22 October 2021

Fiat Barchetta vs Mazda MX-5, al santuario della guida

Due spider brillantissime, dai favolosi anni 80/90: più motorizzata e più bella la Fiat barchetta, più equilibrata e “all’inglese” la Mazda Mx-5 Validissime ancor oggi, la giapponese è più ricercata e quindi cost...

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Fiat Barchetta e Mazda Mx-5 sono due auto votate alla guida, la nostra liturgia pagana del fine settimana. Ci è sembrato adeguato l’accostamento con la bella Chiesetta della Madonna degli Angeli, situata nell'area della Torre delle Castelle a Gattinara, in provincia di Novara. Oggi appare la cosa più naturale del mondo mettere a confronto queste due deliziose spiderine: esse, infatti, si rivolgono allo stesso pubblico; ma si può anche affermare, parimenti, che una sia la figlia dell’altra anche se le loro casate non potrebbero essere più lontane e le date dei loro debutti siano sfalsate di soli sei anni.

Affermiamo questo perché non siamo sicuri che, qualora lo strepitoso successo della Mazda MX-5 non avesse avuto luogo, alla Fiat sarebbe venuto in mente di impostare una macchina come la barchetta (va scritto così, senza iniziale maiuscola) per intervenire in una nicchia di mercato, quella delle spider accessibili, abbandonata da anni e numericamente ridotta.

Accomunate anche dal colore della carrozzeria, le due protagoniste di questo servizio sembrerebbero le candidate ideali a provocare un bel mal di testa a chiunque fosse indeciso tra le due ma, oltre alle quotazioni che si sono già piuttosto divaricate, è giusto dire subito che i caratteri, i pregi e i difetti di ognuna sono ben distinti; ne parleremo, non prima però di avere tratteggiato i fatti salienti delle loro storie. Made in England?

La Mazda MX-5 appare nel Febbraio 1989 al Salone di Chicago, una mostra di non grande spicco ma che aveva il pregio di essere negli USA: la terra dove l’auto era stata concepita, a partire dal 1983, presso il centro Advanced Design and Engineering della Mazda con sede ad Irvine in California, il posto ideale per godersi qualsiasi auto scoperta.

Ispiratore del progetto fu un certo Robert (Bob) Hall, giornalista americano dell’auto, che fu poi nominato suo responsabile dalla dirigenza della Casa nipponica; egli non fu un innovatore ma semplicemente un grande appassionato di buon senso: per rendersene conto basta pensare che, per far bene intendere ai progettisti il tipo di auto che desiderava, fece portare nei locali del citato Centro una Lotus Elan prima serie R26 ed una Triumph Spitfire.

Fu chiaro subito, quindi, che trazione posteriore, semplicità e leggerezza sarebbero state le caratteristiche irrinunciabili della nuova spider; basta guardarla però, la MX-5, per capire che la Triumph contribuì poco o nulla alla sua creazione poiché i centri stile Mazda californiano e giapponese, che lavorarono in sinergia, si ispirarono quasi interamente alla creatura di Colin Chapman, partendo dai fari a scomparsa per finire con l’aspetto esteriore del motore; meccanicamente però le analogie sono, se possibile ancora più spinte: motore quattro cilindri bialbero da 1,6 litri, sospensioni a quattro ruote indipendenti con bracci trasversali, quattro freni a disco le accomunano strettamente. Niente telaio, ma…

Dove invece i ventisette anni di sfalsamento nel loro debutto fanno sentire il loro peso (400 kg aggiuntivi, tra l’altro) è nella testa a sedici valvole anziché otto, nel cambio a cinque marce anziché quattro, nei freni anteriori ventilati, nello sterzo servo assistito e nella costruzione a scocca portante della giapponesina contro il telaio a trave centrale, nella più pura tradizione Lotus, della progenitrice britannica.

