Guidando la Honda NSX si capisce quanto sia stato geniale e all’avanguardia il progetto. Una coinvolgente supercar per puristi della guida ma capace anche di un comfort mai visto prima su una Gran Turismo.
Alla presentazione la Honda NSX fece storcere un po’ il naso ai puristi delle GT, che la vedevano come la “solita” copia giapponese delle auto europee. Ma una volta noti i contenuti tecnici (simboleggiati dal contagiri con zona rossa a 8.000), i giudizi cambiarono...
La lingua inglese ha un termine - underdog - che è usato per indicare lo sfavorito, il principiante, il cavallo sul quale non puntereste mai i vostri soldi e che viene sottovalutato dal mondo intero a prescindere dal suo valore.
La storia della Honda NSX inizia esattamente così, ma come decine di film leggeri ci hanno insegnato più il protagonista è sfavorito e maggiore è la soddisfazione quando puntualmente raggiunge il successo dimostrando a tutti gli antagonisti quanto avessero torto… proprio come nel nostro caso.
Alla fine degli anni ’80 pochi si aspettano che una Casa come Honda costruisca una supercar, ma nessuno si aspetta che costruisca una supercar tanto buona e rivoluzionaria quanto la NSX.
In quegli anni, Honda affina il geniale sistema VTEC e verso la fine del decennio domina in Formula 1 grazie ai suoi motori e al talento del compianto Ayrton Senna che forma un’accoppiata formidabile con McLaren (senza dimenticare Alain Prost, ndr). Dal punto di vista della commercializzazione però non c’è esattamente un esercito di sportive presenti in listino: una Accord, una Prelude o una Legend hanno ben poche speranze di incutere timore ad una supercar dell’epoca; forse una Civic familiare o una tenera Honda Today con il suo due cilindri da 545 cc?
Dai, non scherziamo. Ecco perché, quando nel 1989 al Salone di Chicago la Casa giapponese presenta il progetto della NSX, tutti restano sbalorditi, non un solo visitatore si capacita che quelle linee, quella meccanica e quell’aspetto esotico possano essere usciti da Honda Motor Co. Eppure è così. Già nel 1984 i vertici Honda avevano commissionato a Pininfarina lo sviluppo di un prototipo chiamato HP-X (Honda Pininfarina eXperimental) nato come studio aerodinamico e mosso da un motore 2.0 V6 montato in posizione centrale, e sarà proprio quel prototipo ad ispirare la modernissima supercar giapponese.
L’ambiziosa idea è di realizzare una supercar veloce e affascinante come qualunque cosa sfornata da Italia e Germania, ma più affidabile e sfruttabile e meno costosa. Va ricordato peraltro che, se la produzione automobilistica di Honda in quegli anni punta soprattutto su modelli “ordinari” (peraltro quasi perfetti), oltre all’impegno in F1 da un decennio la Casa è tornata anche nel mondiale di motociclismo, dove ha sbaragliato la concorrenza e mostrato di cosa è capace quanto a visione e tecnologia, con la NR 500 del 1979, la moto a 4T con pistoni ovali.
Anche se l’apparizione della NSX (New Sportscar eXperimental) avviene nel 1989, si deve aspettare il 14 giugno 1990 per il debutto ufficiale, capace di togliere ogni ombra di scetticismo. Chi pensava che la NSX fosse solo uno specchietto per allodole o un progetto inconcludente, deve ricredersi velocemente e anche la stampa dell’epoca esalta il lavoro svolto da Honda. Prima della NSX nessuna supercar era mai stata come lei o vicina alla sua filosofia di costruzione.
Pensate bene a quali auto fosse accostata la parola in quegli anni: Lamborghini Countach e Diablo, Ferrari Testarossa, De Tomaso Pantera, Jaguar XJR-15… tutte auto viscerali, emozionanti ed intense ma nella pratica sfruttabili quanto una Jeep Willys in autostrada... Già una più “amichevole” Ferrari 348 TB - la concorrente più diretta della NSX - da guidare è molto impegnativa, “fisica” e con un cambio non alla portata di tutti, ben lontana dall’idea di “supercar per tutti i giorni”. Honda progetta invece la NSX con una meccanica e un telaio di prim’ordine ma affiancati a sospensioni e interni che garantiscono un comfort sconosciuto per una sportiva di questa categoria.