02 April 2003

Indy: la 2+2 del geometra

Maserati Indy

Introduzione


Dietro alle linee stupende della Maserati Indy, nata nel 1969 con motore 8V da 4200 cc e cresciuta nel 1973 a 4,9 litri, non c'è la matita di un famoso stilista, ma l'ingegno di un disegnatore tecnico passato alla storia con un soprannome volutamente sottotono.




Nel 1969, alla Maserati si pose il problema della sotituzione della Mexico, la squadrata coupé 2+2 della Casa ormai messa in crisi dal debutto della spettacolare concorrente Lamborghini Espada. Con la nuova Gt di Sant'Agata Bolognese, infatti, Bertone aveva dimostrato l'inconsistenza dell' antica convinzione che le linee e le prestazioni estreme fossero necessariamente incompatibili con la classe, il gran comfort e la spaziosità per quattro persone.

L'ardita e accogliente 2+2 della Lamborghini costrinse così gli altri creatori di supercar dell'epoca alla rincorsa. Fra loro l'ingegner Giulio Alfieri, progettista della Maserati, che raccolse la sfida chiamando in gara fra loro diversi stilisti e incaricandoli di vestire una Gran Turismo con quattro veri posti e di renderla così attraente da suscitare le stesse emozioni della Ghibli, modello di punta della Maserati per sportività ma capace di due soli posti.

In pratica, Alfieri raccomandò di rinnegare i concetti formali classici espressi dalla Mexico. Alcune proposte di stile per la nuova 2+2 furono subito bocciate sulla carta, ma due di queste, la Simun di Ghia e la Indy di Vignale, arrivarono a confrontarsi al Salone di Torino del 1968 come prototipi marcianti.

Dietro alle linee stupende della Maserati Indy, nata nel 1969 con motore 8V da 4200 cc e cresciuta nel 1973 a 4,9 litri, non c'è la matita di un famoso stilista, ma l'ingegno di un disegnatore tecnico passato alla storia con un soprannome volutamente sottotono.




Nel 1969, alla Maserati si pose il problema della sotituzione della Mexico, la squadrata coupé 2+2 della Casa ormai messa in crisi dal debutto della spettacolare concorrente Lamborghini Espada. Con la nuova Gt di Sant'Agata Bolognese, infatti, Bertone aveva dimostrato l'inconsistenza dell' antica convinzione che le linee e le prestazioni estreme fossero necessariamente incompatibili con la classe, il gran comfort e la spaziosità per quattro persone.

L'ardita e accogliente 2+2 della Lamborghini costrinse così gli altri creatori di supercar dell'epoca alla rincorsa. Fra loro l'ingegner Giulio Alfieri, progettista della Maserati, che raccolse la sfida chiamando in gara fra loro diversi stilisti e incaricandoli di vestire una Gran Turismo con quattro veri posti e di renderla così attraente da suscitare le stesse emozioni della Ghibli, modello di punta della Maserati per sportività ma capace di due soli posti.

In pratica, Alfieri raccomandò di rinnegare i concetti formali classici espressi dalla Mexico. Alcune proposte di stile per la nuova 2+2 furono subito bocciate sulla carta, ma due di queste, la Simun di Ghia e la Indy di Vignale, arrivarono a confrontarsi al Salone di Torino del 1968 come prototipi marcianti.

Gli interni


L' opulenza dei rivestimenti interni in pelle color champagne contrasta piacevolmente col color visone metallizzato della carrozzeria ed è una scelta caratteristica delle vetture della prima metà degli anni '70.

La strumentazione, più semplice rispetto a quelle di alcune GT italiane e straniere del medesimo periodo, includeva tre indicatori principali, collocati di fronte al guidatore, e tre ausiliari, integrati nella consolle centrale.Da notare il vano bagagli insolitamente ampio e facilmente accessibile e le due poltrone singole posteriori, molto più comode ed accoglienti della classica, e più diffusa, panchetta.
L' opulenza dei rivestimenti interni in pelle color champagne contrasta piacevolmente col color visone metallizzato della carrozzeria ed è una scelta caratteristica delle vetture della prima metà degli anni '70.

La strumentazione, più semplice rispetto a quelle di alcune GT italiane e straniere del medesimo periodo, includeva tre indicatori principali, collocati di fronte al guidatore, e tre ausiliari, integrati nella consolle centrale.Da notare il vano bagagli insolitamente ampio e facilmente accessibile e le due poltrone singole posteriori, molto più comode ed accoglienti della classica, e più diffusa, panchetta.

La linea


Lo stile della nuova Maserati era a metà strada fra quello un po' futuristico dell' Espada 400 GT di Bertone e quello più sobrio della Ferrari 365 GT 2+2 di Pininfarina. Un accorto trattamento dei volumi le conferì un'estetica particolarmente riuscita sia nel frontale sia nella coda, punto particolarmente difficile data la presenza dei sedili posteriori.

E' da mettere in rilievo come l'autore del progetto, firmato ufficialmente da Vignale, fosse in realtà Virginio Vairo, noto nella vita professionale come "il geometra" e responsabile di fatto, all'epoca, del Centro stile del carrozziere torinese, coadiuvato da Elio Mainardi, suo braccio destro sul campo.

