Tra i tanti compleanni “tondi” del 2022, ce n’è uno che ci sta particolarmente a cuore: parliamo dei 50 anni della X1/9, piccola sportiva con carrozzeria “Targa” prodotta dalla Casa torinese dal 1972 al 1981 e dalla Bertone fino al 1989. Perché ci sta a cuore? Presto detto.
La X1/9 è stata (e lo è ancora oggi) la porta d’accesso verso il mondo delle grandi sportive italiane a motore centrale: con una cifra relativamente contenuta permetteva di acquistare una fuoriserie realizzata da un grande carrozziere, Bertone, il cui progetto condivide tante scelte (e pure diverse componenti) con auto leggendarie come la Lancia Stratos e Lamborghini Miura.
E poi ha una linea inconfondibile e bellissima, è a oggi l’unica Fiat realizzata con motore centrale e, con la sua formula a due posti secchi / trazione posteriore / tetto apribile, è la quintessenza del divertimento di guida.
Dulcis in fundo, con quegli “occhioni dolci” si gioca anche tutto il fascino nostalgico dei fari a scomparsa. Ce n’è abbastanza per convincere anche l’ultimo degli scettici. In principio Autobianchi La genesi del progetto X1/9 affonda le sue radici nel 1969, quando la Fiat lancia la rivoluzionaria 128. Una vettura profondamente innovativa per l’epoca, che sarà proposta dal 1971 nelle varianti sportive Rally e Sport Coupé.
Sulla base di quest’ultima la dirigenza Fiat incarica Bertone di pensare ad una variante scoperta per sostituire la vecchia 850 Spider, pure opera del carrozziere. Il codice di progetto è X1/9 e le strade possibili da percorrere sono due: o si sfrutta lo schema della 128 Sport Coupé, con motore e trazione anteriori, oppure... si opta per quella che è la soluzione definitiva, ovvero propulsore in posizione posteriore centrale abbinato alla trazione pure posteriore, lasciando il radiatore nel cofano anteriore.
Lo spunto decisivo lo fornisce la concept car Runabout del 1969, una barchetta dalle linee tese di ispirazione nautica e dotata di un vistoso roll bar, realizzata dalla Bertone su disegno di Marcello Gandini e che utilizza la meccanica della Autobianchi A112, capovolgendo anche in questo caso lo schema meccanico del modello di partenza. Il successo ottenuto dal prototipo al Salone di Torino spinge Nuccio Bertone a investire tempo e lavoro sulla trasformazione della concept in un prodotto di serie.
Nel mentre però, in Autobianchi si imbocca la direzione opposta: c’è da contrastare il successo della Innocenti Mini Cooper e si preferisce quindi investire sulla A112 Abarth, operazione tra l’altro decisamente meno rischiosa e onerosa. Il prototipo sembra quindi destinato ad un vicolo cieco, ma nel 1971, durante una visita alla Bertone di Grugliasco, Gianni Agnelli nota la vettura e propone al carrozziere di adattarla alle necessità della Fiat. Il resto è storia: la nuova X1/9, il cui disegno si deve sempre a Gandini, debutta ufficialmente il 22 dicembre 1972.
La presentazione alla stampa avviene nel Parco delle Madonie, sul tracciato della Targa Florio, dove la nuova nata, già in produzione da alcune settimane, condivide la scena con la nuova auto da competizione della Fiat, la 124 Abarth Rally. Anni di Targa Il debutto della X1/9 sulle strade della Targa Florio si lega storicamente anche alla tipologia di carrozzeria, detta tipo “Targa”, ovvero con la parte centrale del tettuccio rigida e asportabile, secondo una denominazione introdotta dalla Porsche proprio in omaggio alla corsa siciliana.
Quella del tetto scomponibile abbinato ad un massiccio roll bar fisso è una soluzione molto in voga a cavallo degli anni Settanta, giustificata soprattutto da motivi di sicurezza in caso di ribaltamento. Il tettino, asportabile in un unico pezzo, può essere collocato rapidamente nel vano portabagagli anteriore. Rispetto alla 124 Abarth, che ovviamente sfoggia grinta e potenza decisamente superiori, alla presentazione la X1/9 appare comunque avanti anni luce dal punto di vista stilistico: con la sua linea a cuneo bassa, slanciata e appuntita, impreziosita da pochissime cromature e arredata con un interno lineare e pulito, è una vettura decisamente proiettata nel futuro.
