18 August 2013

Epoca, Alfa Romeo Junior Z

La Junior completa il ciclo cominciato con la serie TZ dallo stesso disegnatore del carrozziere milanese. Nonostante la bellezza della linea e la purezza di spirito alfista, forse a causa della crisi di quegli anni rimase in produzione solo dal 1970 al ‘74. Tra 1.3 e 1.6 ne sono stati costruiti 1.500 esemplari.....

Intro

All’inizio degli anni 60 l’Alfa Romeo aveva presentato alcune macchine destinate a entrare nella storia dell’automobile. Tra tutte la Giulia berlina del 1962, seguita un anno dopo dalla coupé Sprint Gt e, nel 1966, dalla spider Duetto. Era un trittico analogo a quello offerto, nel decennio prima, dalla mai dimenticata gamma Giulietta formata, oltre che dalla berlina, anche dalla spider di Pininfarina e dalle Sprint disegnate da Bertone. Nella famiglia delle Giulietta c’era però un altro modello destinato a scrivere un capitolo importante nella storia della casa di Arese. Ovvero la SZ disegnata da Ercole Spada per il carrozziere Zagato. Inizialmente i vertici Alfa Romeo guardavano un po’ di traverso questa coupé. Ma i suoi perentori successi sportivi furono un lasciapassare di rango che le consentirono di trovare spazio nei listini della Casa.

Così la macchina divenne la capostipite di una stirpe raffinata come la Giulia TZ e la TZ2. A ben guardare, però, per completare la gamma Giulia e renderla speculare a quella della Giulietta, mancava una coupé leggera, veloce e dal comportamento stradale tipicamente Alfa. L’avrebbero apprezzata molto i clienti più sportivi desiderosi di una vettura ancora più reattiva e brillante della Sprint Gt. Acceso sostenitore di una macchina così era il brillante e colto presidente dell’Alfa Romeo, Giuseppe Luraghi che, sul finire del 1967, contattò i vertici Zagato commissionando lo studio della futura Junior Z. D’altra parte la storica carrozzeria milanese fondata nel 1919 si era già distinta realizzando le compatte e leggere TZ. Infatti in meno di due anni fu in grado di dare corpo alla nuova macchina che fu presenta ufficialmente al Salone dell’Automobile di Torino del novembre 1969.

La Junior Z, disegnata ancora da Ercole Spada, completava il ciclo cominciato con la serie TZ con una linea moderna, anche vista con l’occhio di oggi. Il frontale è basso e proteso in avanti, col tipico scudo Alfa Romeo “ritagliato” nella lastra di plexiglass che protegge anche i doppi proiettori circolari. La linea laterale è pulitissima, evidentemente derivata da quella delle TZ ma resa più moderna dall’accentuata curvatura dei cristalli laterali e dalla pressoché totale assenza di elementi cromati. La coda, poi, è un piccolo capolavoro: il taglio netto della sezione verticale si accompagna al cortissimo sbalzo e all’inedito paraurti, decisamente più simile ai moderni scudi protettivi presenti sulle vetture di oggi che ai tradizionali inserti a lama in acciaio diffusissimi fino alla fine degli anni Settanta. I gruppi ottici posteriori sono quelli delle berline 1750. Solo sulla più grossa 1600 del 1972 sono montati quelli della 2000 berlina.

Una storia all’avanguardia

La prima versione, la Junior Z di 1.300 cc, derivava dal telaio, opportunamente accorciato, della Duetto spider. Rispetto alla vettura scoperta aveva, quindi, una lunghezza inferiore ma, soprattutto, c’era la novità del serbatoio (lo stesso della Montreal) spostato verso l’asse delle ruote posteriori così da concentrare i pesi il più possibile al centro vettura per limitare l’inerzia nei traferimenti di carico tipici della guida sportiva con grandi frenate e vigorose accelerazioni. Per la Junior Z la parentela con la spider era vantaggiosa anche per un’altra caratteristica tipica di tutte le realiz-zazioni di Zagato. Infatti, grazie alla intrinseca rigidità del telaio era possibile realizzare una carrozzeria molto leggera anche senza ricorrere a materiali come l’alluminio, previsto solo per portiere e cofano anteriore.

