22 February 2023

Fiat 600, comoda e tranquilla

Con i 21,5 CV del suo 4 cilindri di 633 cc, la Fiat 600 prima serie è una vettura tranquilla (la velocità si attesta intorno ai 90 km/h) ma anche molto guidabile, ben frenata e confortevole, con una rumorosità interna contenuta. L’abitacolo tende ad essere caldo ....

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Avanti popolo. Nasce a metà anni Cinquanta e rivoluziona il concetto italiano dell’utilitaria. È piccola, ma abitabile, è robusta ed ha prestazioni decorose. Per tante famiglie è un sogno realizzabile perché costa poco.

Così diventa il simbolo del boom economico. Presentata nel 1955 al Salone di Ginevra, la Fiat 600, è la più anziana tra le utilitarie che vi presentiamo e anche il simbolo della rinascita del nostro Paese.

Essenziale, gradevole e anche “rivoluzionaria”; potente quanto basta, facile da guidare e confortevole, è fatta apposta per “mettere su strada” tantissimi italiani. Un’automobile a 360 gradi, da utilizzare per lavoro, per gli spostamenti quotidiani e anche per le vacanze di tutta la famiglia che iniziano a diventare un importante appuntamento annuale.

Un bel salto di qualità sociale, visto che solo dieci anni prima la popolazione italiana risulta allo stremo, molti non hanno una casa sicura, la produzione agricola è dimezzata rispetto all’anteguerra e i prezzi del cibo sono altissimi.

La nascita della 600 viene annunciata nel 1953 dall’Amministratore Delegato della Fiat, Vittorio Valletta, all’Assemblea degli Azionisti, che parla di una nuova vettura compatta ed economica, destinata a sostituire la ormai obsoleta 500 C, a sua volta evoluzione della B e della Topolino.

Alla guida del progetto è chiamato l’ingegner Dante Giacosa che si avvale della collaborazione di dieci disegnatori, degli specialisti Saroglia per il motore, Mosso e Nutarelli per l’autotelaio e dell’ing Montanari per i calcoli. I capisaldi sono pochi ma impegnativi: motore e trazione posteriori, circa 700 cc di cilindrata, poco più di tre metri di lunghezza, carrozzeria monoscocca, abitacolo per quattro e un peso contenuto in 450 kg che sarà presto aumentato a valori più realistici.

Parte così il Progetto 100, che vede dapprima l’impostazione dell’abitacolo, poi la definizione dello stile e quindi la messa a punto dell’architettura “tutto dietro” e del relativo gruppo motopropulsore.

Questa soluzione consente di risparmiare il peso dell’albero di trasmissione e delle sospensioni rispetto ad una architettura mista (motore anteriore, trazione posteriore) e contenere i costi nei confronti di una soluzione “tutto avanti”.

Inoltre, libera spazio in lunghezza e in altezza regalando centimetri agli occupanti. In effetti, con una lunghezza di 3.215 mm, una larghezza di 1.380 e un passo di appena 2 metri (identico a quello della 500 C) la 600 offre un rapporto fra volume esterno e interno eccezionale, che verrà superato solo qualche anno più tardi dall’inglese Mini progettata da Alec Issigonis, dotata però di meccanica “tutto avanti” con motore traversale e ruote da 10” contro i 12” della torinese (sulla 500 C sono da 15” con relativo notevole ingombro).

Riguardo al motore, dopo l’ipotesi iniziale di un bicilindrico, la scelta cade su un quattro cilindri raffreddato a liquido con monoblocco (novità) in ghisa, canne integrali, testa in alluminio con collettore di aspirazione integrato (altra novità) distribuzione ad aste e bilancieri.

Dapprima viene configurato per una cilindrata di 570 cc e 16 CV che poi sulla vettura definitiva salgono a 633 cc e 21,5 CV a 4.600 giri. Un motore che rappresenta una pietra miliare, visto che la sua base sarà utilizzata anche per i propulsori delle 850, 127, Panda, Uno, Autobianchi A112, Seat Marbella. Il cambio è un quattro rapporti, con gli ultimi tre sincronizzati.

Nel cofano posteriore, il radiatore è sistemato a lato del motore e la sua ventola è calettata direttamente sulla girante della pompa dell’acqua. Tramite un comando nell’abitacolo, l’aria calda può essere indirizzata nel tunnel centrale della carrozzeria e utilizzata per riscaldare l’abitacolo e sbrinare il parabrezza.

