19 April 2016

Porsche, alfabeto 356

Pre-A, A, B e C; e ancora: T1, T2, T5 e T6. Per gli “aficionados”sono libri aperti, ma per chi vi si avvicina la prima volta possono creare più di un problema di comprensione. Sono molte le Porsche 356 nel mondo del collezionismo e chi non le conosce può pensare che siano delle VW sportive, tutte uguali e un po’ banali. Invece, sono ben altro...

STORIA

Cilindrate da 1.100 a 2.000 cc, velocità da 140 a 210 km/h, carrozzerie aperte e chiuse, prezzi da 40.000 euro a cinque volte tanto: non è facile orientarsi nell’universo Porsche 356. La bussola è la cultura del modello, che è tenuta viva dalla Casa ed è coltivata dai “porschisti” per piacere personale e per relazionarsi fra loro. Chi non ha una 356 di solito la prende in considerazione per il prestigio del marchio o pensando alle gare di regolarità invernali, dove la motricità sulla neve e il raffreddamento ad aria sono un vantaggio.

L’universo Porsche 356 è variegato e cangiante: ci sono le copie in plastica, le coupé trasformate in spider, quelle aggiornate ai gusti personali e quelle “giuste” in oltre 50 combinazioni di carrozzeria e motore. Qui parliamo delle coupé premettendo che l’evoluzione ha seguito criteri tecnici (perfezionamento della meccanica), industriali (semplificazione dei processi produttivi e distacco dalla componentistica Volkswagen), normativi (adeguamento all’evolversi delle leggi sulla circolazione) e commerciali con un particolare riguardo per l’importante mercato americano. I nomignoli Gmünd e Pre-A, le lettere A, B, C e le sigle T1, T2, T5, T6 fissano le principali tappe evolutive. Si definiscono Gmünd i primi esemplari, una cinquantina, dal nome del paese austriaco dove nacquero fra il 1948 e il 1949 con il motore derivato Volkswagen, il telaio in lamiera e la carrozzeria in alluminio.

FERRY PORSCHE
La veste aerodinamica esaltò le doti del propulsore e presto l’ex segheria di Gmünd non riuscì più a far fronte alle richieste. Perciò, Ferry Porsche prese in affitto uno stanzone nella carrozzeria Reutter a Stoccarda-Züffenhausen e iniziò la costruzione in serie con criteri industriali. L’acciaio sostituì l’alluminio nella scocca ridisegnata tenendo presente la minor duttilità del materiale. La linea divenne meno morbida, il Cx perse qualche punto, il peso aumentò, ma la produzione divenne più rapida. Il 21 marzo 1951 si festeggiò la 500ª vettura, poco dopo debuttarono i tamburi dei freni in alluminio, gli ammortizzatori telescopici sull’asse posteriore e le opzioni del volante arretrato e del motore 1300 (Typ 506).

Il 28 agosto si festeggiò la millesima 356 mentre si completava il trasferimento della produzione nello stabile di fronte alla Reutter, tornato nella disponibilità dei Porsche dopo le vicissitudini della guerra. Intanto le 356 si facevano onore nelle corse. Fra le vittorie di classe ricordiamo quella dell’importatore francese nella 24 Ore di Le Mans e quella di Max Hoffman il 28 ottobre sul Mont Equinox (Vermont, USA) non perché fosse una gara importante, ma perché Hoffman era l’importatore americano e contribuì al grande successo delle 356 negli Stati Uniti.

VEDIAMOCI CHIARO

Torniamo alla produzione: nell’aprile 1952 il parabrezza con un accenno di spigolo centrale, ma unito e senza divisorio, migliorò la visibilità. Modifiche minori riguardarono la modanatura sul cofano più spessa, la luce targa combinata con la luce della retromarcia invece dello stop, il comando dei lampeggiatori sul piantone, i listelli delle porte in metallo anziché di legno, il nuovo pomello del cambio al posto di quello VW, gli sportellini scorrevoli del riscaldamento ai lati del pavimento, la strumentazione con le cifre verdi e il contagiri di serie. In giugno, mentre i paraurti erano staccati dalla carrozzeria e acquistavano una modanatura lucida, debuttava il modello 1500 con il motore Typ 527 di 1488 cc, capace di 60 CV con l’albero a gomiti su cuscinetti a rotolamento. In ottobre, in coincidenza con i “model year” 1953 la 1500 fu affiancata dalla 1500 Super con 70 CV (motore Typ 528) e dalla 1500 “Dame” (motore Typ 546) con 55 CV e l’albero motore su bronzine.Il diametro dei tamburi dei freni passò da 230 mm a 280 mm, il volante a due razze VDM con semianello per il clacson sostituì il precedente, le luci posteriori diventarono due per parte: sopra quelle di posizione, sotto i lampeggiatori; infine i rapporti alti del cambio adottarono i sincronizzatori Porsche, il cui brevetto fu ceduto ad altri e contribuì alla floridezza economica dell’azienda. Nel 1953 la Casa definì il proprio stemma combinando l’emblema del Baden-Württemberg con la cavallina di Stoccarda.

