In entrambi i casi l’Aprilia cabriolet Pinin Farina soddisfa in pieno i requisiti. Della dinamicità abbiamo detto, completata dalle doti del motore che, per i canoni dell’epoca, con 49 Cv ha una buona potenza in rapporto alla cilindrata di 1486 cc. L’eleganza si constata semplicemente guardandola.
Da qualsiasi lato la si esamini, l’Aprilia cabriolet palesa un disegno dove tutto è al posto giusto. Ciò genera un equilibrio di forme e volumi in base al quale tutto assume uguale importanza. Dal frontale lungo, che sottolinea il motore, alla coda filante della carrozzeria che asseconda le teorie elaborate negli anni ‘30 in materia di riduzione della resistenza dell’aria.
E ancora, in tema di aerodinamica, la parte anteriore è inclinata all’indietro e il raccordo tra la calandra e i parafanghi è reso senza soluzioni di continuità per favorire il corretto andamento dei flussi d’aria lungo la carrozzeria.
L’Aprilia cabriolet è frutto di un disegno, però, nel quale le geometrie risentono del retaggio del passato, nel senso che non si è ancora affermato lo stile “ponton” che ingloba i parafanghi nella fiancata. Si può dire che si tratta di un disegno che definiamo “di passaggio”, in base al quale i parafanghi esterni ci sono, ma vengono risolti come fossero bombature che originano dalla carrozzeria.
Il risultato è una fiancata snella perché questa cabriolet ha una linea di cintura bassa, dove le linee curve che formano i parafanghi e un accenno di pedane hanno l’effetto di movimentare la fiancata, creando allo stesso tempo un nesso tra la potenza, generata nel volume anteriore, e la conseguente velocità impressa dalle ruote motrici posteriori.
Altri tocchi di stile si vedono nella collocazione dietro la portiera degli indicatori di direzione, qui nella forma a bacchetta, richiamata dalle maniglie porta sottili e incassate. Molto ricercato invece è il disegno delle borchie coprimozzo cromate che ricoprono integralmente il cerchione, sulle quali, lungo la periferia, sono state ricavate numerose e sottili prese d’aria per la ventilazione dei tamburi dei freni.
Ma una Lancia deve anche dichiarare visivamente l’appartenenza al marchio, senza dover cercare lo stemma. È il frontale a dare l’identità di marca. Il cofano, rialzato al centro, converge verso il tipico scudetto Lancia alto e stretto, mentre lo spazio restante è riempito dalla coppia di doppi fari di diverso diametro e da quattro profili metallici cromati. Completa l’arredamento del frontale il sottile paraurti protetto, davanti come dietro, da gomma dura: una soluzione che sarà ripresa negli anni Settanta quando cesserà la moda dei rostri. L’indicatore sofisticato L’abitacolo, per quattro persone, è arredato elegantemente.
I rivestimenti sono impeccabili e formati in materiali pregiati, ivi compreso il legno che ricopre la plancia e la zona superiore dei fianchetti alle portiere. La strumentazione presenta una particolarità: l’indicazione del livello carburante è affidata non alla tradizionale lancetta, bensì ad una successione di spie tarata di cinque in cinque litri, dove quella che si illumina indica la quantità di benzina presente nel serbatoio. Il tutto è racchiuso in uno strumento dedicato. È una soluzione sofisticata se vogliamo, ma testimonia la continua ricerca verso l’innovazione che caratterizzava la produzione Lancia.
Per il resto la strumentazione è completa: manca il contagiri, ma ci sono il tachimetro, il voltmetro e il termometro acqua, questi ultimi due racchiusi in un unico quadrante mentre, in una sede separata al centro tra i due quadranti principali, c’è il manometro dell’olio motore. Discreta la capacità del vano bagagli con pianale rivestito: la capienza è però limitata dalla presenza della ruota di scorta disposta in orizzontale sul pavimento. Questa Lancia Aprilia cabriolet è frutto di un momento storico particolarmente felice per la carrozzeria Pinin Farina che in quegli anni sforna, sul tema, vetture oggi ritenute capolavori. La Lancia, che produceva l’Aprilia berlina come monoscocca, forniva ai carrozzieri l’autotelaio motorizzato con il V4 stretto prima di 1351 cc da 47 Cv e, dal 1939, di 1486 cc.
Va detto che non tutte le Aprilia cabriolet prodotte da Pinin Farina sono rigorosamente uguali. In alcune, per esempio, i fari interni sono di forma rettangolare e si riscontrano altre differenze minori legate al periodo di produzione, oppure concordate con il cliente visto che la fabbricazione di queste vetture non seguiva le logiche della linea a catena per la produzione di massa. Svezia Veniamo ora alla vettura oggetto del nostro servizio. Costruita nel 1946 con motore di 1,5 litri, fa parte del lotto di quattro esemplari acquistati nel 1946 e 1947 da Luigi Fallai, importatore Alfa Romeo per la Svezia e gentleman driver egli stesso. Il primo proprietario, nel marzo del 1947, è Eric Tornwall di Södertälje in Svezia il quale, dopo essersene servito per quattro anni e aver partecipato al Rally di Monte-Carlo del 1951, nel giugno del medesimo anno la rivende a un artista di Stoccolma di nome Karl Einar Kihlman.
L’artista, appassionato di automobili Lancia, la utilizza fino al marzo del 1953 quando la cede a Nils Gyllenbåge di Gävle, il quale, constatato che i costi di mantenimento sono eccessivi per le sue finanze, nell’ottobre del medesimo anno la rivende a Bengt Ny di Helsingborg. Il 5 luglio 1954 l’Aprilia cabriolet è acquistata dal padre di Jan Månsson (l’attuale proprietario), un appassionato di automobili Lancia e membro del Lancia Club di Svezia. Egli ne fa un uso quotidiano, spostandosi di frequente tra Malmö e Stoccolma e utilizzandola anche in lunghi viaggi per turismo, alcuni dei quali hanno come meta proprio l’Italia. Jan Månsson ci dice che l’auto fu usata dal padre (oggi 92enne) anche in occasione del viaggio di nozze attraverso l’Europa, nel 1957, dopodiché fu sostituita per l’uso quotidiano da una Fiat 2100.
Ma l’Aprilia rimase in famiglia per essere usata nelle occasioni di svago. A metà anni ‘80, dopo che era stata messa a riposo, si iniziò a parlare di un suo possibile ripristino, dato che non ci fu mai una reale intenzione di venderla. Il lavoro, iniziato qualche anno fa e ora completato, è stato possibile portando la macchina in Italia, dove è stata completamente restaurata facendola tornare a splendere nella sua originale bellezza.
Di Dario Mella - Foto Matteo Boem