Il regolamento FIA per la classe GT1 fin dal 1994 prevede che le auto derivino da una produzione limitatissima, 25 esemplari, che può anche esistere in minima parte al momento dell’omologazione. È sufficiente che vi sia l’intenzione di produrre il modello da cui deriverà l’auto da corsa. Ciò naturalmente si presta alle interpretazioni più fantasiose ed a realizzare delle auto che sono più prototipi che GT.
Tale è la Porsche 911 GT1/96, versione estrema della nota 911, prodotta in un solo esemplare stradale (venduto a 1,5 milioni di marchi tedeschi), più due da competizione. Della versione successiva, 911 GT1/98, se ne produrranno invece 22 esemplari stradali e 11 da competizione in totale.
Anche Mercedes, che produce 25 esemplari della sua CLK-GTR, ha un corrispettivo almeno teorico nella gamma di serie. Diverso è il discorso di Toyota, che non ha alcuna gran turismo in produzione da cui fare una derivazione, nemmeno di facciata.
Il regolamento GT1 è però modificato per il 1998 e diventa sufficiente per l’omologazione un solo esemplare “street-legal”, a testimonianza della possibilità di avere una produzione in tal senso: “Dovevamo costruire un esemplare stradale - racconta John Day, responsabile della logistica e custode dell’heritage della Toyota Motorsport -; il regolamento diceva che l’auto dovesse essere disponibile per chiunque, entro un anno dall’ordine, a un prezzo non superiore a un milione di dollari”.
Toyota costruisce soltanto due esemplari targati della GT-One (denominata TS020 come auto da gara), che diventa la più estrema delle GT. Il telaio è prodotto da Dallara, mentre l’aerodinamica è frutto dello studio di Andrè De Cortanze, il francese che ha disegnato le Peugeot 905 vincenti nel 1992 e 1993. Anche l’assemblaggio è realizzato al di fuori del Giappone: nell’antenna tecnologica del Toyota Team Europe, con base a Colonia in Germania, la quale si occupa anche del progetto del telaio.
Il motore invece è tutto Toyota, l’RV36V-R, 8 cilindri a V di 90° da 3,6 litri, bialbero a 32 valvole, sovralimentato con due turbo Garrett e accreditato di 600 Cv a 6.000 giri (la stessa potenza dichiarata da tutti i Costruttori, ma in realtà è superiore a 700 Cv); è derivato da quello usato sulla Gruppo C di fine anni ‘80, alleggerito e adattato all’uso con i restrittori regolamentari all’ammissione usati per bilanciare la competitività delle auto.
La tecnica costruttiva della GT-One è del tutto simile a quella delle F1, con scocca in nido d’ape di alluminio rivestito di pelli di carbonio e motore con funzione portante. Le sospensioni sono a schema push-rod con doppio braccio trasversale e puntone di reazione, molle elicoidali, ammortizzatori idraulici e barre antirollio sulle quattro ruote; i freni sono a disco carboceramici. Della versione da competizione se ne assemblano in tutto cinque esemplari: la Toyota TS020 è a tutti gli effetti un prototipo, e la GT-One il suo esemplare “da omologazione”:
“Le sole differenze - continua Day - sono i dischi freno in acciaio, l’altezza da terra leggermente superiore, i rapporti del cambio più lunghi e lo scarico catalizzato.
Tutto il resto è uguale, a partire dal motore”. Questo per quanto riguarda la meccanica, ma all’interno l’abitacolo è più rifinito di quello da corsa, anche se in un modo che appare molto artigianale e realizzato con un investimento molto contenuto: il cielo, le porte e il cruscotto sono rivestiti di Alcantara, il pianale ha una morbida moquette rossa ma il piantone dello sterzo è quello di una Toyota Corolla, le cinture sono normalissime a tre punti, i comandi dell’aerazione sembrano fatti di Lego e il pulsante di avviamento è nascosto in profondità sotto il cruscotto, il sedile di guida è regolabile ma il comando è duro; insomma, non c’è la sensazione di essere seduti su una supercar: “La costruzione era affidata a un solo meccanico -interviene Day- a cui fu affidata una TS020 già costruita e dicendogli di farne una versione omologabile.”
Un’altra differenza tra la GT-One stradale e la TS020 da gara è data dal serbatoio della benzina, più piccolo sulla prima. Cosa che nel 1998 causa una controversia regolamentare, tra la Casa giapponese e le concorrenti. Il regolamento delle GT1 prevede infatti che l’auto abbia uno spazio per i bagagli: per ottenerlo, sulla GT-One tagliano il serbatoio per ottenere un vano per una valigia alle spalle dei sedili, e per questo le concorrenti accusano la Toyota di voler piegare le regole a proprio vantaggio:
“Era del tutto regolare – dice John Day – altrimenti non l’avrebbero omologata”. Il problema, per gli altri, è che gli uomini Toyota dichiarano che sull’auto da competizione il vano per la valigia è il serbatoio stesso, quando è vuoto di benzina… d’altra parte nel regolamento non è scritto che la valigia debba essere trasportata, ma soltanto che possa essere alloggiata! Cambio fragile Alla 24 Ore di Le Mans 1998 Toyota iscrive tre auto, ciascuna con un pilota di F1 in equipaggio: Ukyo Katayama, Martin Brundle e Thierry Boutsen.
Brundle riesce a mettere la sua in prima fila sulla griglia di partenza, di fianco alla Mercedes CLK che stabilisce la pole; le altre due fanno segnare il 7° e 8° tempo. Sono iscritte anche Porsche, con due GT1 e due Prototipi, Nissan, Ferrari, BMW con due Prototipi. In gara però sono sfortunate: soltanto una vede la bandiera a scacchi, in nona posizione; il punto debole è il cambio, che dà noie a tutte le tre auto, costringendo al ritiro quella di Boutsen mentre è al comando quando manca poco più di un’ora al termine della corsa. Le Toyota sono le più veloci in pista, ma non abbastanza affidabili. Vince la Porsche 911 GT1-98.
Per il 1999 cambiano le regole: non è più necessario avere l’esemplare di omologazione, tanto che a Le Mans la categoria diventa GTP, dove “P” sta proprio per prototipo. La GT-One targata diventa immediatamente obsoleta: “Quando cambiarono le regole – ricorda ancora John Day – decidemmo di non produrre delle GT-One da vendere, sarebbe stata soltanto una perdita di soldi. Saremmo stati obbligati a vendere a un prezzo non superiore al milione di dollari un’auto che a noi sarebbe costata circa il doppio.” La macchina targata sarebbe dovuta finire dal demolitore, invece fu tenuta all’interno del team, a Colonia, in una specie di piccolo museo da cui è stata tirata fuori per scattare queste foto. Da allora non è stata quasi mai avviata, ha percorso in tutto circa 25 km; è praticamente nuova, anche se ormai avrebbe bisogno di essere rimessa in condizioni marcianti, ma andrebbe smontata completamente e Toyota Motorsport preferisce mettere i soldi nei progetti di corse. Se anche si assegnasse un budget alle auto del museo, le auto da competizione avrebbero la precedenza.
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