Per la verità i tecnici della Mazda si resero presto conto della bontà di tale struttura ai fini della rigidezza della macchina finita e predisposero qualcosa di simile collegando i due telaietti che sopportano le sospensioni con una robusta struttura in acciaio, denominata Power Plant Frame, che corre parallela sulla destra dell’albero di trasmissione scimmiottando appunto la trave Lotus.

Alla fine la Mazda MX-5 risultò, nonostante l’aggravio cui si è accennato, sufficientemente leggera da fornire prestazioni più che adeguate già nella versione originaria da 116 Cv che finalmente fu importata in Italia dal 1990; tuttavia la struttura dell’auto era stata concepita senza risparmio e così, nel 1994, prima della dismissione della prima serie NA, fu offerto in opzione un motore da 1,8 litri e 131 Cv accanto alla 1.6 nel frattempo depotenziata a 90 Cv.

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In ogni caso e con qualsiasi motore si tratta di un’auto dalla guida piacevolissima e portatrice di alcune prerogative degne di nota: la capote di straordinaria maneggevolezza (si può aprire e chiudere con una sola mano senza scendere dal posto di guida), il cambio di una dolcezza incredibile ed una qualità costruttiva generale da fare invidia alle tanto celebrate auto germaniche. Accanto alle versioni standard la Mazda offrì una serie infinita di serie speciali molto piacevoli: quella nelle foto è una “Montego Blue” del 1996 caratterizzata da interni più lussuosi e rivestiti, dalla capote beige e da una verniciatura micalizzata blu con riflessi verdi sotto luce radente.

La prima serie NA della Mazda MX-5 (o Eunos Miata come si fece conoscere negli USA) rimase in produzione fino al 1997 quando, al Salone di Tokio, apparve la sua sostituta NB senza fari a scomparsa; fu lei che, dopo poco, tagliò il traguardo del mezzo milione di esemplari costruiti, strappando il primato della più prolifica spider della storia alla MG B.

Stile e motore

Fu questa inaspettata performance, senza dubbio, che spinse la Fiat a studiare, partendo dalla base della Punto, una spider da contrapporle: nacque così, dal lavoro congiunto degli ingegneri Domenico Bagnasco (responsabile di questo progetto 183) e Bruno Cena (direttore della sperimentazione), la “barchetta” che incontrò il pubblico al Salone di Ginevra del 1995.

Verniciata nello strepitoso Arancio 570, evidenziò come meglio non si poteva le proprie linee seducenti ispirate, come il nome, alle barchette Ferrari Touring dei primi anni ‘50 che di tanta gloria si erano coperte in gara; estremamente evocativa, al riguardo, la modanatura sulla fiancata. Il lavoro di Andreas Zapatinas, stilista ellenico di indubbio talento, apparve quindi in grado di conquistare già al primo sguardo i potenziali clienti; il resto lo fecero i tanti dettagli suggestivi come le maniglie delle porte anni ‘50, le parti in plastica in colore vettura distribuite sulla plancia e sui pannelli porta ed il pregevolissimo design della fanaleria e dei cerchi in lega leggera.

Meccanicamente, come si diceva, derivando da una utilitaria, per quanto probabilmente la migliore del mercato, si presentava meno raffinata della Mazda soprattutto a livello telaistico in quanto l’avantreno McPherson ed i bracci longitudinali posteriori poco potevano, almeno in teoria, contro le sospensioni “simil Lotus” della Mazda. Trasferendosi, però, dalla cartella stampa alla strada ci si rendeva subito conto che gli stratosferici ingegneri nostrani riuscirono ancora una volta ad imbandire un pranzo di nozze, non diciamo con i fichi secchi, ma certamente con ingredienti molto caserecci: la macchina infatti è velocissima e divertentissima, in questo certamente aiutata dallo straordinario motore 1,8 litri bialbero a 16 valvole che la equipaggia.

