetti: nel retrotreno la lama trasversale divenne optional e le barre di torsione con il diametro ridotto da 23 mm a 22 mm in combinazione con la barra antirollio anteriore più spessa di un millimetro diminuirono la tendenza ad allargare le curve.

Coi dischi cambia musica
Un’altra importante modifica riguardò i freni a disco. Non si trattò di quelli anulari con pinze interne concepiti dalla Porsche per le ultime 356 B Carrera, questioni di costi e di praticità fecero preferire un impianto Ate-Dunlop con dischi convenzionali, che in ogni modo migliorarono di molto la frenata. I dischi imposero mozzi diversi e di conseguenza cambiò il disegno dei cerchi e dei copri cerchi, tutti più piatti. Nel corso della produzione, che terminò nel 1965, le 356 C/SC cambiarono poco: nel 1964 la Carrera 2 fu tolta dal listino, mentre il contagiri elettronico sostituì quello meccanico e sui carburatori di destra fu applicato il “blow by” per i vapori dell’olio.

Scelta ragionata
Chiarite le principali caratteristiche tecnico-estetiche, la scelta dell’uno e dell’altro modello diventa questione di gusti e di disponibilità economiche. In generale, le prime 356 sono più “selvagge”, quelle successive sono progressivamente migliori come comfort e fruibilità. I motori più potenti danno più soddisfazione, ma al vertice ci sono i “quattro alberi” delle Carrera che hanno prezzi da alta collezione e manutenzione onerosa. Alla base delle quotazioni ci sono le 356 B con il motore “Dame”, si sale orientandosi sulle versioni precedenti e su quelle più potenti fra le recenti. Negli annunci di vendita si notano differenze anche rilevanti fra esemplari dello stesso modello, salvo “furbate”, dipende dallo stato di conservazione o restauro. Infatti, i migliori operatori riescono a raggiungere risultati eccezionali e uno stato pari al nuovo con un impegno che richiede molte ore di lavoro e ricambi di qualità.

MOTORE
Quattro alberi a camme in testa, nove alberi di rinvio, 14 coppie coniche, doppia accensione, carter secco, albero motore scomponibile, cuscinetti di banco a rotolamento, turbina di raffreddamento a doppia entrata. Questa l’incredibile carta d’identità del motore 1500 Typ 547/1, il primo della serie che equipaggiò le 356 Carrera. Era un rompicapo meccanico che per il montaggio richiedeva meccanici provetti e 120 ore di lavoro, 8 delle quali solo per la messa in fase. Progettandolo, l’ing. Ernest Fuhrmann si guadagnò il dottorato e la fiducia di Ferry Porsche, che inizialmente era scettico perché amava le cose semplici. Il “quattro alberi” girò la prima volta al banco il 2 aprile 1953 mostrando 112 CV. Era destinato alle “barchetta Sport” 550 Spyder, ma per agevolare i test a un certo punto equipaggiò la “Ferdinand”, la 356 Coupé che apparteneva a Ferdinand Porsche prima di approdare all’ufficio esperienze. Diventò una belva e tutti i dirigenti vollero provarla. L’entusiasmo fu tale che la “quattro alberi” battezzata 356 RS debuttò al Salone di Francoforte nell’autunno 1953.

Nel 1954 il motore “Fuhrmann” equipaggiò quattro 356 coupé e 14 Speedster. Intanto la denominazione era divenuta 1500 GS Carrera per evitare confusione con la 550 Spyder 1500 RS e per celebrare il successo nella Carrera Panamericana. Nel tempo il motore delle Carrera divenne 1600, quindi 2000. Nell’evoluzione conservò sempre la geniale doppia turbina di raffreddamento progettata in collaborazione con l’ing. Franz Xavier Reimspiess, ma a partire dal 1600 adottò un albero motore monolitico su bronzine invece di cuscinetti a rotolamento. Adottò pure il radiatore dell’olio che all’inizio non era stato previsto contando sulla eccezionale portata d’aria (1000 litri/secondo) delle giranti del raffreddamento, il cui convogliatore, per inciso, è l’elemento che a prima vista permette di riconoscere il motore “Fuhrmann” in vettura. Infatti è più largo e più basso di quello delle normali 356 ed è in posizione pressoché simmetrica rispetto al gruppo cilindri.

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