Da notare che anche il baricentro è piuttosto basso a tutto giovamento, ancora una volta, del comportamento stradale. Era noto, soprattutto tra coloro che usavano in gara le compatte Alfa Romeo, che la tenuta di strada della Duetto era superiore a quella della Sprint Gt soprattutto sulle curve veloci. Quindi, ricorrendo al telaio della versione aperta per realizzare la piccola coupé di Zagato, il comportamento della vettura non avrebbe potuto che migliorare. Anche gli interni derivavano in modo inequivocabile da quelli della spider. Il cruscotto, completamente rivestito di plastica nera per comunicare un’immagine di modernità e raffinatezza tecnica, aveva disegno ellittico con i due strumenti principali di fronte al pilota e i piccoli orologi secondari al centro della plancia stessa. Il tutto come sulla Duetto, esattamente come per gli strumenti secondari, il volante e gli interruttori di comando. Era nuova la console centrale, rivestita in alluminio, che ospitava, oltre alla leva dal cambio a cloche, i principali interruttori elettrici e il gruppo di comando dell’impianto di climatizzazione. In più era presente il pulsante per sollevare elettricamente di qualche centimetro il portellone posteriore, in modo da favorire il ricambio dell’aria nell’abitacolo.

Molto innovativi e tipicamente anni Settanta i sedili, rivestiti solo in Texalfa (la finta pelle Alfa Romeo) e dotati di appoggiatesta regolabili a scomparsa. Erano più tradizionali, invece, i pannelli porta dotati della tipica componentistica Alfa Romeo. Pur molto ampio e luminoso, l’abitacolo ospitava molto comodamente solo due passeggeri, seduti molto in basso e assistiti da un bagagliaio dall’ottima cubatura per una vettura così sportiva.

La 1.600 è più lunga

La produzione della Junior Z 1300 fu abbastanza breve, circa due anni e mezzo, durante i quali furono costruiti poco più di 1.000 esemplari. Per questo motivo, visti i modesti volumi produttivi in programma, la realizzazione fu affidata fin dall’inizio alla Zagato che curava verniciatura e assemblaggio finale della carrozzeria. La meccanica, invece, era prodotta ad Arese e ripeteva fedelmente quella della serie Giulia, con il bialbero in alluminio alimentato da due carburatori doppio corpo, i quattro freni a disco e il cambio a 5 marce in posizione anteriore. L’unico sviluppo di serie della coupé di Zagato fu la versione 1600 che non si limitò a un semplice aumento della cubatura del motore. La macchina infatti fu modificata profondamente a cominciare dal telaio, che era sempre quello della Duetto, però, anziché essere accorciato come per la 1300, veniva sfruttato in tutta la sua lunghezza. Così non era più necessario spostare il serbatoio in avanti, a vantaggio del contenimento dei costi di produzione.

La lunghezza passò da 3.900 a 4.000 mm e, forse, la vettura perse un pochino in agilità. Però ne guadagnò in penetrazione aerodinamica e in capacità del bagagliaio. Le modifiche esterne furono minime e riguardarono i già citati gruppi ottici posteriori della 2000 berlina e il paraurti anteriore più massiccio e avvolgente. Rimase in produzione per meno di due anni, realizzata in poco più di 400 esemplari. A metà del 1974, infatti, nonostante la mancanza di alternative più moderne nella gamma Alfa Romeo e la disponibilità di motori ancora più potenti che avrebbero potuto giovare alla carriera commerciale della compatta coupé di Zagato, l’Alfa Romeo la tolse di produzione. Un peccato, soprattutto considerando che la meccanica Giulia era ancora disponibile sulle berline a quattro porte (prodotte fino all’arrivo della Giulietta alla fine del 1977) e sulle Spider, che rimasero in listino fino agli inizi degli anni Novanta.

Come spesso accadeva alle Alfa Romeo, tutte le specifiche del progetto erano state brillantemente raggiunte o in alcuni casi superate: la Junior Z aveva il tipico comportamento delle Alfa Romeo di quel periodo, con motori pronti e disponibili a tutti i regimi, una frenata potente ed equilibrata e un assetto sempre preciso ed efficace. La linea era dedicata ai giovani di età e di spirito, dal momento che l’impostazione era decisamente più moderna della coupé Gt. Questo aspetto era sottolineato anche dalla disponibilità di colori specifici molto sgargianti. Anche gli interni, con la predominanza del nero e la vistosa console in alluminio, apparivano decisamente più moderni rispetto a quelli di tutte le altre Alfa. Per non parlare dei sedili, dalla forma anticonvenzionale ma appositamente studiata per assumere una posizione di guida semisdraiata come sulle sport degli anni Sessanta.