Nello stesso anno la Fletcher Aviation acquistò la licenza del motore 356 per usi aeronautici e suggerì di abbandonare il carter motore VW per sviluppare il nuovo carter in tre pezzi che poi equipaggiò anche le 356 “model year 1955”. Ma torniamo al “model year 1954” (Salone di Parigi 1953), che vide l’impiego di materiale insonorizzante, nuovi sedili, il lavavetro, due ganci appendiabiti, lo strumento del livello del carburante (prima s’infilava un’astina nel serbatoio), le trombe Bosch sotto griglie in zama solidali con i lampeggiatori, la maniglia sul cofano con lo stemma della Casa, i tergicristalli paralleli, il lavacristalli, i pomelli di nuovo disegno e l’optional del tetto apribile. Fra i motori arrivò il 1300 Super (Typ 589) con la stessa potenza del 1500 Typ 527, che perciò fu tolto dal listino. Poco dopo il normale 1300 adottò la corsa e l’alesaggio del 1300 Super e diventò Typ 506/1 mantenendo la stessa potenza di 44 CV. Nel 1955 l’alluminio sostituì la zama nelle griglie delle trombe, mentre i modelli USA adottarono la scritta Continental sui parafanghi anteriori.

SIGLA T1
A metà anno si videro i primi effetti del Technische Programm 1, noto agli appassionati con la sigla T1: le sospensioni abbandonarono gli elementi VW e adottarono uno schema con effetto sottosterzante. Lo sterzo divenne più reattivo, perciò fu aggiunto un ammortizzatore idraulico fra il braccio Pitman e il tubo inferiore della barra di torsione. Lo sviluppo completo del programma T1 si vide al Salone di Francoforte nel settembre 1955. La scocca del nuovo modello, che prese la sigla 356 A, fu ridefinita nella zona dei brancardi (fascioni sottoporta), che divennero dritti, nel padiglione che ospitò un parabrezza uniformemente curvo e nel cruscotto ora saldato e non imbullonato al corpo vettura. Cambiarono inoltre la disposizione delle luci posteriori (in orizzontale), quella degli strumenti e i modelli USA adottarono i tubi di rinforzo nei paraurti. Tutto ciò comportò un aumento di peso di circa 60 kg. Il motore 1100 sparì dalla gamma, mentre i 1500 ad aste e bilancieri furono sostituiti dai 1600 Typ 616/1 con 60 CV e 1600 Super (Typ 616/2) con 70 CV, tutti con albero motore su bronzine.

I cuscinetti di rotolamento rimasero solo sul nuovo modello GS Carrera con il motore 1500 Typ 527/1 con quattro alberi in testa e 100 CV. In tutte le versioni gli pneumatici con diametro di 15” rimpiazzarono quelli da 16”. Il 12 marzo 1956 si festeggiò la 10.000ª 356 e in quell’anno cambiò solo la scritta, European invece di Continental, nei modelli USA. Intanto i tecnici elaboravano il programma T2, che debuttò nel settembre 1957 al Salone di Francoforte presentando la scatola sterzo ZF, i carburatori Solex 32ND1X, la frizione con molla a diaframma, la leva del cambio arretrata e gli scarichi nei rostri del paraurti (tranne le Carrera). In linea con le norme di sicurezza americane, le porte adottarono riscontri tridimensionali per evitarne l’apertura in caso d’incidente, mentre il lunotto e la fanale ria ampliati migliorarono la visibilità e, con lei, la sicurezza attiva. Debuttarono in questo contesto i fanali posteriori a goccia (inizio 1957) mentre sparì la parte centrale dei rinforzi del paraurti posteriore tipo USA perché i “policeman” osservarono che ostacolava la lettura della targa.

PROGRAMMI

Vi furono inoltre alcuni spostamenti: la luce della targa passò da sopra a sotto, la plafoniera dalla plancia al soffitto, il posacenere dalla plancia a sotto la plancia, mentre il tachimetro e lo strumento della temperatura olio/livello carburante cambiarono posizione. Fra gli optional debuttarono i copri-ruota con lo stemma Porsche. La variante Carrera, ora con freni potenziati, si sdoppiò nelle versioni Luxe, più accessoriata, e GT con 110 CV, finiture semplificate, sedili a guscio, trasparenti posteriori in plexiglas. Un aspetto poco noto del programma T2 è che, con l’obbiettivo di aumentare il comfort, si invertirono i sedili, le gomme e i tappeti in una 356 con quelli di una Citroën DS. D’acchito la 356 prese alcune caratteristiche della DS e viceversa. I componenti furono perciò analizzati per determinarne l’influenza e si prese il meglio. I sedili più comodi e regolabili su più posizioni, la frizione più leggera con la molla a diaframma, il cambio e lo sterzo più manovrabili giustificarono lo slogan “Potenza ed eleganza sulla punta delle dita” enunciato nei depliant del nuovo modello. La “T2” rimase però una vera Porsche, cioè autenticamente sportiva, divenne solo più matura e fruibile.



