“Se c’è uno che mi può battere, questi è Chris Amon”. Sono parole di Sir Jackie Stewart, tre volte campione del mondo di Formula 1 e all’epoca riconosciuto come l’erede del grande Jim Clark. Basterebbe questo per rendere l’idea di chi fosse Chris Amon (il nome di battesimo completo è Christopher Arthur) che, sul finire degli anni 60, fu prima guida Ferrari in F1.
Nato a Bulls in Nuova Zelanda il 20 luglio 1943, Amon si mette in luce in patria fin da giovanissimo, debuttando in gara con una Austin A40 Special nell’aprile del 1960 a soli 16 anni. Il passaggio alle monoposto è immediato: con l’aiuto del padre, benestante titolare di un’azienda agricola, acquista nel 1961 una Cooper-Climax T41, sostituita sul finire di stagione da una Maserati 250 F.
Gli incoraggianti risultati ottenuti nel suo Paese gli valgono l’appoggio dell’Associazione neozelandese “Un Pilota per l’Europa”, la quale ogni anno offre la possibilità a un promettente giovane connazionale di andare a correre in Europa dove potrà mettersi meglio in luce.
E il denaro dell’associazione si rivelerà ben speso, dato che Amon disputa il suo primo Gran Premio di Formula 1 già nel 1963, a soli diciannove anni, al volante di una Lola-Climax della Scuderia di Reg Parnell. Il debutto è in Belgio sul difficile circuito di Spa-Francorchamps, ma avrebbe potuto avvenire già a Montecarlo dove invece deve cedere la monoposto a Maurice Trintignant che aveva danneggiato la sua durante le prove.
La Lola si rivelerà però poco competitiva, tuttavia il Campionato ‘63, pur non portando punti iridati, rivela la velocità di Amon che, malgrado l’inesperienza e i limiti della macchina, riesce a qualificarsi a centro schieramento.
Al Gran Premio del Messico, però, Amon è al volante di una Lotus-BRM 24, più competitiva rispetto alla Lola, ma il motore al nono giro lo pianta in asso. Nel 1964 arrivano due punti iridati grazie al quinto posto ottenuto al Gran Premio d’Olanda al volante della nuova Lotus-BRM 25 della Scuderia di Reg Parnell. Gara dopo gara Amon migliora i propri risultati, in particolare brilla sui circuiti più difficili e guidati come Spa-Francorchamps e il Nürburgring dove, a due giri dal termine, il cedimento di una sospensione lo priva di un meritato quinto posto.
La stagione 1965 non porta sostanziali novità con la conseguenza che per il 1966 Amon non ha un volante. Gli viene incontro il connazionale Bruce McLaren che, divenuto costruttore, lo ingaggia come pilota-collaudatore. A questo proposito Enzo Ferrari dirà di Amon che è il miglior collaudatore che ci sia stato a Maranello, dote riconosciutagli anche dall’ing. Mauro Forghieri che all’epoca era direttore tecnico della Ferrari.
Si raccontano in proposito alcuni aneddoti, come l’episodio capitato in McLaren durante una sessione di prove di pneumatici. Rientrato ai box, i meccanici gli chiedono di provare un treno di gomme con mescola più morbida. In realtà non le avevano montate e le gomme erano le stesse di prima. Amon, percorsi tre giri, rientra e, rivolto ai meccanici, dice: “queste gomme di diversa mescola sono identiche a quelle di prima.
Ma allora, o il fatto è inspiegabile, oppure voi siete dei bastardi”. In un’altra occasione i tecnici di una Casa di pneumatici, durante una sessione di test, gli montarono a sua insaputa lo stesso tipo di gomme da lui provato tempo addietro, naturalmente dicendogli che si trattava di una mescola nuova. E lui ripetè l’identico giudizio.
Non si conoscono altri subdoli tentativi di scoprirne i limiti, del resto con uno come lui sarebbe stata fatica sprecata. Tornando al 1966, la neonata scuderia McLaren stenta a trovare un motore competitivo e il materiale a disposizione è limitato, fatti che penalizzano sia il titolare che Amon, costretti a saltare qualche gara per indisponibilità della monoposto. Amon mette momentaneamente una pezza con la Cooper che gli fornisce una propria macchina motorizzata Maserati per i GP di Francia e Inghilterra, ma la stagione è destinata a concludersi senza piazzamenti a punti dovuti a problemi meccanici quando, a volte, la sua posizione in gara era tra i primi.
Al termine della stagione 1966 arriva l’attesa svolta sotto forma di una chiamata a Maranello per affiancare Lorenzo Bandini alla guida della 312 nel Mondiale di Formula 1 e della Sport-Prototipo 330 P4 in quello Marche. Al Drake, infatti, non era sfuggito l’apporto di Amon alla 24 Ore di Le Mans, da lui vinta in coppia con Bruce McLaren al volante di una Ford GT 40. Come non gli erano sfuggite le doti di guida del neozelandese, sempre veloce, composto ed esente da errori.
La monoposto di Maranello, oltretutto, era stata la migliore del lotto durante il 1966 e solo le liti tra Dragoni, direttore sportivo della Ferrari, e John Surtees, con conseguente addio del pilota inglese, avevano impedito la conquista, con Surtees, del titolo piloti. Ma accade l’imprevedibile, la morte di Lorenzo Bandini, nel maggio 1967, nel rogo della sua monoposto a Montecarlo. Amon diviene prima guida all’età di 23 anni, un ruolo da capogiro in una scuderia importante come quella di Maranello.
