14 August 2022

Ford Capri 1300

Farsi largo tra Alfa Romeo GT Junior, Fiat 124 Sport Coupé e Lancia Fulvia Coupé Rallye, tutte di cilindrata vicina, non deve essere stato facile per la Ford Capri 1300. Il perché lo si capisce quando si schiaccia a fondo l’acceleratore, una condizione in cui l’auto anglo-tedesca dimostra di avere un motore sottodimensionato rispetto al corpo vettura. Con ...

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Il progetto Capri, concepito per fare di questo coupé la Mustang d’Europa, nasce nel 1964 sotto il nome in codice di Colt. Ma, dato che la Ford ha stabilimenti e mercati in tutto il mondo, la Capri deve poter incontrare le esigenze di una clientela difforme.

Per spiegarci, in Italia, come altrove in Europa, le tasse penalizzano la cilindrata sotto forma di maggiori costi fissi (bollo e assicurazione) e variabili come il pedaggio autostradale che, se uno l’autostrada non la imbocca mai, il relativo costo si riduce a zero, ma se invece ne fruisce spesso la differenza si sente.

Difatti, la Capri presenta un ventaglio di motorizzazioni pensato sì per avere una gamma, ma anche per tenere conto della locale tassazione, dove i clienti dei Paesi fiscalmente più fortunati possono fare affidamento su motori di più alta cilindrata che su strada rendono ragione a questa bella coupé.

Che viene presentata al Salone di Bruxelles il 28 gennaio 1969, una settimana dopo l’anteprima alla stampa avvenuta a Bonn in quella che all’epoca era la Germania Ovest.

Ora, dato che il motore 1300 era stato previsto proprio per i mercati come quello di casa nostra, vediamo quale fu il risultato. Il dato al quale quasi ogni utente guardava per primo, pensando a una nuova automobile, era la velocità massima.

Limiti su strade e autostrade non ve n’erano, tolti, ovviamente i classici cinquanta all’ora dei percorsi urbani e a volte qualche limite in tratti extraurbani ritenuti pericolosi.

Non c’erano gli autovelox, i tele-laser e le altre diavolerie che sarebbero state inventate nei decenni a seguire. Gli unici strumenti in grado di rilevare la velocità erano.... “l’occhio” del poliziotto o del carabiniere di turno, oppure il pressostato che funzionava con due cavi stesi sull’asfalto.

La velocità affascinava, in particolar modo in autostrada dove, favoriti da un traffico meno intenso di quello attuale, tolti i giorni dell’esodo vacanziero estivo, si poteva viaggiare tranquillamente a velocità prossime a quella massima. Che per questo diventava importante, oggetto di discussioni sul tempo impiegato “da casello a casello”.

Ma non tutti gli automobilisti erano così. Tra loro c’era quello tranquillo, che amava spostarsi senza affanni velocistici, ma a cui piaceva ugualmente accomodarsi al volante di un’auto più appariscente della classica berlina da famiglia.

E quest’auto era la coupé. Meglio protetta della spider dalle intemperie, meglio se con un abitacolo dai posti dietro non troppo sacrificati e meglio ancora se dotata di un motore di cilindrata non troppo elevata per risparmiare sulle tasse. Ne esce il quadro della Capri 1300, la cui linea elegante e sportiva nello stesso tempo, piace molto.

Uno stile da “pony car”, secondo una filosofia che in America stava avendo successo con la Ford Mustang, a cui la Capri si ispira non tanto nella linea disegnata da Philip Thomas Clark, ma nel concetto di sportiva. Dove, per i mercati esteri, erano disponibili motori di cilindrata e frazionamento in grado di riempire quel lungo cofano, basti pensare che ci stava pure un V8 di cinque litri di cilindrata!

E invece il V4 di derivazione Taunus di spazio ne occupa davvero poco, anche se in compenso la sua configurazione a V dava modo agli appassionati di questo modello di confrontarsi con i possessori di coupé Fiat e Alfa Romeo avendo dalla loro un argomento tecnico.

Non faceva presa invece su chi aveva una Fulvia Coupé, perché il V4, sia pur con diversa angolazione, l’avevano anche loro. Poi, al semaforo o lungo le salite, non c’era paragone, ma qui non esisteva nemmeno il confronto tra la mentalità e l’approccio al volante di un cliente sportivo e di uno dalla guida che ne era l’esatto opposto.

