02 February 2014

Epoca: Corvette C3

For driving, by drivers: così l’autorevole settimanale americano Life definì la Gt della Chevrolet, già negli anni 60 un’autentica cult car conosciuta e amata in tutto il mondo.....

La storia

La Corvette C3 rappresenta ancora oggi una delle silhouette più straordinarie mai viste nel campo della produzione di serie: un autentico trionfo per il gruppo di stilisti che sviluppò il progetto sotto la supervisione di Bill Mitchell, dal 1958 responsabile dello styling GM, anche se gran parte del merito andò attribuita a Larry Shinoda, suo braccio destro in quegli anni e protagonista nell’elaborare lo stile della Corvette ’68. Shinoda, non meno di Mitchell, aveva capito benissimo che una vettura come la Corvette avrebbe dovuto esprimere la stessa aggressività di uno strumento nato per le corse.

Oggi tutto questo può sembrare quasi lapalissiano, ma nella seconda metà degli anni 50, quando cominciarono a mettere mano al restyling della prima edizione della Vette (il risultato di quel lavoro sarebbe stato rappresentato dalla stupenda Sting Ray, fulcro della serie C2) i due stilisti dovettero letteralmente lottare per sfuggire all’obbligo dell’uso indiscriminato e massiccio (imposto dagli uffici marketing) di decorazioni cromate sulle carrozzerie delle vetture dell’epoca.

La Corvette edizione 1968, capostipite della serie C3, portò ancora più avanti la rivoluzione iniziata alla grande con la C2, introducendo uno stile in cui per la prima volta l’elemento ruota, di grande diametro e di larga sezione, acquisiva un ruolo determinante nell’architettura complessiva dell’auto: fino ad allora le vetture made in USA avevano conservato quasi invariate per decenni le misure dei pneumatici, al punto che questi erano spesso intercambiabili fra un modello degli anni 30 e uno dei primi anni 60.

Motori

Sul fronte dei motori, la Chevrolet propose per la stagione ’68 solo due versioni base, entrambe con l’8V small-block di 327 pollici cubi (5,4 litri) con potenze massime rispettivamente di 300 e di 350 Cv: fu quello il primo anno in cui su queste unità venne abbandonato il carburatore quadricorpo Holley per un Rochester Quadrajet, prodotto da una delle numerose divisioni di componentistica General Motors.

Furono però offerti come optional non meno di cinque varianti di un 8V big-block 427 (7 litri) verso le quali si indirizzò quasi la metà delle preferenze della clientela: tra queste, la versione L36, alimentata da un carburatore quadricorpo Holley e con rapporto di compressione di 10,25:1, erogava 390 Cv a 5.400 giri/minuto, ma la L68, alimentata con un sistema di carburazione Tri-Power, cioè con tre Holley doppio corpo per assicurare una migliore ripartizione della miscela nei cilindri ai vari regimi di rotazione, sviluppava 400 Cv sempre a 5.400 giri/minuto.

Lo stadio successivo era rappresentato dal motore L71, sempre con la cilindrata di 7 litri ma dotato di punterie meccaniche anziché idrauliche, collettori modificati ma anche pistoni e bielle speciali; sviluppava 435 Cv a 5.600 giri/minuto e richiedeva tassativamente benzina con numero di ottano 100.

Cambio manuale a tre velocità

Sembra impossibile, eppure la Corvette ’68 venne proposta nel modello base con un cambio manuale a tre velocità, che praticamente tutti rifiutarono optando per quello a 4 velocità (con un sovrapprezzo di 144,35 dollari) o addirittura per la trasmissione automatica a tre rapporti Turbo-Hydra-Matic 400 che aveva rimpiazzato negli anni precedenti l’ormai superata Powerglide a due rapporti.

Attraverso un corto albero di trasmissione e due giunti cardanici il moto arrivava dall’uscita del cambio all’entrata del differenziale (un Positraction a slittamento limitato era offerto come optional in alternativa quello di serie) ancorato elasticamente a una traversa del telaio. Il moto alle ruote posteriori arrivava attraverso due semiassi oscillanti, dotati a entrambe le estremità di giunti cardanici.

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