L’ufficio tecnico non dormì sugli allori. Avviò e scartò il programma T3 per un motore con contralbero di equilibratura, dedicò il programma T4 a un altro veicolo, infine avviò il programma T5 per aggiornare la 356 alle mutate esigenze del mercato USA. Nacque così la 356 B con la scocca interamente rivista, che debuttò nel settembre 1959 al Salone di Francoforte con i fari e i paraurti più alti secondo le nuove norme americane, le griglie sopra e sotto i paraurti, i nuovi indicatori di direzione e una nuova maniglia sul cofano. L’abitacolo divenne più luminoso grazie alle superfici vetrate ampliate e più accogliente grazie al maggiore utilizzo di materiale insonorizzante, ai sedili più comodi e avvolgenti, al volante a calice con tre razze, alla leva del cambio di nuova foggia e ai deflettori di serie. Altre modifiche riguardarono lo specchio esterno spostato dal parafango alla porta e gli schienali dei sedili posteriori abbattibili separatamente. I miglioramenti meccanici portarono il cambio Tipo 716 interamente sincronizzato e la frenata potenziata. Dalla gamma dei motori sparì il 1300 mentre i 1600 ad aste e bilancieri diventarono tre: “Dame” (60 CV), Super 75 (75 CV), e Super 90 (90 CV). I raffinati “quattro alberi” passarono dai cuscinetti a rulli alle bronzine; il 1500 divenne così Typ 692/1 ed equipaggiò la Carrera GT dedicata alle corse nella classe 1500, mentre la Carrera Luxe adottò il nuovo 1600 Typ 692/2 con 105 CV.



VELOCI
Le versioni più veloci, a partire dalla Super 90, adottarono gli pneumatici radiali di serie e le molle a passo differenziato sull’asse posteriore. Nel 1960 la classica coupé fu affiancata dalla Hard-Top Coupé costruita dalla carrozzeria Karmann saldando il tetto rigido alla scocca della Cabriolet. Nel gennaio 1961 uscì da Zuffenhausen la 40.000ª Porsche 356. Nell’estate dello stesso anno divenne operativo il programma T6, avviato con l’obiettivo di ottimizzare la ventilazione dell’abitacolo. Nel curvano (la traversa di lamiera davanti al parabrezza) fu quindi aperta una griglia per prelevare l’aria fresca. Per impedire che si mescolasse con i vapori di benzina, il bocchettone di rifornimento fu spostato nel parafango destro sotto uno sportellino. La necessità di rivedere la scocca per le canalizzazioni dell’aria divenne l’occasione per ridisegnare altri pannelli di lamiera. Così nel frontale la ruota di scorta fu disposta più inclinata e la batteria fu spostata a destra nel vano bagagli, che fu rivestito in preformato e chiuso da un cofano più ampio e squadrato. Le superfici vetrate aumentarono ancora e sul cofano motore debuttò la doppia griglia, prima riservata alle sole 356 B Carrera. Infine, l’optional tetto apribile adottò l’azionamento elettrico. Fra i motori “quattro alberi” debuttò il 2 litri Typ 587, che diede origine al modello 2000 GS Carrera 2, dotato di freni a disco anulari Porsche a partire dal 1962.

QUOTA 50.000

Nell’aprile dello stesso anno uscì da Züffenhausen la 50.000ª Porsche 356 e cessò la produzione delle Hard-Top Coupé. La carrozzeria Karmann, che costruiva il modello, a questo punto contribuì ad aumentare la produzione delle normali Coupé. Le scocche Karmann si distinguevano dalla targhetta del carrozziere sul montante della porta e dalle lamiere attorno all’apertura del cofano lisce invece di innervate. La Porsche confermò Karmann fra i fornitori anche nel luglio 1953 quando presentò la 356 C con la carrozzeria che rimase quella della B “T6”, tranne alcuni dettagli: la maniglia del passeggero ricoperta di plastica, la cornice del posacenere, i braccioli nelle porte, il vano porta guanti con chiusura magnetica invece di meccanica, le griglie d’alluminio anodizzato (erano cromate), la grafica delle scritte, gli schienali dei posti dietro più alti.

