05 April 2016

Lotus Esprit, va come una..spia!

Leggenda vuole che Chapman l' abbia piazzata fuori dagli "Studios" in attesa di essere notata per 007. La linea di Giugiaro la rende ancora...

Pagina 1

Tra i tanti meriti professionali di Giorgetto Giugiaro, c’è quello di aver inventato il “cuneo”. Detta in maniera spiccia il concetto di cuneo, applicato a un’automobile, aumenta la stabilità all’aumentare della velocità, indipendentemente dalle appendici aerodinamiche applicate. Sviluppato prima col prototipo Manta, poi con Boomerang e Caimano, l’idea di cuneo di Giugiaro debutta nella produzione di serie con la Lotus Esprit. La collaborazione tra Lotus e Giugiaro inizia ad aprile 1972, quando Colin Chapman incontra il carrozziere torinese allo stand Maserati del Salone di Ginevra.

Dopo una breve conversazione sulle auto sportive, i due si salutano. Circa una settimana dopo, Giugiaro riceve una lettera di incarico per disegnare la nuova sportiva che sostituirà il modello Europa; nome in codice M70. Avrà motore due litri in posizione centrale, due porte, dovrà soddisfare le normative europee e statunitensi e, soprattutto, dovrà essere pronta in tempo per il Salone di Torino, cioè dopo soli due mesi! Sembra incredibile che una realtà piccola come Lotus potesse contemporaneamente sviluppare un nuovo motore (in collaborazione con Jensen, che permetterà a Chapman di affrancarsi da Ford), mettere in produzione la nuova Elite, vincere il Campionato del Mondo di F1 e deliberare un modello innovativo e importante come la Esprit (con cui Lotus passerà da essere officina di kit-car a vero Costruttore). Un’operazione resa possibile dall’entusiasmo di due realtà semi-artigianali (qual era anche Ital Design), in cui le figure carismatiche dei titolari potevano miracoli. Tanto attraente quanto imperfetta, con finiture di lusso e assemblaggi artigianali, la Lotus è considerata all’epoca una sorta di Alfa Romeo britannica: qualità e affidabilità lontane da una Porsche, ma emozioni e piacere di guida che conquistano schiere di fedelissimi appassionati.

FIBRA DI VETRO
Nonostante alcune difficoltà in galleria del vento (si richiedeva un Cx massimo di 0.34, notevole per l’epoca), il debutto della Esprit avviene comunque in tempo per Salone di Torino del 1972, col prototipo “Silver Car” (cx 0.297!), basato sul telaio della Europa debitamente allungato e allargato. Da esso deriva il modello definitivo esposto a Ginevra ’73, il cui complesso sviluppo ritarderà le prime consegne addirittura al 1976, a causa anche della crisi del Kippur che porta l’azienda sull’orlo del fallimento. Per ammissione della stessa Lotus, i tempi sono troppo brevi per sviluppare a dovere un progetto così complesso, e al momento dei test coi giornalisti gli esemplari di preserie sono rumorosi, vibrano e scaldano. Gli esemplari americani in particolare sono molto più lenti rispetto ai test effettuati in patria.


Rispetto al prototipo, il modello definitivo appare razionalizzato, senza sacrificare troppo il fascino: dopo una lunga questione tra Chapman e Giugiaro, l’angolo del parabrezza passa da 28 a 24,5 gradi (il prototipo era praticamente monovolume, con una linea ininterrotta tra cofano e parabrezza), si perde un tergicristallo, i bocchettoni del serbatoio passano dall’interno vettura a due sportelli esterni, compaiono i paraurti e alcuni elementi inizialmente specifici (fanalini, maniglie) sono prelevati dalla produzione di serie. La tappezzeria ha un’insolita trama tartan e l’altezza dell’abitacolo guadagna un pollice (1,25 cm), per permettere ai gentleman inglesi di entrare in auto col cappello. Nel frattempo anche “Kiwi”, il nome scelto da Giugiaro, è sostituito da Esprit, in linea con la tradizione Lotus di nomi che iniziano per E. Una vera rivoluzione avviene invece in Giugiaro, dove non si era mai progettata una carrozzeria in fibra di vetro; eppure il primo prototipo sarà già così vicino alle forme definitive da lasciare sbalorditi i tecnici inglesi. Per la carrozzeria della Esprit si utilizza il sistema “a conchiglia” di cui in Lotus sono maestri: un guscio superiore e uno inferiore, tra i quali viene iniettata fibra di vetro a bassa pressione.