Lo sterzo è a vite e settore elicoidale. Interessanti le sospensioni anteriori: sono a ruote indipendenti, con balestra trasversale che funziona anche da barra stabilizzatrice e corti triangoli contenuti nei parafanghi. Una soluzione che frutterà alla Casa torinese il premio Design New Award anche se dovrà essere modificata negli snodi, dopo i test svolti da Carlo Salamano (collaudatore Fiat e grande pilota degli anni Venti e Trenta) che evidenziano una netta tendenza al sovrasterzo. Anche le sospensioni posteriori sono a ruote indipendenti, con bracci oscillanti longitudinali.

Molloni elicoidali e ammortizzatori idraulici completano l’architettura. I freni sono a tamburo con comando idraulico; il freno a mano è meccanico, con ganasce agenti sull’estremità dell’albero secondario del cambio. La vettura pesa 560 kg a vuoto (circa 590 in ordine di marcia) raggiunge una velocità massima di 90 km/h e consuma circa 5,7 litri di benzina ogni 100 chilometri.

Costa 590.000 lire, l’equivalente di dieci stipendi di un operaio e sei di un impiegato. In poco tempo diventa un successo, anche perché può essere pagata a rate e, nell’Italia che sta crescendo, molti trovano il coraggio di indebitarsi pur di guadagnarsi un prodotto che agevola il lavoro, il tempo libero e cambia di fatto il modo di vivere. Da segnalare che in occasione della presentazione, la RAI (che all’epoca non prevede pubblicità televisiva) trasmette un cortometraggio sulla nascita della vettura, preparato da Cinefiat.

Subito dopo il lancio vengono risolti alcuni problemi: adozione piastre di appoggio per officina, diverso incollaggio del rivestimento padiglione che tende a staccarsi, sostituzione strumento livello benzina che oscilla troppo. E un anno dopo arrivano radiatore maggiorato per evitare ebollizioni dell’acqua, balestra anteriore irrobustita, coprimozzo di nuovo disegno e la versione Trasformabile con tetto in tela.

Nei primi mesi del 1957 ecco la seconda serie, con vetri discendenti senza deflettore, volante e pomello cambio di colore chiaro, sedili rivisti, tasche portacarte nei rivestimenti portiere e non più in plastica rigida, fanalini posteriori con indicatori di direzione arancioni e catarifrangente, nuova taratura dell’avantreno, diversa regolazione del carburatore e il leggero aumento della compressione per circa mezzo CV in più e velocità che sale a circa 95 km/h.

Dopo qualche mese, al Salone di Torino, la vettura sfoggia fari con nuova cornice, profili sottoporta cromati, paraurti con rostri, spruzzatori lavavetro e - a richiesta - verniciatura bicolore. All’inizio del 1958, con la domanda in prepotente crescita, arrivano la dinamo da 230 Watt (contro 180) un nuovo retrovisore e un diverso carburatore che consente di ottenere 24,5 CV per i “fatidici” 100 km/h di velocità massima con consumi invariati.

A ottobre dello stesso anno, nella terza serie la fanaleria viene adeguata al nuovo Codice della strada e i due elementi a goccia sui parafanghi che inglobano luci di posizione e indicatori di direzione vengono sostituiti da elementi circolari sul frontale, sotto i fari; i cerchi ruota sono verniciati in grigio metallizzato il freno a mano viene fatto agire sui tamburi posteriori e la ventola radiatore è in alluminio, monolitica e non più in acciaio saldata.

Nel 1960, una importante modifica: il motore sale a 767 cc (per differenziare maggiormente la vettura dalla Nuova 500, giunta sul mercato nel 1957) e grazie ai 29 CV a 4.900 giri consente alla 600 D (ora assume questa denominazione) di raggiungere i 110 km/h, con un consumo di 5,8 l/100 km.

Rispetto alla precedente unità è modificato in parecchi particolari: albero motore, filtro olio ora centrifugo, carburatore, filtro aria piatto, frizione, sistema ricircolo vapori olio. Si avvia direttamente con la chiave sul cruscotto, mentre a pavimento rimane solo la levetta dello starter. Intanto i finestrini guadagnano i deflettori, il cofano motore mostra tre feritoie per parte in più (sono ora 36 contro 30) e il cruscotto viene completato da un ripiano portaoggetti; a richiesta, ecco gli schienali ribaltabili, i nuovi pneumatici a fianco bianco e la riduzione del prezzo (15.000 lire) del tetto apribile.

