19 January 2022

MOTORSPORT : Nissan Silvia 240 RS Gr. B

Il Gruppo B non fu soltanto fuoco e fiamme. C’erano anche auto più tradizionali, come la Nissan Silvia 240 RS. Non ha né turbo né 4wd ma è stata fortissima sugli sterrati più duri. L’abbiamo provata..

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Il Gruppo B non fu soltanto fuoco e fiamme. C’erano anche auto più tradizionali, come la Nissan Silvia 240 RS. Non ha né turbo né 4wd ma è stata fortissima sugli sterrati più duri. L’abbiamo provata Testo e foto di Tommaso Ferrari Per un breve, folle quanto affascinante periodo nella storia delle competizioni i regolamenti, le normative, le restrizioni cessarono quasi di esistere.

Niente condizioni, niente limiti, nessun freno all’ingegno umano. Il Gr. B, introdotto dalla FIA per sostituire il Gr. 4 e il Gr. 5 nei primi anni ’80 suscita rispetto e riverenza, per non dire timore. Le sue regole fondamentali del oggi fanno sorridere: auto a due posti affiancati, peso minimo in relazione alla cilindrata e larghezza delle gomme. Punto. Niente vincoli di potenza, trazione, aerodinamica, materiali, trasmissione o posizione del motore.

Le Case automobilistiche presero alla lettera la questione, ingolosite dal limite di soli 200 esemplari da costruire per avere l’omologazione; senza limiti alla pressione delle turbine o alla tecnologia dei materiali né ai metodi costruttivi nacquero dei mostri di kevlar e carbonio, vetture con prestazioni terrificanti e caratteri indomabili, affidate a piloti fenomenali.

Auto leggendarie come Audi Quattro S1, Peugeot 205 T16, Lancia Delta S4, MG Metro 6R4, Ford RS200… Se il Gr. 4 era un incontro di pugilato tra gentiluomini il Gr. B era una rissa senza esclusione di colpi. Molte auto - come la Delta S4 o l’Audi S1 - a fine carriera superarono i 500 Cv.

Le gare del Gr. B erano uno spettacolo sensazionale, con un solo difetto: i piloti morivano. E gli spettatori anche. Né turbo né 4wd L’aura di una delle categorie più avvincenti e impressionanti della storia però non smette di affascinare.

Ma all’escalation di potenza c’erano anche delle eccezioni, come la poco nota Nissan 240 RS, che oggi abbiamo la possibilità di guidare. La 240 RS è un’evoluzione della Nissan Violet GTS Gr. 4 e sotto quella carrozzeria squadrata come un gradino in pietra cela una meccanica piuttosto tradizionale, funzionale e affidabile: motore aspirato quattro cilindri da 2.340 cc, trazione posteriore, 265 Cv (poi saliranno a 280), carburatori Solex da 50 - niente iniezione stranamente - e cambio a cinque marce.

Rispetto alla Violet ci sono aspirazione e scarico maggiorati, bielle più robuste, pistoni più leggeri e rapporto di compressione di 11,5:1. La sovralimentazione era stata collaudata in gara con la Silvia Turbo Gr. 2 - sempre con Timo Salonen alla guida - e già si sperimentava il fenomenale sistema ATTESA-ETS a trazione integrale che debutterà nel 1989 con la Skyline R32.

Inoltre il monoblocco della 240 è in ghisa, a differenza della testa che è in alluminio. Il che fa sorgere una questione: come fa una spigolosa tre volumi a trazione posteriore e meno di 300 Cv a competere contro belve da 450-500 Cv e il doppio di ruote motrici? Semplice… non può. La 240 RS non è la protagonista di una favola dove la situazione si ribalta a sorpresa.

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Il classico Davide contro Golia. Non c’è partita. Tuttavia a metà anni Ottanta i Giapponesi, e la Nissan in particolare, punta molto sui mercati vicini e sull’Africa. Dunque il vantaggio della 240 RS sono la robustezza e l’affidabilità su sterrati duri e lunghe distanze. Al primo Safari Rally dell’era Gr. B, nel 1983, manca per un soffio la vittoria: Timo Salonen ha un’ora e mezzo di vantaggio sulla Opel Ascona 400 di Ari Vatanen quando gli uomini Nissan gli vietano di fermarsi per sistemare un problema alla testa che richiederebbe mezz’ora di intervento; e la testa inevitabilmente cede.

La 240 RS dimostrerà di essere una degna partecipante in altre occasioni, arrivando seconda in Nuova Zelanda, finendo terza al Rally Costa d’Avorio e posizionandosi spesso nei primi dieci, sempre in gare molto impegnative. Nel 1985 vincerà il campionato di Rally greco. Sensazioni forti E mentre siamo qua, stretti nelle cinture a 5 punti, accaldati, sudati, stanchi e raggianti dopo aver lottato con la 240 RS pensiamo che non ce ne potrebbe fregare meno della sua poca sofisticatezza o del palmarès scarso, da guidare è fenomenale.

Non sono tanto le prestazioni a impressionare, è l’insieme di sensazioni dense, vive, così forti da entrare sottopelle e lasciare un segno come una cicatrice. Però queste sensazioni bisogna guadagnarsele, fin dall’inizio. Entrare nella coloratissima Gr. B necessita di una certa agilità: bisogna scavalcare la traversa del roll-bar cercando di non ammaccarsi le ginocchia e poi calarsi negli strettissimi sedili Sparco (moderni per questioni di omologazione, dato che la macchina corre tutt’oggi). Allacciamo ben aderenti le cinture a cinque punti e lasciamo girare qualche secondo la rumorosissima pompa di benzina.