TELAIO
Il telaio è uno scatolare di lamiera a forma di T; la parte superiore della T sostiene le sospensioni anteriori; al capo opposto è congiunto a una culla che ospita motore e cambio e dalla quale partono i bracci angolati che sostengono le ruote posteriori. Il risultato è un corpo vettura piatto, bassissimo, che col suo stile a “foglio piegato” è avanti anni luce rispetto alle rassicuranti rotondità delle auto di inizio anni 70. Persino il tradizionale legno degli interni sparisce perché troppo classico, salvo poi tornare a fine anni 80 sulle X180. Il comunicato stampa ufficiale descrive la Esprit come “una delle auto più belle al mondo”, e proprio il look, assieme a una maneggevolezza da urlo e alla sapiente promozione cinematografica, consentono alla Esprit di sopravvivere ai difetti di gioventù. Il più penalizzante tra questi è proprio lo stile ardito, che lascia immaginare prestazioni ben al di sopra di quelle di un duemila quattro cilindri aspirato, seppur prestante. Se la vecchia Europa era concorrente di Fulvia e Giulia infatti, la Esprit guarda a Porsche 911, Lamborghini Urraco e Ferrari 308. Col tempo però, la nuova Lotus sarà oggetto di continui perfezionamenti che la renderanno sempre più veloce, affidabile e solida, consentendole di varcare addirittura il millennio.

CORSA LUNGA

Il 27 luglio 1978 è presentata ufficialmente la Esprit seconda serie (S2). Poche le modifiche estetiche: lo spoiler anteriore avvolgente e nero, che incrementa la stabilità col vento laterale, nuove “orecchie” dietro i finestrini posteriori per migliorare il raffreddamento del motore (che soffriva di surriscaldamento sulla prima serie), riposizionamento della batteria, nuove luci posteriori con retronebbia di derivazione Rover SD1 (sulla prima serie erano quelle della Fiat X1/9) e nuovi cerchi in lega Speedline con canale maggiorato. I fari anteriori si alzano con un motore elettrico in luogo del precedente sistema pneumatico.

All’interno nuovi tessuti e nuova strumentazione, ma soprattutto sedili più comodi e un nuovo pannello per accedere al motore: più ampio, incorpora la trousse attrezzi e uno sportellino per il controllo rapido di lubrificante e refrigerante. Rispetto alla S1 le modifiche sono votate essenzialmente al comfort, mentre le prestazioni, nonostante nuove regolazioni e un nuovo albero a camme, restano quasi invariate almeno fino al maggio 1980, in cui debutta la S2.2: identica alla seconda serie, monta però il nuovo propulsore “912”, che altro non è se non il precedente “duemila” portato a 2174 cc aumentando la corsa di 7 mm. C’è più coppia a parità di potenza, che si traduce in maggior prontezza nella guida veloce; con il codice “911” finirà anche sotto il cofano della Talbot Sunbeam-Lotus.

A eccezione delle decal, la 2.2 è identica alla S2 e anche il prezzo aumenta di pochissimo. Sotto la pelle però, oltre ad un nuovo scarico parzialmente in acciaio inox, arriva un’importante novità che rende le Esprit 2.2 e successive oggi preferibili: il telaio galvanizzato. Nel 1981 debutta la S3, che è di tutt’altra pasta: molti componenti sono razionalizzati, così come i processi produttivi; la Lotus ora è in grado di produrre a Hethel il 76% della meccanica. Nuovo telaio e nuove sospensioni, ereditate dalla Turbo, risolvono i problemi di rumorosità e vibrazioni dei primi modelli e alzano leggermente la vettura dal suolo. A questi si aggiungono freni a disco maggiorati con l’opzione delle ruote da 15”, mentre il telaio, rinforzato, cresce in previsione dell’adozione futura di motori V8. Col restyling esterno, opera dello stesso Giugiaro, crescono i paraurti, ora con spoiler integrati e verniciati come la carrozzeria, quello posteriore con la scritta Lotus impressa, cambia ancora il coperchio del vano motore e le “orecchie” laterali prendono il colore vettura. Ultima nota positiva, il prezzo, inferiore di quasi 2000 sterline rispetto alla vecchia 2.2, farà schizzare le vendite sui mercati europei e USA.

TURBO
Una linea affilata e un’ottima maneggevolezza non sono però sufficienti per entrare nell’Olimpo delle supercar. Per questo, sempre nel 1981 appare la versione celebrativa Essex Turbo, che celebra i successi in F 1(Essex è sponsor delle monoposto “81”, “87” e “88”), che anticipa la S3 Turbo di serie. Con una turbina Garrett AiResearch e due carburatori Dell’Orto 45M, la Turbo raggiunge finalmente una potenza degna delle aspettative generate dalla linea: 210 CV erogati in maniera rapida e fluida, senza il “calcio” improvviso tipico della sovralimentazione. Anche le finiture salgono di livello: aumentano le tinte per la carrozzeria, arrivano aria condizionata, specchi elettrici e un buon impianto stereo. La pelle riveste ogni angolo dell’abitacolo ad eccezione del nuovo tetto apribile in cristallo. Il modello è ormai maturo, e va forte anche sull’onda della seconda apparizione nella saga di 007, con il film “Solo per i tuoi occhi” (il primo era stato “La spia che mi amava”). Ma l’imprevisto è dietro l’angolo: nel 1982 muore Colin Chapman.

