18 August 2022

Isetta a Berlino, fuga per la libertà

Al Museo del Muro di Berlino è esposta una Isetta della BMW. Perché, vien da chiedersi? La risposta sta nel fatto che la micro-car servì per far scappare alcune persone dalla Germania Est. Con un escamotage davvero geniale...

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Immaginiamo di essere a Berlino, nell’estate del 1961. Riavutasi dalla tragedia e dalle distruzioni della Seconda Guerra Mondiale, la città tedesca non ha ancora trovato la via della pace, anzi.

Nell’Europa divisa in due, Berlino è diventata la città simbolo di una spaccatura politica e geografica che contrappone due visioni antitetiche dello status di cittadino e dell’organizzazione stessa dello Stato. Dopo che nel maggio 1945 la Germania nazista sconfitta ha dovuto accettare la resa incondizionata, per volere degli Alleati la città è stata suddivisa in quattro settori di occupazione: tre ad Ovest sotto il controllo di Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti d’America, ed uno ad Est sotto quello dell’Unione Sovietica.

Noi ci troviamo proprio qui, per uno strano disegno del destino costretti a vivere in un mondo completamente diverso e separato da quello dei nostri amici e parenti che per una opposta casualità si trovano a vivere nella parte occidentale.

Nella notte tra il 12 e il 13 agosto di quella stessa estate la separazione diventa ancora più netta: a sorpresa infatti l’amministrazione di Berlino Est ha iniziato la costruzione di un muro destinato a staccare ancora più drasticamente quei due mondi, impedendo di fatto ogni contatto tra cittadini dei settori Est e Ovest. Anche prima di quel muro i contatti erano difficili, eppure fino a quel giorno quasi due milioni di persone erano riuscite a fuggire dalle costrizioni di uno Stato oppressivo per rifarsi una vita in occidente.

Ora invece quel cemento, quel filo spinato e quei soldati, i terribili Vopos, pronti a sparare su chiunque, comprese donne e bambini, tenti di varcare il confine non fanno che esaltare il profumo di libertà che filtra dall’altra parte della barriera.

Ancora a Berlino, estate 2022.
Da liberi cittadini una visita al Museo del Muro in Friedrichstrasse, vicinissimo al famigerato Checkpoint Charlie, ci fa capire quanto sia disposto a rischiare un essere umano per riconquistare il bene perduto e più intimamente legato alla sua natura, la libertà.

Tema molto attuale, di questi tempi. E difatti quello che immediatamente colpisce è constatare l’incredibile quantità e molteplicità di tentativi di fuga effettuati in quasi trent’anni di presenza del muro, abbattuto nel novembre del 1989 da una folla festante dopo l’implosione dell’Unione Sovietica. Pare che circa 5.000 persone siano riuscite a conquistare la libertà, mentre il dato certo è il numero delle vittime, 138, che hanno pagato con la vita il loro proposito.

La tecnica più utilizzata è stata naturalmente quella del tunnel, che partendo il più delle volte dalle case vicine al muro consentivano di sbucare in zona sicura dall’altra parte: ne furono scavati una vera e propria rete, permettendo a centinaia di tedeschi dell’Est di passare all’Ovest.

Ma ci fu anche chi rubò un tank per aprirsi un varco nel cemento armato, chi si appropriò di un intero treno e agendo sugli scambi per deviare il percorso riuscì a forzare il blocco di frontiera, chi dipinse un piccolo aereo con i colori sovietici per volare indisturbato sopra il muro, chi nuotò lungo il canale di Teltow per approdare dopo ore, stremato e in ipodermia, sulla sponda occidentale.

Anche l’automobile ebbe un ruolo di primo piano in questi tentativi. Era un classico cercare di nascondere fuggitivi nel bagagliaio, ma purtroppo quel metodo, tanto semplice quanto intuitivo, era anche quello più facilmente sventabile dalle guardie di frontiera. Eppure proprio l’automobile è stato lo strumento straordinario di alcune fughe particolarmente fantasiose.

La piccola spider Il giovane Heinz Meixner pur essendo di nazionalità austriaca lavorava a Berlino Est, dove incontrò Margarete Thorau. Se ne innamorò e da quel momento il suo unico desiderio fu di portarla nel mondo libero. In quanto cittadino straniero aveva la possibilità di spostarsi dal settore Est a quello Ovest: cominciò quindi a studiare il metodo migliore per passare quelle sbarre, alte 90 cm da terra.

L’idea giusta gli venne dalla sua passione per le auto sportive. Noleggiò una Austin Healey Sprite, tolse il parabrezza e andò a trovare la sua Margarete. La sistemò nascondendola dietro i sedili, sotto il telo della capote. C’era però anche la mamma che voleva essere della partita: quale posto migliore del bagagliaio per trasportare la suocera? Per abbassare ulteriormente la macchina sgonfiò un poco le gomme e si presentò alla barriera. Porse tranquillamente i documenti agli agenti e mentre questi controllavano minuziosamente, ingranò la prima e d’un balzo s’infilò sotto la sbarra, guadagnando con una grande accelerata la terra promessa.