La meccanica è di chiara derivazione 128, con il motore da 1.290 cc per 75 CV a 6.000 giri abbinato a un cambio a 4 rapporti, sospensioni McPherson, quattro freni a disco e una velocità massima di 170 km/h; il tutto è acquistabile per 1.800.000 lire, circa il 30% in più della 128 Sport Coupé 1300 ma quasi il 20% in meno dell’Alfa Romeo Spider Junior.
Considerato il mercato di nicchia a cui si rivolge, il successo della X1/9 è netto e consente alla Fiat di collezionare, a partire dal 1974, ottimi risultati anche Oltreoceano: il mercato statunitense infatti, sempre piuttosto tiepido nei confronti delle berline torinesi, già dai tempi della 850 Spider aveva riservato accoglienze decisamente calorose alle piccole sportive nostrane. Il primo lotto di 10.000 unità destinate agli USA (che potevano montare a richiesta climatizzatore e scarico catalizzato) va esaurito nel giro di poche settimane, al punto che si è costretti a spedire al di là dell’Atlantico anche la quasi totalità della produzione programmata per il 1975.
Il secondo mercato d’elezione, dopo gli USA, è poi quello britannico, da sempre appassionato di piccole sportive scoperte. Da Mirafiori a Grugliasco Nel 1976 un leggero restyling porta al lancio della X1/9 Serie Speciale: nuove tinte per la carrozzeria, nuovi tessuti interni, spoiler anteriore maggiorato e grafiche esterne a contrasto; tuttavia la vettura resta di fatto una prima serie. Per parlare di seconda serie ci vuole l’ottobre del 1978 quando, dopo oltre 100.000 esemplari prodotti, la piccola sportiva debutta in versione Five Speed.
La denominazione pone l’accento sull’introduzione del cambio a 5 marce, ma in realtà è tutta la meccanica ad essere rinnovata: il 1.290 cc della 128 viene infatti sostituito dal 1.498 cc della nuova Fiat Ritmo in versione da 85 CV, che consente alla due posti di toccare agevolmente i 180 km/h.
Esteticamente la Five Speed si fa notare soprattutto per l’introduzione, su tutti i mercati, dei grossi paraurti ad assorbimento previsti per la clientela statunitense. Compare poi un nuovo cofano motore rialzato, necessario per ospitare la più ingombrante unità da un litro e mezzo, e pure gli interni sono rinnovati, con una plancia completamente ridisegnata, nuovi sedili ergonomici regolabili e rivestiti con differenti tessuti. In Italia la Five Speed arriva nella primavera del 1979, e da questo momento in poi la commercializzazione della X1/9 passa progressivamente dalla Fiat alla Bertone, che appone il proprio marchio sulla vettura a partire dal 1982 occupandosi direttamente dell’assemblaggio.
Gli ultimi esemplari sono quindi venduti come Bertone X1/9 e il passaggio di consegne porta con sé alcuni benefici alla qualità delle vetture, come ad esempio un nuovo trattamento anticorrosione con verniciatura a nove strati.
Con la gestione Bertone compaiono nuove versioni speciali come la IN e la VS con carrozzeria bicolore e raffinati interni in pelle, e su alcuni esemplari per l’esportazione viene montato un piccolo spoiler posteriore. La produzione della X1/9 dura fino al 1988, segno di quanto fosse moderno e longevo il progetto nato quasi 17 anni prima; gli ultimi esemplari lasciano gli autosaloni nel 1989, portando il totale dei pezzi costruiti a circa 156.000.
L’uscita di scena del modello è celebrata, sul mercato inglese, con la serie speciale Gran Finale, personalizzata con spoiler posteriore, cerchi in lega specifici e verniciatura micalizzata con interno abbinato. Esemplari DOC Per il nostro servizio abbiamo scelto, col supporto del Club X1/9 Italia, due esemplari della prima serie, più vicina all’idea iniziale, di cui ricorre quest’anno il cinquantesimo. In rosso abbiamo una 1300, prodotta alla fine del 1972 e immatricolata a marzo del 1973, appartenente al lotto delle prime 1.000 costruite (telaio 975).