Per la piccola factory inglese seguono anni di stasi riorganizzativa fino al 1986, quando arriva il nuovo motore HC (High Compression) da 215 CV, accompagnato da allestimenti migliorati con aria condizionata di serie e set di borse in pelle su misura, per giocarsela alla pari con la Ferrari 308, rispetto alla quale la Esprit costa addirittura di più. Intanto, nel 1984 al British Motor Show, Giugiaro presenta il concept Lotus Etna, che viene letto dai più come la premessa per una nuova Esprit o addirittura per un modello aggiuntivo da collocare più in alto, finché non diventa chiaro che mancano i fondi per svilupparla. Col senno di poi appare evidente una certa influenza della Etna nel successivo restyling opera di Peter Stevens, che con pochi, azzeccati (ed economici) tocchi all’esterno e all’interno, riesce a modernizzare la Esprit senza snaturarla. È il 1987 e la vettura ha nome in codice X180: paraurti più morbidi, nuovi cerchi, nuovi specchi presi in prestito dalla Citroen CX, luci posteriori di derivazione Toyota Celica, interni più opulenti con profusione di pelle e radica, sedili più profilati, nuova strumentazione. A lasciare interdetti è la meccanica: di nuovo c’è solo il cambio di derivazione Renault 25. Bisognerà attendere il 1989 per vedere la nuova Turbo SE da 264 CV, più regolare e silenziosa grazie all’iniezione e capace di uno 0-100 in meno di cinque secondi. Il modello è una dichiarazione di morte per le versioni aspirate, e apre una nuova corsa alla potenza, che in dieci anni toccherà i 300 CV con la S4s. Dopodiché, nel 1999, il glorioso 4 cilindri va meritatamente in pensione: debutta la Esprit V8 3.5 a 32 valvole turbocompresso, sviluppato direttamente da Lotus, che accompagnerà il modello fino al suo definitivo pensionamento nel febbraio 2004.

PARTENZE ALLEGRE

“Scendere” in una Esprit non è agevole, sia per la ridotta altezza dal suolo sia per il brancardo spesso (ospita anche il freno a mano) ma, una volta dentro, si sta meglio di quanto ci si aspettasse, solo le ginocchia sono un po’ costrette a causa della grossa console centrale e dei pedali disassati e ravvicinati, che richiedono scarpe molto sottili per evitare punta-tacco non richiesti. La visuale anteriore e laterale è buona nonostante lo spesso montante anteriore; dietro è sufficiente, di tre quarti posteriore inesistente. Il motore gira alto a freddo ma si regolarizza in pochi minuti e raggiunge la temperatura rapidamente. I pedali richiedono un discreto sforzo ma sono ben modulabili, e la frizione che stacca praticamente a fondo corsa rende necessarie partenze “allegre” per evitare imbarazzanti spegnimenti.

La marcia nel traffico di conseguenza è faticosa, ma una volta raggiunta la prima statale libera la musica cambia. Se prima e seconda marcia sono più ostiche negli innesti, le altre tre entrano veloci e la macchina schizza via come un elastico. Sulle prime turbo il ritardo è appena avvertibile; dalle SE in poi è molto più evidente e la spinta molto più decisa, mentre le sospensioni vi raccontano tutto riguardo la manutenzione recente del manto stradale, e lo sterzo non assistito che vi ha fatto sudare in manovra saprà ripagare i vostri sforzi, specie se lo stile di guida è pulito e fluido. I freni sono grandi ed efficaci e vanno trattati con rispetto, soprattutto sul bagnato. Precisione e tenuta in curva sono ai massimi livelli consentiti dai pneumatici. Data la scarsa ventilazione dell’abitacolo i modelli dalla S3 in poi sono da preferire per il tetto apribile e asportabile, mentre per il bagagliaio mettete in conto che la vostra spesa potrebbe essere cotta ben prima di arrivare a casa.

USATO
Mai come in questo caso, il buon acquisto di una vettura è strettamente legato alla sua manutenzione.
L’Esprit è delicata e complessa, richiede mani paziente ed esperte. Il consiglio è di comprare l’esemplare migliore, con manutenzione costante e documentata, per evitare di bruciare un eventuale risparmio al primo tagliando. In uso regolare, mettete in conto almeno 1000/1300 euro l’anno, a meno di non saper fare qualcosa da soli; i motori richiedono attenzione costante. Per i più anziani si raccomanda il cambio olio ogni 5.000 km e la sostituzione cinghie ogni 25/30.000. Il motore deve girare fluido e senza alcun di tintinnio metallico, l’olio deve essere super pulito e senza tracce d’acqua. È fondamentale la perfetta efficienza del radiatore e dei lunghi collettori al motore.