Conosciuto come “Pratola Serra”, dallo stabilimento in cui veniva costruito, debuttò proprio su di lei per andare poi ad equipaggiare le versioni di punta di molti modelli Fiat: Punto, Bravo, Brava e Marea sono alcuni esempi; con quattro valvole per cilindro e variatore di fase in aspirazione, sviluppa 130 Cv e la robusta coppia massima di 16,7 kgm a 4.300 giri: regime non bassissimo sulla carta che però, ancora una volta, non la racconta giusta in quanto, se non si spinge, l’auto ha un incedere pastoso e consente un uso del cambio veramente ridotto al minimo come anche il consumo che rimane inferiore a quello della Mazda in tutte le condizioni d’uso.

Decidendo invece di sfruttare al massimo il motore, molto brillante nella risposta al comando del gas, la barchetta mostra tutta la sua grinta rivelandosi capace di tenere a debita distanza ambedue le MX-5, sia la 1.6 da 116 Cv sia la 1.8 che, tra l’altro ed inspiegabilmente, hanno più o meno le stesse prestazioni pur con 15 Cv di differenza e lo stesso peso: è vero che sulla 1.8 ci fu un lievissimo allungamento del rapporto al ponte ma ci pare comunque una stranezza ricorrente nei modelli Mazda presente ancora oggi. Bellissima e volubile In casa Fiat non sono però solo rose poiché la barchetta, spinta al limite, cambia atteggiamento e tiene a distanza con comportamenti che diventano impegnativi: il combinato disposto di trazione anteriore, passo corto, sospensioni “basiche” e grande energia può portare a situazioni di grande soddisfazione per i guidatori esperti ma poco gestibili dai guidatori “normali” (cioè scarsi).

La prima serie della Fiat barchetta, quella che rimane bellissima nonostante nel 2000 gli spunti una brutta protuberanza sul bagagliaio per alloggiare il terzo stop, rimane in produzione fino a tutto il 2002; il restyling che seguì non fu ben gestito. In questo fatto ritroviamo una delle più strette affinità con la MX-5 e crediamo che più il tempo trascorrerà e più la prima versione della barchetta sarà maggiormente apprezzata dai collezionisti rispetto alla successiva.

Oggi si tratta di un acquisto estremamente consigliabile in quanto le sue quotazioni, per quanto in rialzo, sono ancora da saldo (contrariamente a quelle della MX-5 che giudichiamo invece vagamente allontananti); sono tutte un acquisto valido anche se ci pare che raramente come in questo caso il colore possa fare la differenza: bellissimi l’Arancio già citato, il Giallo Ginestra ed i metallizzati tranne il Grigio Steel che ci pare smorzi non poco l’allegria che questa auto è in grado di trasmettere; molto elegante è invece l’Azzurro Mare metallizzato 494 dell’esemplare del servizio.

Da ricercare, a nostro parere, anche un esemplare delle tante serie speciali che hanno caratterizzato la carriera di questo modello: particolarmente riuscite le Limited Edition del 1998, le Riviera del 2000 e le Naxos del 2002.

Precisiamo ora, prima di metterci al volante, le quotazioni cui abbiamo fatto riferimento più sopra: la Mazda sembra diventata una “cult car” poiché vengono richiesti anche 10/11.000 Euro per esemplari in ordine ma spesso chilometratissimi; ci sembrerebbe più opportuno restare ampiamente al di sotto anche senza arrivare alle quotazioni della Fiat, della quale ci si può accaparrare un buon esemplare, magari senza ambire ad una serie speciale, già a partire dai 4/5.000 Euro (meglio però, secondo noi, stanziarne 6/7.000).

Perfezione vs spinta

Saliamo poi al volante ove avremo conferme di quanto già accennato: la Mazda è una libellula con un motorino (il 1.6) avido di giri ed un cambio che porta ad azionarlo anche a casaccio pur di assaporarne precisione e silenziosità; la trazione posteriore, pur non dovendo confrontarsi con potenze mozzafiato, è sempre una mano santa quando si guida velocemente sul misto in quanto l’auto è sempre perfettamente equilibrata; in questo viene in aiuto la coppia motrice non molto elevata e spostata in alto che non mette mai in crisi il telaio.

