04 January 2016

Suzuki LJ80 / SJ413, la storia dalle origini

Contenuta nelle dimensioni, si prestava all’uso come seconda auto cittadina. Grazie alla trazione integrale inseribile e al telaio a longheroni, era una delle migliori fuoristrada, ideale per il fine settimana; e, per gli stessi motivi e la linea simpatica, piaceva alle donne. Così, divenne di moda e trascinò per anni il segmento 4x4...

INIZI

La Suzuki Motor Corporation presenta nel 1970 la sua prima fuoristrada 4x4 commerciale, denominata LJ10. Ha un’impostazione tecnica classica, con telaio a longheroni, ponti rigidi e balestre longitudinali, motore anteriore, cambio a 4 velocità con riduttore ripartitore. Progettata e sviluppata per il mercato interno - le cui normative favoriscono le microvetture - monta un bicilindrico 2 tempi di 359 cc raffreddato ad aria da 24 CV a 5.500 giri e una coppia di 3,4 kgm a 5.000 giri. Dimensioni ridottissime (meno di 3 metri di lunghezza e 1,29 metri di larghezza), massa inferiore ai 600 kg e pneumatici 6x16” garantivano agilità e prestazioni fuoristradistiche di tutto rispetto.

Nel 1972 viene presentato il modello LJ20, che si differenzia dal precedente per il motore raffreddato a liquido (potenziato a 29 CV) e per la disponibilità di una versione con carrozzeria chiusa interamente metallica (LJ20V). Per l’esportazione sono realizzate anche le versioni con guida a sinistra, alcune migliaia delle quali importate negli USA dalla californiana IEC che le commercializza con il nome Brute IV. Le richieste dai mercati esteri e le nuove normative giapponesi in materia di microvetture - lunghezza massima ammessa da 3 a 3,2 metri e cilindrata da 350 a 550 cc - permettono nuovi sviluppi. A metà degli anni ’70 arriva la LJ50, con motore 3 cilindri 2 tempi di 539 cc raffreddato a liquido da 26 CV a 5.500 giri e una coppia di 5,2 kgm a 3.500 giri. La ruota di scorta esterna aumenta il numero di posti da 3 a 4; notevole il successo nell’esportazione, soprattutto in Australia e Nuova Zelanda dove ancor oggi è diffusa e apprezzata. La volontà di aumentare la penetrazione nei mercati stranieri porta allo sviluppo di un modello specifico.

Nel 1977 nasce così la LJ80, simile alla precedente per impostazioni e dimensioni ma equipaggiata con un motore a 4 tempi e 4 cilindri (797 cc, 41 CV a 5.500 giri, 6 kgm a 3.500 giri) riconoscibile per il cofano maggiorato e con quattro feritoie anteriori. Dall’ottobre 1978 inizia la produzione della seconda serie, che si differenzia per alcuni aspetti estetici e migliorie meccaniche. Il mercato dei fuoristrada in quel momento è in pieno fermento a livello mondiale e alla Suzuki, nonostante il successo della LJ80, non rimangono con le mani in mano. Gli ingegneri giapponesi riprogettano completamente la vetturetta. Pur mantenendo l’impostazion generale, una lunga serie di migliorie e ottimizzazioni portano a un piccolo capolavoro, presentato nel 1981: è la SJ410. Il motore cresce a 970 cc con più potenza e coppia, passo allungato di 100 mm, sospensioni ammorbidite, interno più accogliente con maggior visibilità e quattro posti rivolti in senso di marcia, meccanica robusta e affidabile, linea moderna e aggressiva: sono gli elementi che ne decretano un successo commerciale senza precedenti.

SJ413

Dopo altri tre anni è lanciata sul mercato la SJ413, con cilindrata incrementata a 1.324 cc, cambio a 5 rapporti e ulteriori modifiche per migliorare prestazioni stradali e comfort. Non è un passaggio epocale come quello tra la LJ80 e la SJ410 ma, per questo, in Suzuki stanno già lavorando a quella che sarà la Vitara. La politica protezionistica italiana in tema di automobili giapponesi complica la vita a quanti, convinti delle notevoli potenzialità di queste piccole fuoristrada, vogliono diffondere le LJ anche in Italia. A parte pochi casi sporadici riguardanti i modelli a 2 tempi, soltanto verso la fine degli anni ’70 si ha una timida presenza di LJ80 introdotte da importatori paralleli.

Nel luglio 1980 però, con la presentazione alla stampa da parte dell’Autoexpò di Ora (BZ), la LJ80 entra ufficialmente (ancorché contingentata) nel nostro paese. Proprio a causa delle scarsissime quantità concesse, l’importatore altoatesino limita l’offerta al modello LJ80Q (carrozzeria torpedo con capottina in tela e porte metalliche). Le LJ80 “ufficiali” italiane hanno alcune opzioni di serie che generalmente comprendono accendisigari e posacenere, riscaldamento abitacolo, roll-bar con relativa imbottitura, cinture di sicurezza autoavvolgenti, parafanghi posteriori in gomma e cerchi ruota bianchi. I primissimi esemplari giunti in Italia hanno pneumatici 6x16” con battistrada tipo “military” (in alcuni casi su cerchio standard nero) successivamente sostituiti da “M+S” di pari misura più adatti all’impiego misto.

