Le vicende della Fulvia sono più complesse. “Purtroppo -conferma Simone Del Bigio- l’auto di mia suocera era rimasta invece all’aperto per molti anni. Inoltre, in seguito a un piccolo incidente, era stata riverniciata in modo sommario e modificata a mo’ di HF, con l’eliminazione dei paraurti, l’installazione di fendinebbia anteriori e posteriore, l’adozione delle luci targa e dello specchietto di una HF I serie, e con il montaggio dei cerchi in lega Cromodora. Con gli anni poi era stata messa in un garage ma per trasformarla in piano di appoggio per attrezzi, cassette di legno e scatoloni”. E a quel punto cosa avete fatto? “Quando abbiamo deciso di recuperarla, la Fulvia non andava in moto, ma non ci è voluto molto per rimettere in sesto la meccanica: cambio dei liquidi e dei filtri, regolazione del gioco valvole e pulizia dei carburatori. Abbiamo sostituito la frizione in via preventiva, insieme al giunto di un semiasse e allo scarico. Il serbatoio era messo male, l’abbiamo sostituito con un ricambio riprodotto”.
Quindi la macchina non era messa malissimo?“La parte peggiore era l’impianto frenante: pinze bloccate, che abbiamo revisionate, e pompa usurata e sostituita. Abbiamo sostituito anche i tubi flessibili e la bielletta del correttore di frenata, ancorata al ponte posteriore. Pastiglie e dischi invece erano ancora in perfetto stato”. Se la Fulvia era rimasta esposta alle intemperie per tanti anni, immaginiamo che la spesa maggiore sia stata dal carrozziere? “Infatti. I pavimenti dell’abitacolo -racconta Del Bigio- erano marci: sollevando il tappetino in gomma ci siamo trovati a fissare il pavimento del garage. Passaruota e brancardi sotto porta erano corrosi malamente e la riverniciatura sommaria aveva coperto tutti i cavi sulle cerniere di porte e baule, macchiando addirittura gli interni. Qui per fortuna sono state necessarie poche modifiche: la seduta del lato guida era strappata e l’abbiamo sostituita, così come la cappelliera, distrutta dal sole. Altri piccoli difetti sono stati conservati: un fianchetto del sedile crepato, così come il rivestimento del soffitto, ormai macchiato dalla colla di fissaggio”. E le modifiche “HF”? “Abbiamo deciso per un compromesso -spiega Del Bigio-. Abbiamo ripristinato i paraurti e rimosso i fendinebbia. Gli altri componenti non originali li abbiamo lasciati: il retronebbia contribuisce alla sicurezza e i cerchi Cromodora con gomme larghe sono bellissimi”.
Simone, oltre a essersi prodigato per far incontrare nuovamente le due auto, si è anche “sacrificato” per una prova su strada di entrambe. Teatro di questa prova particolare è stata la celebre salita delle Torricelle, appena fuori Verona. Come va la Fulvia dopo il restauro? “Premetto che io preferisco le auto a trazione posteriore. Ma la coupé Lancia mi è piaciuta molto. L’inserimento in curva è praticamente telepatico, non c’è sottosterzo in accelerazione. Gli pneumatici da 175 e la leggerezza dell’auto fanno pensare a un limite altissimo, si affrontano le curve a velocità impensabili. La Fulvia sembra danzare tra le curve. L’erogazione del milletre a V stretta è straordinariamente piena, e non sfigura accanto ad auto d’epoca di cilindrata maggiore. Il cambio a cinque velocità ha una corsa piuttosto lunga, ma gli innesti sono precisi.
Il motore in compenso gira molto in alto, rendendo le trasferte autostradali molto rumorose (si è spostato da Milano a Verona per gli scatti fotografici, ndr). I consumi però restano bassi: in autostrada si fanno oltre 13 km con un litro”. Daniela le ha concesso un permesso straordinario per provare anche la sua X1/9, che è all’opposto della Fulvia. Che impressioni ne ha ricavato? “La proprietaria mi aveva anticipato alcune lacune della sua auto -precisa Del Bigio-: il pedale del freno piuttosto duro, o la pesantezza dello sterzo in manovra, peraltro normale anche sulla Fulvia. Eppure nonostante la mia statura alta mi sono accomodato senza problemi nella X1/9, che è molto spaziosa. Mi è bastato arretrare completamente il sedile. Ho trovato basso il volante, che mi ha reso difficile fare il punta-tacco, perché la gamba ci finiva contro”. E la frenata è stata effettivamente impegnativa? “In effetti è strana. La prima parte di corsa è quasi senza efficacia, la seconda molto dura ma incisiva. Forse l’impianto richiede un supplemento di revisione. Lo sterzo in effetti è un po’ pesante, ma penso per il piccolo diametro del volante. In movimento, invece, la X1/9 è piacevolissima, il motore è pieno, il cambio ha innesti ravvicinati e precisissimi”. In conclusione? “Sul misto stretto delle colline di Verona -termina Del Bigio- entrambe le vetture danno il meglio di sé, ognuna nel suo modo personale e inimitabile. La Fulvia, forse, regala un’esperienza più coinvolgente, soprattutto grazie all’idea del suo pedigree sportivo. Ma la X1/9 ha molto da dire: il misto è il suo terreno ideale”.