Vecchio sogno di adolescenza, viene ammirata segretamente per anni e poi finalmente comprata dall’attuale proprietario, Filippo Quaceci, come prima auto appena presa la patente, di nascosto dal papà ma con la collaborazione segreta della mamma. All’acquisto la vettura si presenta in condizioni apparentemente buone, ma si rivela poi bisognosa di un restauro completo e piuttosto impegnativo, che richiede ben tre anni di lavori (per buona parte svolti in proprio dal proprietario col supporto del Club) e coinvolge sia la meccanica che la carrozzeria. Nel tempo la vettura passa dall’uso quotidiano a quello collezionistico, e oggi è custodita e curata amorevolmente. Il colore è l’originale Rosso Arancio Fiat 171.
Nonostante la doccia fredda del restauro non preventivato, Filippo adora la sua X1/9: “Ne apprezzo la forma, di cui mi sono innamorato sin da bambino, ma anche la risposta pronta del motore, nonostante la potenza contenuta. Per me che sono alto 1,85 metri è una macchina piccola e scomoda, oltre che rumorosa. Ma è affidabile e da guidare è impareggiabile, soprattutto in questa categoria di prezzo. Una nota dolente sono i ricambi, spesso introvabili, in particolare i lamierati. Durante il restauro molti pezzi ho dovuto cercarli d’occasione o, spesso, li ho dovuti far ricostruire ex novo.”
L’altro esemplare appartiene invece alla Serie Speciale del 1976, anno di fabbricazione anche della vettura fotografata, tra le primissime prodotte, rifinita in verde metallizzato FI390 (tra i primi colori metallizzati prodotti da Bertone); in alternativa all’epoca la Serie Speciale si poteva scegliere anche in azzurro o in arancio, pure metallizzati. Sono specifici i cerchi in lega, i sedili in tessuto abbinati al colore carrozzeria con le fasce longitudinali a contrasto e la plancia marrone con alcuni comandi aggiuntivi.
Mai venduta negli Stati Uniti, la Serie Speciale era destinata a Italia, Inghilterra, Germania e Australia, e per questo monta una versione del 1300 depotenziata a 73 CV (anziché 75) per contenere le emissioni inquinanti e rientrare nei parametri imposti da alcuni mercati europei. “Il mercato di destinazione è indicato su una bandierina adesiva posta sulla fiancata, assieme alla firma di Nuccio Bertone” ci spiega il proprietario Alberto Ranzani. “Ad oggi non è possibile stabilire con certezza quanti esemplari siano stati allestiti come Serie Speciale, dato che le versioni normale e speciale viaggiavano in parallelo sulle stesse linee di produzione, senza una distinzione specifica a livello di numeri di telaio.
Destino comune ad altre X1/9, la macchina è stata immatricolata nel 1979, dopo ben tre anni di permanenza in salone, e soprattutto quando era già possibile acquistare la Five Speed. Questo perché la vettura costava quasi come un’Alfa Romeo, ma era meno pratica e con un pubblico decisamente più di nicchia.” Alberto la acquista nel 1995, quando la macchina segna circa 53.000 km; dopodiché viene usata quotidianamente fino al 1999, quando l’arrivo del figlio Riccardo rende necessaria la scelta di una vettura più… pratica. La X1/9 viene quindi conservata, per poi essere ereditata dal giovane Riccardo al momento della patente.
“Un dettaglio pregiato di questo esemplare sono i fari supplementari anteriori, all’epoca un costoso accessorio offerto direttamente da Bertone - continua Alberto - caratterizzato dalla palpebra ribaltabile. Utili perché la vettura di base soffre una visibilità anteriore scarsa, sia per l’illuminazione poco potente che per i tergi lenti e poco efficienti.” E poi, ci raccontano sorridendo i proprietari, a bordo della X1/9 d’estate fa caldo, perché si ha il motore dietro la schiena, e d’inverno fa freddo a causa degli spifferi d’aria che arrivano da tetto e finestrini... ma di fronte al piacere di guidarla non c’è difetto che tenga! E allora approfittiamo anche noi per metterci al volante della X1/9.
La prima sensazione che si prova è di un’auto letteralmente “cucita addosso”. Lo sappiamo, è un'espressione abusata, ma in questo caso quanto mai calzante perché, sia per le forme asciutte che per la posizione di guida, la piccola Fiat dà letteralmente l'idea di indossare una tutina aderente. Su strada la sensazione è confermata: secca, diretta e rapida, la X1/9 restituisce una mole di piacere e divertimento decisamente superiore a quanto la somma dei suoi “numeri” possa lasciar intendere.