L’insospettabile Isetta
La più ingegnosa la racconta Klaus Gunther Jabobi, oggi ultra ottantenne guida del Museo del Muro e primo protagonista di questa incredibile storia. Tre anni prima della costruzione del muro Jabobi con la sua famiglia aveva lasciato Berlino Est, ma qualche anno dopo, nel 1964, il suo vecchio amico Manfred Koster gli chiese di aiutarlo a lasciare la Germania Orientale.

Jabobi pensò a quale potesse essere un piano vincente e guardando la sua BMW Isetta giunse ad una conclusione: chi mai avrebbe potuto sospettare che una micro-vettura lunga 2,30 metri e larga 1,40 m, condotta da un guidatore alto due metri che occupava quasi tutto lo spazio vitale disponibile, avrebbe potuto nascondere un fuggitivo? Si mise al lavoro e definì le modifiche da apportare alla sua vetturetta per renderla adatta allo scopo.

La Isetta è nata ufficialmente nel 1953, presentata con grande scalpore al Salone di Torino di quell’anno. Un’idea geniale di Renzo Rivolta, titolare della Iso che all’epoca produceva motociclette e scooter, e del progettista Ermenegildo Preti, la prima microcar della storia non ottenne però un analogo successo commerciale: per quanto originale, il prezzo molto elevato non giustificava il bicilindrico motociclistico a due tempi da 10 CV scarsi, la complessa e scomoda abitabilità, il comfort modestissimo.

Dopo tre anni fu tolta dal mercato italiano, ma all’estero piacque molto di più. La licenza di produzione fu ceduta in diversi Paesi, tra cui la Germania, dove nel 1955 la BMW iniziò a produrla. Qualche modifica estetica, il miglioramento della sospensione anteriore e l’adozione del monocilindrico a quattro tempi della moto R 25 le diedero gli ingredienti giusti per incontrare il favore del pubblico tedesco.

Jabobi aveva già una buona esperienza da meccanico: approfittando della disponibilità del suo ex laboratorio di Berlino pensò a come trasformare la sua Isetta e incominciò a lavorare alacremente. Eliminò la ruota di scorta e il filtro dell’aria e sostituì il serbatoio della benzina originale da 13 litri con una piccola tanica da due litri, quanto bastava per garantire l’autonomia necessaria per passare al di là del posto di blocco. Dietro il sedile di guida ritagliò un’apertura e ricavò un nascondiglio di fianco al motore, appena sufficiente per ospitare e nascondere un uomo debitamente rannicchiato. È il 24 maggio 1964.

Poco dopo la mezzanotte, orario di chiusura del valico custodito, Jabobi si presenta davanti alla sbarra con la sua Isetta e all’interno, ben nascosto, il suo amico Koster. I Vopos lo fermano, ispezionano con aria scettica la sua auto, arrivano persino a togliere lo sportello di accesso al motore e illuminarne l’interno, ma non trovano nulla di sospetto. La sbarra si alza e i due amici riescono ad arrivare incolumi e felici a destinazione.

La storia di questa fuga incredibile si sparse velocemente, e con grande cautela, per non far giungere la notizia alle orecchie lunghe della Stasi, la polizia segreta che tutto sapeva dei cittadini berlinesi, altri si prepararono a ripetere l’esperienza.

Si cercarono altre Isetta da trasformare secondo la ricetta di Jabobi: per otto volte il tentativo di fuga riuscì perfettamente e trasformò la microscopica vetturetta in una protagonista di primo piano nella lunga storia del Muro di Berlino.

Dal Muro al Museo
Per celebrarne il ricordo, la BMW produce nel 2019, a trent’anni esatti dall’abbattimento del Muro, un cortometraggio sulla vicenda della piccola Isetta, intitolato “The Small Escape” e visibile sul sito www.bmw.com .

Ma la protagonista è ancora lì, nella sua Berlino, conservata in bella mostra al Museo del Muro, a pochi passi dal Checkpoint Charlie: insieme a lei il suo papà Klaus Gunter Jabobi racconta ai visitatori la storia di quella fuga coraggiosa e delle altre migliaia, riuscite fortunosamente o finite tragicamente, tentate da uomini e donne che hanno messo in gioco tutto quello che avevano compresa la propria vita per il desiderio insopprimibile di libertà.

Nel cortometraggio prodotto dalla BMW nel 2019 per celebrare il 30° anniversario della caduta dal Muro di Berlino, si vede l’Isetta passare le sbarre che separano la zona Est della città da quella Ovest.

La piccola vetturetta sembra del tutto inoffensiva, in realtà nasconde perfettamente un coraggioso segreto…

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