Dal 1982 l’omologazione italiana, come già da tempo quella tedesca, è estesa anche ai pneumatici da 15” (FR78-15). Le LJ80 sono offerte solo in versione autocarro 2 posti, ma con gli strapuntini posteriori smontati normalmente consegnati al cliente. Tra gli accessori a disposizione c’è l’hard-top in vetroresina. Al tempo del lancio, il prezzo di listino della Autoexpò è di 8.230.000 lire (Iva 14% compresa). Attraverso l’importazione parallela arrivano anche alcune versioni “V” con carrozzeria chiusa e torpedo con porte in tela. Non risulta siano stati importati pickup LJ81. La LJ80 è presente nei listini italiani dal novembre 1980 al marzo del 1982, quando viene sostituita dalla SJ410. Con il modello SJ410 il successo è travolgente, nonostante il prezzo elevato (oltre 11 milioni di lire). Le problematiche di approvvigionamento vengono superate con la disponibilità delle Santana, le SJ prodotte in Spagna per aggirare le barriere doganali. Stessa sorte per il modello SJ413: disponibile inizialmente solo di produzione giapponese, poi affiancato dalla “spagnola”. La “suzukina” è la prima a diffondere la fuoristrada come seconda auto di famiglia.

LJ80

Sulla LJ 80, come sulle versioni precedenti e quelle che seguiranno, l’impostazione è classica e prevede motore anteriore, carrozzeria su telaio a longheroni a sezione rettangolare, con elementi trasversali di rinforzo che servono anche per l’ancoraggio degli organi meccanici; sospensioni a ponte rigido e balestre longitudinali davanti e dietro. Il cambio è a 4 velocità (tutte sincronizzate) con riduttore- ripartitore e trazione posteriore (anteriore inseribile). La carrozzeria è caratterizzata da una linea vecchio stile con un frontale personale, i parafanghi che sporgono dalle fiancate e la ruota di scorta posteriore che assolve anche la funzione di paraurti. Il piccolo motore è progettato appositamente: è un quattro tempi quattro cilindri in linea caratterizzato da corsa lunga, buona potenza specifica e coppia massima erogata ad un regime piuttosto basso.

L’albero motore poggia su cinque supporti di banco, la distribuzione è ad albero a camme in testa comandato da cinghia dentata. Distributore e filtro aria sono montati nella zona più alta per migliorare le capacità di guado. Ordine e logica regnano nella disposizione di organi e cavi. Il cambio a 4 marce sincronizzate è collegato a un gruppo riduttore-ripartitore che permette quattro opzioni: trazione alle sole ruote posteriori (H2), trazione alle quattro ruote (H4), folle (N), trazione ridotta alle quattro ruote (L4). La gestione della trazione avviene mediante una corta leva sul tunnel dietro a quella del cambio, il passaggio da 2 a 4 ruote motrici (e viceversa) può essere effettuato anche in velocità purché con sterzo diritto, mentre l’inserimento delle ridotte richiede l’arresto del veicolo. Gli alberi di trasmissione anteriore e posteriore hanno manicotti scorrevoli e giunti cardanici.

L’impiego di materiali ad elevata resistenza permette di avere dimensioni quasi lillipuziane. I giochi della trasmissione sono molto contenuti, a testimonianza di elevate precisioni meccaniche e ottima qualità di montaggio. Avantreno e retrotreno sono a ponte rigido con balestre longitudinali semiellittiche sovradimensionate (davanti rovesciate con 4 foglie, dietro diritte con 5 foglie) e ammortizzatori idraulici telescopici a doppio effetto. I freni sono idraulici a tamburo e il freno a mano è posizionato all’uscita del gruppo riduttore che agisce sulla trasmissione. Lo sterzo è a circolazione di sfere con ammortizzatore per ridurre le reazioni in fuoristrada.