Vediamolo ora questo motore. Il V4 destinato al mercato italiano deriva dalla berlina Taunus di fabbricazione Ford tedesca ed ha cilindrata di 1.305 cc.

Eroga 53 CV-DIN, potenza più da berlina di 1100 cc piuttosto che da sportiva di 1,3 litri che all’epoca da noi era già una media cilindrata. Il vantaggio è la lunga durata: la bassa velocità media del pistone dovuta alla corsa corta e al contenuto regime di giri e la limitata potenza specifica, ne riducono infatti l’usura. E non è nemmeno necessario ricorrere più di tanto al carburatorista come invece avveniva con motori più sofisticati.

Che è il concetto che ritroviamo nella Capri di pari cilindrata di fabbricazione inglese, con la differenza che in Inghilterra è prodotta e venduta con il quattro cilindri in linea tipo Kent Crossflow di 1.298 cc da 52 CV, ma in termini di prestazioni la sostanza non cambia.

Perché questa scelta, quando la Ford britannica aveva a disposizione il 1600 di derivazione Cortina, unità più potente anche del V4 tedesco di 1,5 litri e in grado di coniugare assai meglio la linea sportiva con le prestazioni?

La ragione sta nelle politiche di mercato. Se per le Capri prodotte in Germania la scelta dei motori aveva una logica perché erano quelli disponibili, in Ford non si volle creare una disparità tra il prodotto di base offerto dalla filiale tedesca e da quella inglese.

Esisteva, infatti, una certa rivalità tra Colonia e Dagenham, sedi delle unità produttive tedesca e britannica e una differenza di prestazioni avrebbe creato difficoltà su di un mercato che doveva essere invece equilibrato per offrire, nel medesimo segmento, prodotti di pari contenuto.

In sintesi, con la cilindrata di 1300 si punta all’immagine e al comfort, dove la clientela di riferimento è costituita da chi vuole distinguersi, ma che allo stesso tempo ama guidare tranquillamente.

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E senza spendere troppo, perché la Capri 1300 in versione XL, che è quella qui fotografata, costa di listino in Italia 1.249.000 lire contro 1.490.000 della concorrente più vicina per impostazione che è la Fiat 124 Sport Coupé.

Con la Capri la gita in compagnia di una coppia di amici è piacevole e rilassante. Il divano posteriore sdoppiato ricorda l’abitacolo di vetture più importanti e il bagagliaio, con 355 dmc di capacità, è sufficiente per riporre l’occorrente per un pic-nic o una breve vacanza.

E quando fa caldo, tra gli accessori c’è il tettuccio apribile, che non tutte le coupé hanno. L’interno, malgrado il prezzo d’acquisto inferiore, è allineato per finitura alle concorrenti, salvo la strumentazione più semplice.

Ma veniamo al disegno della carrozzeria, per il quale ci si avvalse della galleria del vento per modelli in scala di Dearborn nel Michigan al fine di ottimizzarne l’aerodinamica. Lo studio fu perfezionato in quella del M.I.R.A. in Inghilterra, dove si ottenne un coefficiente di forma (Cx) di 0,39, valore assai buono per l’epoca.

Esteticamente la Capri ha una forte personalità. La fiancata è caratterizzata dalla nervatura situata sotto la linea di cintura e, davanti al passaruota posteriore, ci sono due griglie decorative che meglio proporzionano la lunghezza del corpo vettura rispetto all’altezza.

La coda di ridotta dimensione è un elemento che all’epoca fece discutere, specie se confrontata con la lunghezza del frontale, ma nel corso degli anni questa caratteristica divenne un tratto estetico apprezzato, comune a molte vetture disegnate più tardi.

Questa prima serie, identificata come MkI, è prodotta fino al 1974 quando, nel mese di febbraio, viene presentata la seconda serie chiamata MkII. E l’impatto visivo è diverso. Non cambiano le dimensioni o la proporzione dei volumi, cambia la loro percezione.

La nervatura lungo la fiancata diviene orizzontale e meno pronunciata, perché la linea ricurva verso il basso, con cui prima terminava, tendeva ad accorciare proprio il volume di coda. Che se prima era un effetto voluto, adesso non lo è più perché è tutto il taglio della parte dietro, ora più squadrato, che cambia. La modifica serve a sottolineare una novità importante, che è l’introduzione del portellone con conseguente diverso raccordo con i montanti.