Vairo e Mainardi ebbero il merito di portare in maggior risalto le linee curve, senza però rinnegare ciò che nella Ghibli c'era di buono: i fari a scomparsa, la calandra delimitata dal paraurti, la fiancata tesa, i montanti centrali inclinati all'indietro, il prolungamento grafico della linea del finestrino posteriore e la coda tronca.




Fra le intuizioni felici di Vairo e Mainardi c'è anche quella d'aver previsto due eleganti poltroncine separate per i passeggeri posteriori, al posto della solita panchetta, e quella d'avere messo una griglia all'altezza degli scarichi per "chiudere la coda" dando grinta all'insieme. Per equipaggiare la Indy inizialmente fu scelto il propulsore più piccolo della gamma dei V8 Maserati. In questo modo il responsabile del progetto voleva rimarcare le qualità di grande stradista della vettura, senza porre un particolare accento sulle prestazioni.
Le immagini









Lo stile della nuova Maserati era a metà strada fra quello un po' futuristico dell' Espada 400 GT di Bertone e quello più sobrio della Ferrari 365 GT 2+2 di Pininfarina. Un accorto trattamento dei volumi le conferì un'estetica particolarmente riuscita sia nel frontale sia nella coda, punto particolarmente difficile data la presenza dei sedili posteriori.

E' da mettere in rilievo come l'autore del progetto, firmato ufficialmente da Vignale, fosse in realtà Virginio Vairo, noto nella vita professionale come "il geometra" e responsabile di fatto, all'epoca, del Centro stile del carrozziere torinese, coadiuvato da Elio Mainardi, suo braccio destro sul campo.

Vairo e Mainardi ebbero il merito di portare in maggior risalto le linee curve, senza però rinnegare ciò che nella Ghibli c'era di buono: i fari a scomparsa, la calandra delimitata dal paraurti, la fiancata tesa, i montanti centrali inclinati all'indietro, il prolungamento grafico della linea del finestrino posteriore e la coda tronca.




Fra le intuizioni felici di Vairo e Mainardi c'è anche quella d'aver previsto due eleganti poltroncine separate per i passeggeri posteriori, al posto della solita panchetta, e quella d'avere messo una griglia all'altezza degli scarichi per "chiudere la coda" dando grinta all'insieme. Per equipaggiare la Indy inizialmente fu scelto il propulsore più piccolo della gamma dei V8 Maserati. In questo modo il responsabile del progetto voleva rimarcare le qualità di grande stradista della vettura, senza porre un particolare accento sulle prestazioni.
Le immagini








Le versioni




Cos&igrav e; nel 1970 la Casa rimediò introducendo, accanto alla 4200 che diventò il modello base, la versione chiamata Indy 4700 America, con il motore 4700 da 290 Cv, qualche modifica di dettaglio e il servosterzo finalmente disponibile, anche se a richiesta. Infine, nel 1973, il motore 4200 scomparve dalla scena, mentre quei clienti che volevano sempre maggiore potenza e comfort furono accontentati con la Indy 4900, dotata del V8 da 335 Cv della Ghibli SS e di molti accessori di serie. La bella 2+2 modenese raggiunse così l' apice in fatto di prestazioni, eleganza e completezza d'equipaggiamento.

La produzione
Indy 4200
1969 83
1970 263
Indy 4200 e 4700
1971 276
1972 246
Indy 4900
1973 221
1974 47
Totale
1136


La 4900 aveva prestazioni velocistiche addirittura leggermente superiori a quelle delle contemporanee 2+2 a 12 cilindri Lamborghini e Ferrari, tuttavia pagava un paio di decimi di secondo alla Gt di Maranello in accelerazione ed era leggermente inferiore a entrambe le avversarie per tenuta in curva.
Le immagini












Cos&igrav e; nel 1970 la Casa rimediò introducendo, accanto alla 4200 che diventò il modello base, la versione chiamata Indy 4700 America, con il motore 4700 da 290 Cv, qualche modifica di dettaglio e il servosterzo finalmente disponibile, anche se a richiesta. Infine, nel 1973, il motore 4200 scomparve dalla scena, mentre quei clienti che volevano sempre maggiore potenza e comfort furono accontentati con la Indy 4900, dotata del V8 da 335 Cv della Ghibli SS e di molti accessori di serie. La bella 2+2 modenese raggiunse così l' apice in fatto di prestazioni, eleganza e completezza d'equipaggiamento.

La produzione
Indy 4200
1969 83
1970 263
Indy 4200 e 4700
1971 276
1972 246
Indy 4900
1973 221
1974 47
Totale
1136


La 4900 aveva prestazioni velocistiche addirittura leggermente superiori a quelle delle contemporanee 2+2 a 12 cilindri Lamborghini e Ferrari, tuttavia pagava un paio di decimi di secondo alla Gt di Maranello in accelerazione ed era leggermente inferiore a entrambe le avversarie per tenuta in curva.
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