Mazda: in futuro l’ibrido avrà la voce del Wankel

Mentre tutti i costruttori investono cifre incredibili nell’elettrico, visto come la panacea di tutti i mali, Mazda rimane momentaneamente fuori dai giochi, proponendo soluzioni alternative, veramente interessanti e particolarmente votate alla riduzione delle emissioni di gas serra.

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Da sempre in controcorrente anche solo nelle “classiche” applicazioni con motori endotermici sia benzina che diesel – non va, infatti, dimenticato la particolare strategia di Mazda nel contenimento delle emissioni e dei consumi dei suoi motori endotermici che vede, semplificando molto, propulsori benzina ad altissimo rapporto di compressione e propulsori diesel a bassissimo rapporto di compressione, assieme naturalmente a numerosi altri accorgimenti tecnici e meccanici – anche questa volta il Costruttore giapponese ha pensato bene di stupirci presentando il concept e-TPV, un modello rappresentativo di quello che è il pensiero di Mazda per il futuro in tema di ibrido ed ibrido plug-in. Ma cerchiamo di capire meglio.

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La e-TPV altro non è che un’auto ibrida plug-in basata sulla CX-30 che sotto pelle nasconde un powertrain ibrido plug-in, composto dal classico 2.0 litri 4 cilindri in linea benzina più un motore elettrico, e un piccolo pacco batterie da 35,5 kWh. Un po’ troppo piccolo, starete pensando voi. Eppure è proprio su questo aspetto che Mazda vuole andare controcorrente. Pur ritenendo importante l’autonomia offerta dal pacco batterie e pur considerando necessario un pacco batterie di generose dimensioni se si vuole viaggiare per più tempo in solo elettrico, il Brand giapponese ritiene che accumulatori di maggiori dimensioni siano causa della produzione di un maggiori quantitativo di CO2, un valore eccessivo non ricompensato dal maggior quantitativo di chilometri percorribili in modalità esclusivamente elettrica.

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Stando, infatti, a un recente studio condotto dalla stessa Mazda, se si prende in esame l’intero ciclo vita di una vettura, dalla sua fabbricazione al suo smaltimento, più gli accumulatori sono grossi e più quelle auto produrranno maggiori emissioni di gas serra. Sempre secondo Mazda se si prende in esame il ciclo di vita di un’auto (produzione-smaltimento) che ha superato i 160.000 km, chilometraggio al quale per una moderna ibrida è previsto il calo di prestazioni della batteria e il suo necessario rimpiazzo, si scopre come una Mazda 3 tradizionale emetta meno CO2 rispetto ad una ibrida equivalente con accumulatori da 95 kWh. Ecco perché Mazda preferisce puntare a vetture ibride plug-in dotate di accumulatori di piccole dimensioni.

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Ma non è finita qui! La Casa giapponese ha confermato che questa nuova tecnologia ibrida plug-in vedrà il ritorno anche del motore Wankel in luogo del classico 2.0 litri 4 cilindri in linea benzina. Il motore rotativo, orgoglio di Mazda, tornerà quindi a ruggire sotto i cofani delle future vetture di Hiroshima con funzioni però più eco-friendly, cioè verrà utilizzato o come range extender o come classico ibrido plug-in a sostegno di un classico motore elettrico e di un tipico pacco batteria. La motivazione? Semplice, Mazda crede fortemente nella sua migliore efficienza teorica rispetto ad un motore a combustione interna.

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