La frizione va controllata a fondo: la sostituzione è molto complicata, mentre è più semplice sostituirne la pompa. Il cambio, seppur duro e gommoso, è robusto ed è raramente oggetto di grane, così come i carburatori una volta regolati a dovere. I ricambi di trasmissione Citroën sono rari, mentre per i Renault (post ’87) nessun problema. In caso di rottura dei collettori di scarico, per la sostituzione bisogna addirittura rimuovere la testata. Controllare attentamente fumosità e stato degli pneumatici nelle versioni turbo. I freni posteriori sono in-board, per cui la sostituzione di dischi e pastiglie è ben più antipatica che all’anteriore. Lo sterzo deve essere chirurgico, altrimenti è sintomo di un avantreno da curare. La carrozzeria in vetroresina delle Esprit non fa ovviamente ruggine e nemmeno le “ragnatele” tipiche delle vecchie Elan. In ogni caso vanno controllati i punti più a rischio rotture, come le cerniere di porte e cofani e i montanti.

La vernice non è un problema, eccetto il rosso che con gli anni potrebbe sbiadire. I pannelli sono robusti e in caso di rottura si trovano facilmente, dato che molti sono rimasti invariati negli anni. I parabrezza sono incollati e la sostituzione è onerosa e da specialisti. I telai sono meglio protetti rispetto alle vecchie Elan perché meglio isolati, ma ciò rende eventuali danni molto più complessi da trattare. L’impianto elettrico è… inglese: surriscaldamenti, fusibili fusi e falsi contatti renderanno meno noiosi i vostri viaggi, ma ogni versione ha subito utili upgrade. Gli interni non sono particolarmente robusti e vanno tenuti con cura; il tessuto tartan della S1 è introvabile.

SCHEDE TECNICHE

Lotus Esprit S1 (1976) Motore Centrale longitudinale inclinato di 45° a sinistra, 4 cilindri in linea, 16 valvole, alesaggio e corsa 95,2 x 69,3 mm, cilindrata 1973 cc, doppio albero a camme in testa, due carburatori Dell’Orto DHLA 45E, potenza 160 CV a 6200 giri, coppia 19,4 kgm a 4900 giri Trasmissione Trazione posteriore, cambio a cinque marce, overdrive sulla quinta marcia, frizione idraulica; ruote ant 6Jx14”, post 7Jx14”; pneumatici ant 195/70-14, post 205/70- 14 Corpo vettura Carrozzeria in vetroresina, telaio in acciaio, freni a disco sulle quattro ruote, posteriori inboard, impianto servoassistito separato ant/post, sterzo a cremagliera; sospensioni a ruote indipendenti, ammortizzatori telescopici, molle elicoidali, ant con barra antirollio, post con bracci longitudinali, bielle oblique Dimensioni (in mm) e peso Passo 2440, carreggiata ant e post 1511, lunghezza 4.190, larghezza 1.850, altezza 1.120, peso a vuoto 898 kg Prestazioni Velocità max 200 km/h, accelerazione 0-100 km/h in 8,5 sec

Lotus Esprit Turbo SE (1989) Come S1 tranne: Motore Corsa 76,2 mm, cilindrata 2174 cc, iniezione elettronica multipoint, turbocompressore Garrett TB03 con intercooler, potenza 264 CV a 6500 giri, coppia 36 kgm a 3900 giri Trasmissione Frizione monodisco a secco, ruote ant 7Jx15”, post 8,5Jx16”, pneumatici ant 215/50-15, post 245/50-15 Corpo vettura Freni ant autoventilanti Dimensioni (in mm) e peso Passo 2458, carreggiata ant/post 1524/1554, lunghezza 4340, larghezza 1860, altezza 1150, peso a vuoto 1220 kg Prestazioni Velocità max 262 km/h, accelerazione 0-100 km/h 5,2 sec

Lotus Esprit V8 (1996) Come Turbo SE tranne: Motore 8 cilindri a V, alesaggio e corsa 83x81 mm, cilindrata 3506 cc, iniezione elettronica multipoint, doppio turbocompressore Garrett T25, potenza 355 CV a 6500 giri, coppia 40,8 kgm a 4250 giri Trasmissione Ruote ant 8,5Jx17”, post 10Jx18”; pneumatici ant 235/40-17, post 285/35-18 Corpo vettura Impianto frenante con ABS a tre canali Dimensioni (in mm) e peso Passo 2420, carreggiata ant/post 1529/1544, lunghezza 4370, larghezza 1890, peso a vuoto 1305 kg Prestazioni Velocità max 282 km/h, accelerazione 0-100 km/h 4,9 sec

Le ultime news video

© RIPRODUZIONE RISERVATA