Ma alla Lancia vogliono irrobustire la loro presenza nelle corse. In quest’ottica, la Casa intravvede nella Flavia Sport di Zagato una buona potenzialità, utile per ampliare le prospettive sportive della Lancia. Così, nel 1962 la Lancia “benedice” l’iniziativa della Zagato di realizzare un’altra coupé sulla base della Flavia. Il primo prototipo è presentato al salone di Ginevra di primavera, la versione definitiva si vede al salone di Torino, nell’autunno.
Diverse sono le caratteristiche particolari della vettura. La mascherina è insolitamente “spezzata” in senso trasversale, così che il profilo risulta angolato; i finestrini posteriori non si aprono e nella parte superiore seguono la linea del tetto per una buona decina di centimetri; il lunotto è concavo, infine i gruppi ottici posteriori sono allineati con la carrozzeria e di forma compatta, secondo gli stilemi tipici di Zagato.
ALLEGGERITA
L’anno dopo la famiglia Flavia riceve il motore 1.8, che è montato anche sulla Flavia Sport Zagato; dapprima in versione da 90 CV, poi 105, infine 102 CV, con l’iniezione Kugelfisher. Della Lancia Flavia Sport Zagato sono costruiti in tutto 629 esemplari, di cui quattro sono da corsa: oltre al motore dotato di iniezione, hanno il telaio e la carrozzeria alleggeriti. La Flavia Sport Zagato “bi-campione” del 1966 è appunto una di queste quattro; quella con telaio #1560 e targa TO 702683.
Cosa curiosa è che, pur essendo nata con l’iniezione, fin da subito in sede di preparazione per le gare è riportata all’alimentazione a carburatori, per la precisione due Weber 40 DCNL con farfalle da 42 mm, che permettono di avere maggior potenza massima. In una nota dell’officina Almo Bosato di Torino, è indicato che nel 1965 il motore 1.8, tipo 815.500 (quello della Flavia Sport Zagato in questione) è elaborato con nuove valvole, sedi valvola e camme; il rapporto di compressione è di 10,47:1, mentre gli scarichi sono liberi, con uscita all’altezza della porta lato guida (sulla destra). Sempre secondo le note di Bosato, la potenza è di 148 CV a 7.000 giri, con coppia di 17,81 kgm a 5.000 giri. Caratteristica della Flavia Sport Zagato è poi il peso molto contenuto, ottenuto grazie all’alleggerimento generale possibile per l’uso agonistico della vettura, e per il ricorso all’alluminio per la carrozzeria. Il peso di omologazione è di 970 kg.
GOMME
Dunque il rapporto peso/potenza è buono, ma probabilmente a rendere la vettura tanto competitiva è un’altra caratteristica: la gabbia del roll-bar che, oltre a garantire sicurezza in termini di protezione, dà anche alla macchina una rigidità torsionale che gli esemplari di serie non hanno. Addirittura, all’epoca c’è chi si libera della prima Flavia Sport Zagato di serie perché in alcuni punti la carrozzeria tende a creparsi a causa degli eccessivi sforzi di torsione. Il roll-bar è realizzato in tubi leggeri, come “annegati” nei montanti del parabrezza e nella carrozzeria. Fatto sta che con questo telaio protettivo la Flavia Zagato affronta le curve come su un binario. «Bastava metterla sulla giusta traiettoria e aprire il gas: non faceva una sbavatura.
E nessuno era veloce come noi; non c’era Quadrifoglio che tenesse… Molto era merito dell’assetto, a cui pensava Claudio Maglioli, un grande tecnico, oltre che grande pilota» ricorda Marco Crosina, che pure del suo periodo da pilota preferisce ricordare altre vetture, come l’Abarth 850. «La Flavia Zagato era ostica, difficile, non era divertente da guidare, perché molto impegnativa, anche se aveva questa caratteristica che una volta messa nella giusta posizione si poteva accelerare senza problemi. E poi c’era il problema delle gomme. La trazione era notevole, e gli pneumatici che usavamo dopo un po’ perdevano i tasselli del battistrada. Comunque era molto veloce, certamente. Mi sembra di ricordare che arrivasse a 215-218 km/h.»
Qualche ricordo di quelle auto e di quei tempi lo ha anche Cesare Fiorio, creatore della Squadra Corse HF, nata nel 1963 come organizzazione semiufficiale della Lancia nello sport di quegli anni e destinata a divenire il reparto corse della Casa in breve tempo: «Mi ricordo sì Claudio Maglioli e Marco Crosina. Claudio oltre che un buon pilota era un grande tecnico -racconta Fiorio- e mi pare di ricordare che l’idea del roll-bar/telaio fosse stata sua. Di Crosina ricordo bene che era molto veloce, e infatti vinceva. Mi ricordo meno della macchina. Certo posso dire che era veloce, anche se è stata la vettura più brutta che abbia mai fatto correre. Perché bella certamente non lo era... Però vinceva.»