La produzione della Junior Z 1300 fu abbastanza breve, circa due anni e mezzo, durante i quali furono costruiti poco più di 1.000 esemplari. Per questo motivo, visti i modesti volumi produttivi in programma, la realizzazione fu affidata fin dall’inizio alla Zagato che curava verniciatura e assemblaggio finale della carrozzeria. La meccanica, invece, era prodotta ad Arese e ripeteva fedelmente quella della serie Giulia, con il bialbero in alluminio alimentato da due carburatori doppio corpo, i quattro freni a disco e il cambio a 5 marce in posizione anteriore. L’unico sviluppo di serie della coupé di Zagato fu la versione 1600 che non si limitò a un semplice aumento della cubatura del motore. La macchina infatti fu modificata profondamente a cominciare dal telaio, che era sempre quello della Duetto, però, anziché essere accorciato come per la 1300, veniva sfruttato in tutta la sua lunghezza. Così non era più necessario spostare il serbatoio in avanti, a vantaggio del contenimento dei costi di produzione.
La lunghezza passò da 3.900 a 4.000 mm e, forse, la vettura perse un pochino in agilità. Però ne guadagnò in penetrazione aerodinamica e in capacità del bagagliaio. Le modifiche esterne furono minime e riguardarono i già citati gruppi ottici posteriori della 2000 berlina e il paraurti anteriore più massiccio e avvolgente. Rimase in produzione per meno di due anni, realizzata in poco più di 400 esemplari. A metà del 1974, infatti, nonostante la mancanza di alternative più moderne nella gamma Alfa Romeo e la disponibilità di motori ancora più potenti che avrebbero potuto giovare alla carriera commerciale della compatta coupé di Zagato, l’Alfa Romeo la tolse di produzione. Un peccato, soprattutto considerando che la meccanica Giulia era ancora disponibile sulle berline a quattro porte (prodotte fino all’arrivo della Giulietta alla fine del 1977) e sulle Spider, che rimasero in listino fino agli inizi degli anni Novanta.
Come spesso accadeva alle Alfa Romeo, tutte le specifiche del progetto erano state brillantemente raggiunte o in alcuni casi superate: la Junior Z aveva il tipico comportamento delle Alfa Romeo di quel periodo, con motori pronti e disponibili a tutti i regimi, una frenata potente ed equilibrata e un assetto sempre preciso ed efficace. La linea era dedicata ai giovani di età e di spirito, dal momento che l’impostazione era decisamente più moderna della coupé Gt. Questo aspetto era sottolineato anche dalla disponibilità di colori specifici molto sgargianti. Anche gli interni, con la predominanza del nero e la vistosa console in alluminio, apparivano decisamente più moderni rispetto a quelli di tutte le altre Alfa. Per non parlare dei sedili, dalla forma anticonvenzionale ma appositamente studiata per assumere una posizione di guida semisdraiata come sulle sport degli anni Sessanta.
La strumentazione principale, raccolta davanti al pilota, era di immediata consultazione. Il cambio, ben raggiungibile, si caratterizzava per gli innesti piuttosto precisi anche se con un’escursione un po’ ampia del leveraggio. Il volante, in plastica nera sulla 1300 e con corona in legno sulla più potente 1600, è di grosso diametro e, spesso, lo si sostituiva con componenti “after-market” dall’aspetto più grintoso e di minori dimensioni. Ottima la visibilità, sia per le ridotte dimensioni del corpo vettura sia per le ampie superfici vetrate. La guida offre ancora oggi sensazioni piacevoli e coinvolgenti. Peso contenuto, baricentro basso e motori reattivi consentono ottime prestazioni in accelerazione e ripresa. Il tutto con il sottofondo del tipico rumore del bialbero Alfa.
La frizione è leggera e pronta. Il cambio, a cinque marce, è adeguatamente scalato anche se spesso afflitto da fastidiosi impuntamenti della seconda marcia. Lo sterzo, privo di servocomando, è un po’ pesante in manovra, ma si fa apprezzare per precisione e prontezza nei percorsi più tortuosi. Da vera Alfa, infine, i freni. Sono potenti e resistenti alla fatica anche se, naturalmente, meno efficienti, a livello di spazi di arresto, rispetto agli impianti moderni.