Degna di nota la qualità costruttiva di auto e capote che è rivelata dalla totale assenza di rumorini parassiti anche sulle sconnesse strade di oggi; evidentemente anche il Power Plant Frame fa il suo dovere nel donare all’auto una rigidezza strutturale più che valida. Prevedibilmente ottimi ed instancabili i freni.

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Spostandoci sulla Barchetta ci si confronta con una situazione del tutto diversa: il motore spinge come un toro e se ciò provoca un largo sorriso nella stragrande maggioranza del tempo che si passa al volante, a volte, come accennato, ci si può trovare in difficoltà; seppellire l’acceleratore su di una strada sconnessa a schiena d’asino può portare a reazioni alle sterzo non immediatamente gestibili poiché le ruote collegate alle vostre mani sono impegnate a tenere a bada troppi chilogrammetri e quindi possono anche decidere di fare a modo loro; consigliabile togliere subito il gas.

Consigliabile anche sfruttare quest’auto non al 100% godendosi la souplesse di marcia che il suo generoso motore sa offrire ed il confort generale dell’auto, superiore a quello che ci si potrebbe aspettare; crediamo che un viaggio autostradale al crepuscolo sui 150/160 km/h (potendo) su di una barchetta sia una delle esperienze più piacevoli che un’auto scoperta possa offrire; se poi, in quel frangente, vi viene in mente il prezzo del biglietto c’è veramente da ridere di gusto. ispirazioni e richiami Entrambe queste spider hanno una linea molto piacevole e ispirata al passato, ma con una grossa differenza tra le fonti di ispirazione: la barchetta è frutto di un insieme di richiami, mentre la Mx-5 si rifà genericamente alla tradizione britannica di questo tipo di auto, interpretata in chiave moderna, forse un filo anonima ma sicuramente piacevole.

Nella Fiat (che era costruita presso la Maggiore, come ricorda la scritta in alto, il corpo vettura è evidentemente ispirato alla Ferrari 166 MM di Touring, le luci posteriori sono separate come su alcune sportive americane anni Sessanta e le maniglie a pulsante si trovano su moltissime auto europee dello stesso periodo. La Mazda ha lo sportellino del serbatoio sulla sommità del parafango posteriore, apribile con una levetta nell’abitacolo. abbandonata dal commerciante La “nostra” Fiat barchetta è bellissima nel colore Azzurro Mare metallizzato. Questo esemplare è stato “ritrovato” dall’attuale proprietario presso un commerciante d’auto dov’era rimasto esposto a lungo.

A forza di passarci davanti tornando dal lavoro, un giorno si è fermato a chiedere informazioni e, anche se l’auto non era messa benissimo, l’ha portata a casa… ispirandosi all’amico che stava sistemando la Mazda, sua “rivale” di queste pagine. La macchina aveva quattro cerchi diversi, cinque sfumature di colore ed il cruscotto con tutte le spie accese insieme. cruscotto e interni, che salasso! I lavori per sistemare la Mazda sono stati ancora più impegnativi di quelli per la barchetta… Il ripristino ha comportato il rifacimento totale del cruscotto presso un artigiano (con un costo esorbitante...): era stato danneggiato in un tentativo di furto e non era più disponibile come ricambio.

Anche i rivestimenti dell’abitacolo, del tutto usurati, sono stati rifatti. Il primo proprietario era un ragazzo che non le aveva riservato molte attenzioni, tanto che l’auto era destinata alla demolizione… Anche il motore ha richiesto una bella messa a punto, che però non ha posto particolari problemi. caratteri definiti Complimenti ai proprietari di queste due spider, che le hanno salvate da una demolizione certa in un caso e probabile nell’altro. Giudicate voi il risultato, ma a noi sembrano bellissime!

Di Vittorio Falzoni Gallerani - Foto Luca Danilo Orsi

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