Quattro anni più tardi, in concomitanza con il lancio della 850, un’altra “rivoluzione”: l’adozione delle porte di sicurezza incernierate in avanti - che decreta la scomparsa delle cerniere esterne - e un nuovo disegno delle pannellerie.

Nel 1965, con una anzianità di 10 anni alle spalle, la 600 adotta la calandra a baffo unico, i fari anteriori maggiorati (da qui il nome “Fanaloni” di questa versione, che avrà anche la variante a tetto apribile) le calotte coprimozzo analoghe alla 850, i rostri con elemento in gomma e il serbatoio maggiorato a 31 litri, contro 27.

Viene proposta a 690.100 lire nella versione con tetto chiuso e 704.200 in quella “trasformabile”. Sono le ultime modifiche di rilievo prima dell’uscita di scena che avviene nel 1969, dopo circa 4.940.000 esemplari prodotti, di cui quasi 2.700.000 in Italia, da Fiat e i rimanenti su licenza in Spagna, Germania, Jugoslavia, Argentina e Cile. E, oltre ai numeri, un ruolo forse irripetibile di una automobile che non solo ha motorizzato una nazione, ma ha dato coraggio al suo popolo.

Un grande passo avanti Studiata da Dante Giacosa, la Fiat 600 è un autentico capolavoro di design: in 3,2 metri di lunghezza si lascia alle spalle la 500 C per approdare a qualcosa di veramente nuovo in fatto di struttura (monoscocca), meccanica (“tutto dietro”) e stile, completando il tutto con una apprezzabile cura dei particolari. stile amichevole Il frontale quasi “sorridente” della 600, con il fregio centrale circolare che cela l’avvisatore acustico; posteriormente, il cofano motore “scende” come il lunotto: dispone di due serie di 15 feritoie che diventeranno 18 sulla 600 D del 1960, con motore di 767 cc.

Il vano bagagli ospita serbatoio, ruota di scorta e batteria: quella visibile è servita solo come “aiuto”. meccanica evoluta Il motore 4 cilindri della 600 è un esempio di progettazione orientata nel futuro: non per niente, con i dovuti aggiornamenti, è arrivato sulle Fiat 127 e Uno, Autobianchi A 112, Seat Marbella. Caratteristici il radiatore laterale e la ventola sulla girante della pompa dell’acqua. Per qualche tempo, in salita l’acqua andava in ebollizione con una certa facilità e il piano a sinistra ospitava spesso la tanica con l’acqua di scorta. Comodi il bocchettone dell’olio e lo spinterogeno.

Avanzate le sospensioni indipendenti: quelle anteriori adottano balestra trasversale mentre le posteriori utilizzano bracci oscillanti. capote a richiesta Nel 1957 arriva la 2a serie, con cristalli discendenti senza deflettori, che aumentano il comfort degli occupanti nei mesi caldi. Un anno dopo, le luci a goccia sui parafanghi sono sostituite da elementi circolari sotto i fari e da lampeggiatori laterali. Entrambe le serie possono essere equipaggiate con capote in tela.

Nel 1960 la versione con vetri discendenti unici lascia spazio alla D che propone numerose novità: in primo piano, il motore portato a 760 cc (qui sotto) che consente di toccare i 110 km/h. Poi, deflettori per i finestrini anteriori, schienali ribaltabili, avviamento con chiave in plancia (a pavimento resta lo starter). porte di sicurezza e “fanaloni” Nel 1964, in contemporanea al lancio della 850, vengono adottate le portiere di sicurezza incernierate anteriormente e nuove pannellerie; un anno più tardi arriva la versione “fanaloni” con cornici dei gruppi ottici e coprimozzi derivati dalla 850 e mascherina a “baffo” unico.

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AL VOLANTE DELLA STORIA
​La vettura del nostro servizio è una prima serie “vetri scorrevoli” immatricolata nel dicembre 1955 - primo anno di produzione del modello - e fa parte della collezione di Diego Toso.

Nato a Torino nel 1980, ingegnere e grande appassionato di auto d’epoca, nel 2016 fonda Driving Vintage, impresa che ha lo scopo di promuovere il patrimonio storico, culturale e paesaggistico piemontese a bordo di auto d’epoca.

L’accurato recupero estetico e funzionale di alcuni modelli iconici ne consente il noleggio a privati ed aziende per turismo, eventi, cerimonie, shooting e riprese televisive, pubblicitarie e cinematografiche. “Questa 600 – racconta - ha una storia particolare.