Il lunotto ora non è più incassato, ma a filo carrozzeria. Davanti i fari diventano un po’ più grandi, spariscono le griglie sulla fiancata e i passaruota si fanno più pronunciati. Siamo in un periodo difficile per l’economia a causa della congiuntura petrolifera che ha provocato un’impennata del prezzo dei carburanti.

E l’auto sportiva perde quota di mercato e fascino. L’adozione del portellone è quindi una mossa dettata da una tendenza volta a rendere la coupé più pratica, quasi ad “anestetizzare” le caratteristiche di sportività per privilegiare l’immagine di vettura dedicata più alla famiglia e alle sue esigenze piuttosto che al singolo utente.

All’interno troviamo un volante di minor diametro, una plancia rivista e rivestimenti aggiornati nella scelta dei materiali. Qualche altra modifica esterna e interna completa il quadro degli interventi, accanto ad aggiornamenti sul piano meccanico volti a migliorare il comportamento su strada.

La seconda serie abbandona il motore V4, sostituito da una nuova e più potente unità a quattro cilindri in linea di pari cilindrata ma con potenza che sale a 70 CV-DIN, utili a spingere la Capri MkII a 160 km/h, un buon aumento rispetto ai 140 di prima. Ma, soprattutto serve a donarle più vivacità, che è ciò che i clienti chiedevano.

Veniamo ora al restyling che dà avvio alla terza serie (MkIII), presentata al Salone di Ginevra nel marzo 1978. Gli aggiornamenti allineano la Capri, prodotta dall’ottobre 1976 interamente negli stabilimenti tedeschi, alla moda emersa tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta, con la scomparsa delle cromature e dell’acciaio inox come sovrastrutture decorative, sostituite da filettature e da profili in materiale plastico duro o gommoso di colore grigio scuro o nero, impiegati, oltre che per decoro, per proteggere la carrozzeria dai graffi o per formare codoli o appendici aerodinamiche.

Davanti si vede un nuovo paraurti nero con angolari in rilievo in plastica, una nuova calandra con al centro il marchio Ford su fondo blu e doppi fari circolari. Dietro, oltre al nuovo paraurti, ci sono differenti gruppi ottici con superficie segmentata.

Saranno questi i maggiori cambiamenti estetici introdotti dal capo ufficio stile della Ford Europea, Uwe Bansen e destinati a creare un family-feeling tra i diversi modelli del gruppo. Uno spoiler in gomma nera sul bordo del portellone, un profilo nero lungo la fiancata e una diversa collocazione dei gruppi ottici secondari anteriori, completano l’assieme delle più evidenti modifiche.

La riduzione del consumo, avviata con la crisi energetica, passa anche attraverso alcuni miglioramenti aerodinamici visibili nel rinnovato frontale della Capri MkIII che presenta uno spoiler nella zona sottostante il paraurti. E il Cx scende così a 0,37. Sul piano commerciale la Capri, dopo un avvio brillante, inizia a soffrire la concomitanza di due fattori negativi, imputabili più a motivazioni di carattere sociale e a fattori di moda del momento.

Sono gli anni che vedono la coupé in difficoltà per la comparsa di sportive derivate da berline, specie del segmento C. È vero che negli anni che vanno dal 1971 al 1977 compaiono nuove e interessanti coupé a quattro posti di cilindrata 1300 come la Renault 15 e l’Alfa Romeo Alfasud Sprint, ma saranno anch’essi accomunati da analogo destino.

La storia della Capri termina il 19 dicembre 1986 dopo una produzione complessiva (in tutte le motorizzazioni) di 1.886.647 esemplari, giorno in cui l’ultima Ford Capri esce dalla linea di montaggio in Inghilterra dove era stata riportata nel giugno 1984. “Pensata per una grande diffusione”, dicevano quando fu presentata: idea concretizzatasi in pieno.

Presentata nel 1969 come la Mustang per gli europei, la Capri è dunque una coupé affascinante, proposta in svariate motorizzazioni. La più piccola, la 1300, è pensata apposta per alcuni mercati, come quello italiano, ma è sorprendentemente poco potente in confronto alle nostre Alfa Romeo, Fiat e Lancia.

Ed è vero, forse oggi ancora più di ieri, perché la Capri coniuga in una sola vettura tante anime diverse.

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