E poi è il putiferio. La 240 RS si risveglia in tutta la sua rabbia facendoci comprendere in un secondo cosa significhi non avere silenziatori, un rombo vibrante e possente che scuote tutta la scocca e ci intimidisce. E non siamo ancora partiti, cosa piuttosto complessa tra l’altro.

Le auto da corsa di una certa caratura hanno sempre le stesse caratteristiche, una frizione più tosta di un Navy Seal e un acceleratore delicato come una lamina di ghiaccio; tradotto, fate tutto per bene o sembrerete una via di mezzo tra un neopatentato e un ottuagenario che odia il terzo pedale. In più il 2.4 va tenuto su di giri, così rilasciamo lentamente ma decisi la granitica frizione, diamo sempre più gas e partiamo in un assurdo concerto di decibel, scoppi e fischi della trasmissione.

Che spettacolo, mancano solo dei caschi e un navigatore. Una volta in movimento le cose si fanno leggermente più facili e la 240 RS vi inonda di informazioni. La posizione di guida è perfetta, il volante in Alcantara garantisce grip, ha dimensioni impeccabili e continua a muoversi delicatamente sotto le vostre dita per sussurrarvi come sia messo l’asfalto e quanto si stiano sforzando le gomme, oltre ai vostri bicipiti, dato che lo sterzo è tremendamente duro in manovra.

Pensate si alleggerisca prendendo velocità? Illusi. Il cambio dogleg - con la prima in basso, al posto della seconda - è meccanica pura, necessita anche qui di forza ma vi ripaga con una precisione sorprendente e uno dei seconda-terza più esaltanti che possiate trovare su un’auto. Visto che il passaggio di marcia in questo caso avviene in linea retta (come fare terza quarta) potete far infuriare il quattro cilindri verso il limitatore e poi - bam - buttate dentro la terza quasi fosse un sequenziale, godendovi quella stupenda, cristallina sensazione di ingranaggi che si abbracciano senza la minima sbavatura.

Le persone che ci vedono passare ci fissano allibite, spaesate. La Nissan con quell’aspetto squadrato, i fari da gara e la vistosa livrea non si può certo definire elegante eppure non c’è nessuno che non guardi ammirato e confuso la 240 RS; è un po’ come vedere uno stambecco in centro a Catania: prima non capisci bene cosa sia, poi ti chiedi come diavolo faccia ad essere lì. Qualcuno ci incita ad aprire il gas e non ci facciamo certo pregare. La 240 RS scatta in avanti già ai medi, urla, scoppia ed entra davvero nel vivo della sua spinta al passare dei 5.000 giri, incattivendo ancor di più il sound come per dire “Oh, finalmente ci sei”.

Il bialbero ama girare in alto dove sviluppa al meglio la sua potenza, nonostante gli ultimi 1.000 giri potrebbero essere persino più eccitanti con la giusta messa a punto. Dinamicamente la giapponese è esattamente come vi aspettereste una vettura per i Safari: l’anteriore ha del notevole rollio in ingresso curva per poi assestarsi solido sugli ammortizzatori e le sospensioni non badano quasi alle buche e alle crepe scavate nell’asfalto; nemmeno le orrende strade italiane possono scalfire un comparto dinamico pensato per gli sterrati più estenuanti del globo.

La vera pecca della 240 RS è dovuta all’età: probabilmente le frizioni del differenziale autobloccante si sono consumate negli anni, così anziché bloccare al 75% siamo più vicini al… 7,5%. È frustrante sentire la ruota interna pattinare appena comincia a scivolare il posteriore, soprattutto perché in quei brevi attimi di controsterzo la Nissan dà enorme confidenza e sfoggia un bilanciamento opposto al suo aspetto: raffinatissimo, e meno intimidatorio del previsto grazie al passo lungo e all’ottima distribuzione dei pesi.

Risolviamo parzialmente il problema inserendoci in una strada sterrata dove il differenziale deve lavorare meno. Sterzo solido Concludiamo a malincuore quell’esperienza sensoriale chiamata 240 RS godendoci la reattività dell’acceleratore in scalata insieme al latrato dei carburatori e dello scarico aperto, lo sterzo solido, la gioia delle cambiate con i fischi della trasmissione e anche solo il fatto di essere al volante di un’auto che ha dato il suo contributo alla storia del Gruppo B.

La Nissan è veramente una valanga di emozioni che ci prende alla sprovvista, non ha i numeri delle sportive moderne ma quello che abbiamo provato con lei va ben oltre la scheda di un comunicato stampa, a partire dall’impegno richiesto per esplorarne le possibilità.

Ci sganciamo sudati e provati abbandonando gli interni da competizione, e mentre prendiamo fiato ammiriamo i rinforzi del telaio, il serbatoio posteriore dell’olio (la lubrificazione è a carter secco), il portacaschi, gli sganci rapidi del cofano… tutti quei dettagli che completano l’incredibile esperienza appena vissuta. I giochi sono fatti, il Gr. B è morto e sepolto e, a dispetto dei pochi risultati, questa Nissan squadrata è ricordata con affetto da chi l’ha conosciuta da vicino. E ora, con soddisfazione, anche noi sappiamo il perché.

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