SJ410
L’impostazione tecnica è invariata rispetto alla LJ80. La carrozzeria invece è totalmente rinnovata, caratterizzata da una linea moderna e grintosa che fa apparire la vettura più grande. Il frontale è sempre piuttosto personale e la ruota di scorta è ancora fissata dietro con funzione di paraurti. Di serie per tutti i modelli c’è un arco in lamiera scatolata che assolve varie funzioni: antiribaltamento (roll-bar), attacco cinture di sicurezza nonché centina per la capottina. Quattro le versioni inizialmente offerte: SJ410 (carrozzeria torpedo con capottina e mezze porte metalliche), SJ410Q (carrozzeria torpedo con capottina e porte metalliche), SJ410V (carrozzeria chiusa interamente metallica) e SJ410K “Pickup” (furgoncino cassonato con cabina metallica e passo allungato). In Italia sono importate ufficialmente solo la “Q” e la “V” disponibili in versione base e “lusso” indicate con sigle diverse a seconda del periodo. La versione “lusso” si distingue principalmente per i sedili anteriori più avvolgenti con poggiatesta e per la capottina con la finestratura posteriore in due parti triangolari così da occultare la centina di acciaio tropicalizzato. La centina posteriore monta pure un archetto supplementare che, aumentando la tensione della capottina, migliora il comfort di marcia. Il motore conserva la precedente architettura ed è migliorato sempre nell’ottica dell’impiego in fuoristrada: eroga 4 CV in più allo stesso numero di giri e una coppia maggiore a un regime più contenuto. E’ montato con un’inclinazione di circa 15° per limitare l’altezza del cofano e migliorare la visibilità. Il cambio, sempre a 4 marce tutte sincronizzate, è stato rivisto. Viene comandato dalla leva eliminando i rinvii che rendevano meno precisi e veloci gli innesti in quello della LJ80. Il telaio è modificato con l’aumento del passo di 100 mm, la sezione dei longheroni maggiorata e ancoraggi modificati. In particolare, i nuovi ponti con scatole differenziale asimmetriche hanno permesso di disporre il gruppo riduttore-ripartitore e gli alberi di trasmissione in posizione più elevata, riducendo la notevole inclinazione dell’albero di collegamento tra cambio e riduttore che caratterizzava la LJ80. Le sospensioni sono ammorbidite, con le balestre anteriori che passano da 4 a 3 foglie e le posteriori da 5 a 4.

La nuova carrozzeria permette migliore abitabilità, con quattro posti in senso di marcia. Modesto lo spazio per i passeggeri posteriori, che però beneficiano di una migliore accessibilità: per accedere ai sedili posteriori della LJ80 bisognava svincolare e ruotare il supporto della ruota di scorta, aprire cerniere, bottoni e lacci della capottina, sollevarla e aprire i fermi della sponda posteriore. Nella SJ410, come nella maggior parte delle 3 porte, si accede ribaltando il sedile anteriore (nello specifico quello del passeggero). Con quattro passeggeri lo spazio per i bagagli è minimo. Viaggiando in due, invece, si gode della buona abitabilità anteriore e del notevole spazio ottenuto ribaltando e piegando la panchina posteriore. A partire dal luglio 1983, sugli esemplari per l’Europa vengono introdotti alcuni miglioramenti. Primo tra tutti il nuovo impianto frenante costituito da dischi anteriori e tamburi auto registranti posteriori. I progettisti hanno previsto dischi di grande diametro con pinze in posizione elevata, per garantire affidabilità in caso di affaticamento e dopo l’attraversamento di guadi e fangaie.

Modifiche ci sono anche per l’assale anteriore e il circuito frenante. Nello stesso periodo viene modificato il gruppo riduttore-ripartitore che ha rapporti diversi e una maggior capacità per il lubrificante. Modifiche all’impianto elettrico, ora protetto da un maggior numero di fusibili. Sempre nel 1983 inizia la produzione della SJ410W “Long Body” con carrozzeria torpedo, capottina e porte metalliche sul medesimo passo allungato (2.375 mm) della Pickup. Viene proposta in due versioni: standard canvas type (altezza 1.815 mm) e high canvas type (altezza 1.910 mm). Dal 1985 ulteriori modifiche sono realizzate per armonizzare la produzione con quella della neonata SJ413. L’impostazione e le misure sono invariate, ma sotto il cofano batte un nuovo 1.325 cc, sempre a benzina, da 63 CV a 6.000 giri e la rispettabile coppia di 10,6 kgm a 3.500 giri. Per mantenere la distribuzione dei pesi equilibrata il blocco motore è in lega. L’impianto di raffreddamento ha ora una ventola a sei pale con giunto viscostatico, per essere efficace ma anche ridurre i tempi di riscaldamento. Molti gli interventi per migliorare il comfort: il cambio ha 5 rapporti, con la quinta di riposo. Le sospensioni sono state ammorbidite ancora e compare una barra all’avantreno. Davanti ci sono sedili anatomici e la panchina posteriore è più imbottita (cosa che riduce lo spazio per i bagagli). Nell’estetica è modificato il frontale con una nuova mascherina (ora di plastica), leggermente rialzato il cofano (il nuovo motore ci sta un po’ stretto), arricchita la strumentazione con il contagiri. Oltre alle classiche versioni a passo corto e lungo compare a listino la “Highroof”, a carrozzeria chiusa con tetto rialzato. Comoda ma sgraziata nell’estetica, non riscuoterà molto successo.

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