La strumentazione principale, raccolta davanti al pilota, era di immediata consultazione. Il cambio, ben raggiungibile, si caratterizzava per gli innesti piuttosto precisi anche se con un’escursione un po’ ampia del leveraggio. Il volante, in plastica nera sulla 1300 e con corona in legno sulla più potente 1600, è di grosso diametro e, spesso, lo si sostituiva con componenti “after-market” dall’aspetto più grintoso e di minori dimensioni. Ottima la visibilità, sia per le ridotte dimensioni del corpo vettura sia per le ampie superfici vetrate. La guida offre ancora oggi sensazioni piacevoli e coinvolgenti. Peso contenuto, baricentro basso e motori reattivi consentono ottime prestazioni in accelerazione e ripresa. Il tutto con il sottofondo del tipico rumore del bialbero Alfa.

La frizione è leggera e pronta. Il cambio, a cinque marce, è adeguatamente scalato anche se spesso afflitto da fastidiosi impuntamenti della seconda marcia. Lo sterzo, privo di servocomando, è un po’ pesante in manovra, ma si fa apprezzare per precisione e prontezza nei percorsi più tortuosi. Da vera Alfa, infine, i freni. Sono potenti e resistenti alla fatica anche se, naturalmente, meno efficienti, a livello di spazi di arresto, rispetto agli impianti moderni.

Restauro facile...

La Junior Z non ha ancora riscosso l’interesse finora tributato non solo alle analoghe versioni della Giulietta, ma anche alle contemporanee Sprint Gt e Duetto. Forse la linea anticonvenzionale o le vittorie sportive meno importanti rispetto alle progenitrici hanno contribuito a mantenere basso l’interesse del mercato verso questa vettura. E dire che, escluse le SZ/RZ degli anni ‘90, la Junior Z e la 1600 Z sono state le ultime realizzazioni in serie del binomio Alfa Romeo-Zagato. Per quanto riguarda la meccanica, non c’è alcun problema nel reperimento dei pezzi di ricambio, condivisi con quelli di numerosi altri modelli Alfa Romeo. Il motore è potente e robusto, e l’unico problema che può manifestare riguarda la messa a punto dei due carburatori doppio corpo, operazione non complessa ma da affidare a mani esperte di propulsori Alfa Romeo. Sterzo e trasmissione sono invece spesso soggetti a usura, e possono richiedere operazioni di ripristino delicate e costose.

Lo sterzo deve presentare solo piccoli giochi da fermo e il più possibile diretto e preciso in movimento: diversamente è necessaria una revisione della scatola guida, operazione non complessa ma da far eseguire a personale esperto. Anche il cambio può presentare segni di usura, del resto compatibili con l’età della vettura. In particolare è abbastanza normale qualche difficoltà di inserimento della seconda marcia, indice di un consumo dei relativi sincronizzatori, e una accentuata risonanza dell’albero di trasmissione intorno ai 60 km/h. Per questo problema è necessario spesso procedere allo smontaggio e alla bilanciatura dell’albero, talvolta con sostituzione dei giunti di collegamento tra le varie sezioni del componente. La manutenzione dei freni non presenta difficoltà né per quanto riguarda l’approvvigionamento dei ricambi né sul fronte delle operazioni di ordinaria manutenzione. Semplice l’impianto elettrico con la sola eccezione del comando di apertura del lunotto posteriore, talvolta soggetto a malfunzionamenti e non sempre agevole da riparare.

La carrozzeria è tipicamente... Alfa. Quindi qualche punto di ruggine sui fondi è da mettere in preventivo, così come alcune imperfezioni di accoppiamento tra parti mobili e carrozzeria. Anche il ripristino degli interni non pone particolari difficoltà visto che, sedili a parte, molti elementi sono in comune con i più diffusi modelli di Arese. In conclusione, l’Alfa Romeo Junior Z e la 1600 Z sono delle vere Alfa fin nell’intimo. Non temono il confronto con mostri sacri come Giulietta SZ e Giulia TZ e con le più diffuse Sprint Gt. Anzi, rispetto a queste ultime, pur condividendo meccanica e prestazioni principali, regalano un perfetto feeling stile anni Settanta. Senza contare il fascino che emana il logo Z: simbolo delle Alfa Romeo più originali e discusse.

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