È stata acquistata a Perugia da un medico condotto, che poi l’ha ceduta ad un prelato, il quale l’ha venduta - nel lontano 1967 - ad un professionista perugino che si è in seguito trasferito nel torinese, portandola con sé e sottoponendola nel tempo ad accurati restauri estetici e meccanici. Tanto che è giunta in mio possesso nel 2016 in condizioni davvero eccellenti. Negli anni è stata anche protagonista sul set: la più recente apparizione è avvenuta in occasione delle riprese della fiction RAI ‘La Sposa’, con Serena Rossi, girata in parte a Torino nel 2021 ed andata in onda pochi mesi fa”. La vettura si presenta quindi in piena forma nel suo elegante colore blu scuro, abbinato ad interni grigi.

E subito è evidente come nel 1955 quest’auto abbia rappresentato una forte svolta rispetto al passato. La linea aerodinamica, i parafanghi inglobati nella carrozzeria, la zona posteriore discendente che “nasconde” il motore, sono soluzioni davvero innovative per l’epoca, cui si abbina la struttura monoscocca. Il risultato finale è gradevole, equilibrato, simpatico e funziona bene ancora oggi, a 67 anni dalla sua nascita. E che si tratti di una prima serie non ci sono dubbi: non sono presenti gli spruzzatori per il parabrezza, che arriveranno qualche mese dopo il lancio. Le portiere incernierate posteriormente consentono un agevole accesso sia ai posti anteriori, sia al divano posteriore, grazie agli schienali anteriori ribaltabili (senza alcun fermo). A bordo, lo spazio è abbondante in relazione alle dimensioni esterne: un grosso passo avanti rispetto alla 500 C che questa vettura va a sostituire. I cristalli sono ampi e offrono un buon livello di visibilità e luminosità, con i laterali anteriori scorrevoli che limitano un po’ la ventilazione nella stagione calda. In compenso, in inverno l’impianto di riscaldamento fa bene il suo dovere.

La plancia è semplice ma curata, con il tachimetro semicircolare montato di fronte al guidatore e la finitura in tessuto quadrettato di pannellerie e sedili. Il retrovisore interno integra la luce dell’abitacolo, i passeggeri posteriori dispongono di appigli a cinghia e le portiere supportano tasche portaoggetti in materiale plastico (oggi quasi introvabili…). La posizione di guida è ovviamente turistica, con il volante di grosso diametro piuttosto vicino al guidatore e la pedaliera con freno e frizione incernierati in basso e acceleratore in alto. Cambio e interruttori sono a portata di mano.

L’avviamento è pronto: con la chiave in plancia si attiva il contatto, mentre le levette a fianco del sedile comandano l’arricchitore e l’accensione. Il motore gira rotondo e la silenziosità interna è buona. Nessun problema per cambio e frizione, con il primo dotato degli ultimi tre rapporti sincronizzati. I freni fanno il loro dovere anche in considerazione della “tranquillità” dell’auto che tocca con misurata progressione i 90 km/h. Anche la guidabilità non pone problemi: la cura fatta in fase prototipale allo sterzo ha dato i suoi frutti e la 600 è gradevole da condurre su ogni tipo di percorso. Rispetto alle auto attuali cambia radicalmente il modo di indicare la svolta: un interruttore a bilanciere a centro plancia (come sulla 500 C) va azionato per attivare e disattivare la segnalazione. Da valutare, su questa prima 600, il tipo di percorso: in montagna l’ebollizione dell’acqua non è cosa rara e sarà scongiurata successivamente con una serie di modifiche. In configurazione 4 posti lo spazio per i bagagli è quello che è: 70 dmc nel cofano anteriore (che alloggia serbatoio, ruota di scorta e batteria) e 130 nel vano dietro allo schienale posteriore.

Ma attenzione: questo si ribalta e con due occupanti a bordo l’auto offre notevole spazio per bagagli di ogni tipo: dagli attrezzi dell’artigiano, alle valige, per giungere alla damigiana di vino della domenica sera che spesso chiudeva la gita in campagna. Insomma se la 500 del ‘57 sarà ricordata soprattutto come la prima auto dei giovani, la 600 è un autentico prodotto trasversale che, partendo dalla famiglia, strizza l’occhio a molteplici esigenze. Tra le derivate della 600 un posto al sole spetta alla Multipla del 1957. Progettata e disegnata da Giacosa, anticipa le monovolume: lunga poco più di 3,5 metri può trasportare fino a 6 persone su tre file di sedili; diventerà famosissima come taxi. Prodotta sino al 1967 in 243.000 unità.

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