Nella gamma motori rimase il 2000 “quattro alberi” con 130 CV per l’esclusiva Carrera 2, mentre i 1600, ora con le valvole d’aspirazione più piccole e quelle di scarico più grandi, diventarono due: il Typ 616/15 con 75 CV per la 356 C e Typ 616/16 con 95 CV e l’albero a gomiti con contrappesi di bilanciamento per la 356 SC. Piccole modifiche nelle sospensioni ottennero grandi effetti: nel retrotreno la lama trasversale divenne optional e le barre di torsione con il diametro ridotto da 23 mm a 22 mm in combinazione con la barra antirollio anteriore più spessa di un millimetro diminuirono la tendenza ad allargare le curve.

Coi dischi cambia musica
Un’altra importante modifica riguardò i freni a disco. Non si trattò di quelli anulari con pinze interne concepiti dalla Porsche per le ultime 356 B Carrera, questioni di costi e di praticità fecero preferire un impianto Ate-Dunlop con dischi convenzionali, che in ogni modo migliorarono di molto la frenata. I dischi imposero mozzi diversi e di conseguenza cambiò il disegno dei cerchi e dei copri cerchi, tutti più piatti. Nel corso della produzione, che terminò nel 1965, le 356 C/SC cambiarono poco: nel 1964 la Carrera 2 fu tolta dal listino, mentre il contagiri elettronico sostituì quello meccanico e sui carburatori di destra fu applicato il “blow by” per i vapori dell’olio.

Scelta ragionata
Chiarite le principali caratteristiche tecnico-estetiche, la scelta dell’uno e dell’altro modello diventa questione di gusti e di disponibilità economiche. In generale, le prime 356 sono più “selvagge”, quelle successive sono progressivamente migliori come comfort e fruibilità. I motori più potenti danno più soddisfazione, ma al vertice ci sono i “quattro alberi” delle Carrera che hanno prezzi da alta collezione e manutenzione onerosa. Alla base delle quotazioni ci sono le 356 B con il motore “Dame”, si sale orientandosi sulle versioni precedenti e su quelle più potenti fra le recenti. Negli annunci di vendita si notano differenze anche rilevanti fra esemplari dello stesso modello, salvo “furbate”, dipende dallo stato di conservazione o restauro. Infatti, i migliori operatori riescono a raggiungere risultati eccezionali e uno stato pari al nuovo con un impegno che richiede molte ore di lavoro e ricambi di qualità.

MOTORE
Quattro alberi a camme in testa, nove alberi di rinvio, 14 coppie coniche, doppia accensione, carter secco, albero motore scomponibile, cuscinetti di banco a rotolamento, turbina di raffreddamento a doppia entrata. Questa l’incredibile carta d’identità del motore 1500 Typ 547/1, il primo della serie che equipaggiò le 356 Carrera. Era un rompicapo meccanico che per il montaggio richiedeva meccanici provetti e 120 ore di lavoro, 8 delle quali solo per la messa in fase. Progettandolo, l’ing. Ernest Fuhrmann si guadagnò il dottorato e la fiducia di Ferry Porsche, che inizialmente era scettico perché amava le cose semplici. Il “quattro alberi” girò la prima volta al banco il 2 aprile 1953 mostrando 112 CV. Era destinato alle “barchetta Sport” 550 Spyder, ma per agevolare i test a un certo punto equipaggiò la “Ferdinand”, la 356 Coupé che apparteneva a Ferdinand Porsche prima di approdare all’ufficio esperienze. Diventò una belva e tutti i dirigenti vollero provarla. L’entusiasmo fu tale che la “quattro alberi” battezzata 356 RS debuttò al Salone di Francoforte nell’autunno 1953.

Nel 1954 il motore “Fuhrmann” equipaggiò quattro 356 coupé e 14 Speedster. Intanto la denominazione era divenuta 1500 GS Carrera per evitare confusione con la 550 Spyder 1500 RS e per celebrare il successo nella Carrera Panamericana. Nel tempo il motore delle Carrera divenne 1600, quindi 2000. Nell’evoluzione conservò sempre la geniale doppia turbina di raffreddamento progettata in collaborazione con l’ing. Franz Xavier Reimspiess, ma a partire dal 1600 adottò un albero motore monolitico su bronzine invece di cuscinetti a rotolamento. Adottò pure il radiatore dell’olio che all’inizio non era stato previsto contando sulla eccezionale portata d’aria (1000 litri/secondo) delle giranti del raffreddamento, il cui convogliatore, per inciso, è l’elemento che a prima vista permette di riconoscere il motore “Fuhrmann” in vettura. Infatti è più largo e più basso di quello delle normali 356 ed è in posizione pressoché simmetrica rispetto al gruppo cilindri.

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