Alla quale Amon stava già dando un efficace contributo alla conquista del titolo mondiale Marche, campionato al quale Enzo Ferrari teneva molto essendo le competizioni dei prototipi più in auge presso il pubblico della stessa Formula 1. E poi c’era la sfida lanciata a Maranello dal gigante Ford, che non lesinava risorse e mezzi pur di battere la Ferrari nel Mondiale Marche. Il tutto con la presenza di terzi incomodi come Chaparral e Porsche.
In coppia con Lorenzo Bandini, Chris Amon vince la 24 Ore di Daytona ‘67 negli Stati Uniti sconfiggendo in casa la Ford, una vittoria che ha risonanza mondiale. E si ripete a Monza, sempre in coppia con Bandini, alla 1000 km due mesi e mezzo dopo. La vittoria nel Mondiale giunge alla 6 Ore di Brands Hatch grazie al secondo posto ottenuto da Chris Amon-Jackie Stewart alle spalle della Chaparral 2F di Mike Spence-Phil Hill. Il 1967 è un banco di prova per Amon, anche perché si vocifera di contatti, poi non concretizzatisi, avvenuti in Ferrari con Denis Hulme e Jackie Stewart.
La 312 si rivela una buona monoposto, forse non all’altezza della nuova Lotus 49 motorizzata dal V8 Ford-Cosworth che esordisce vincendo con Jim Clark in Olanda, dove Amon termina quarto dopo il brillante terzo posto ottenuto a Montecarlo nella gara di esordio in F1 con la Ferrari. In Belgio sale nuovamente sul gradino più basso del podio e, dopo i primi quattro appuntamenti, il neozelandese, pur avendo saltato il GP di apertura in Sudafrica dove la Ferrari non partecipa, è secondo nella classifica piloti alla pari con Pedro Rodriguez.
In Francia abbandona quando è in terza posizione, ma conquista il terzo posto a Silverstone e al Nürburgring. In Canada piove e Amon non ama l’asfalto bagnato. Risultato, è sesto ed Enzo Ferrari commenterà dicendo che gli sembrava di essere come il Duca di Modena, che aveva soldati che combattevano solo quando splendeva il sole.
In compenso, dopo le noie patite a Monza, negli Stati Uniti disputa una bellissima gara, interrotta a una manciata di giri dal termine per il cedimento del motore quando si trova in seconda posizione. In Messico chiude l’ultimo GP della stagione al quinto posto, ma i commissari lo penalizzano di quattro posizioni per aver compiuto l’ultimo giro in un tempo superiore al massimo ammesso, segno evidente di problemi meccanici.
Nel 1967 la 312 si è dimostrata tutto sommato affidabile e i ritiri sono stati solo due. Quello che è mancato è stata la messa a punto, tanto che la monoposto è stata a volte rallentata da inconvenienti banali. Per il 1968 a Maranello attendono la vittoria che manca dal GP d’Italia di due anni prima, quando fu Ludovico Scarfiotti a imporsi. Le premesse ci sono, tanto più che i meccanici non dovranno dividersi, come negli anni precedenti, tra F1 e prototipi non partecipando la Ferrari al Mondiale Marche. Difatti la vittoria arriva ed è in Francia, ma per mano del compagno di squadra Jacky Ickx.
Nasce in questa stagione la nomea di pilota “sfortunato” che il neozelandese si porterà appresso. Dopo un quarto posto a Kyalami in apertura del Campionato, Amon colleziona due ritiri che sono due probabili vittorie mancate: una in Spagna, quando era al comando con largo margine, l’altra in Belgio per un sasso sparato da una ruota della Honda di Surtees che entra giusto nella presa d’aria del musetto della Ferrari perforando il radiatore dell’acqua.
Amon in quel momento stava per superare Surtees portandosi al comando. Per non parlare di Brands-Hatch in Inghilterra dove termina secondo, ma era in testa quando nel finale un’anomala usura dei pneumatici lo obbliga a rallentare (finirà la gara sulle tele) fino a che Jo Siffert su Lotus lo supera.
La sfortuna lo perseguita anche in Germania al Nürburgring, dove esce di pista quando è al terzo posto non per un errore di guida, ma perché scivola sull’olio lasciato dalla Lotus di Hill che lo precedeva. In Canada è saldamente in testa quando, sul finire, deve fermarsi con la trasmissione rotta.
L’appuntamento con una vittoria iridata è ora atteso per il 1969, ma le speranze sono destinate ad andare nuovamente deluse a causa di una stagione costellata da una serie di ritiri. In Spagna, dove era al comando e a Montecarlo quando si trovava in seconda posizione, insomma, su sei GP disputati deve abbandonare per guasti alla monoposto in cinque di essi, concludendo al terzo posto a Zandvoort in Olanda.
L’addio di Amon alla Ferrari avviene nel corso della stagione 1969 dopo il GP di Gran Bretagna, un po’ per le difficoltà nel rinnovo del contratto, un po’ perché deluso dalla scarsa competitività palesata quell’anno dalla monoposto. Il commiato da Maranello non è esente da commenti non proprio benevoli rivolti dal neozelandese alla Scuderia Ferrari. Dice: “con voi ho perso tre anni” - e ancora - “vedremo a fine stagione dove sarò io con la mia nuova March e dove sarete voi”.
Per il 1970 Amon è dunque prima guida della March-Ford, scuderia esordiente ma fondata da personaggi noti nel mondo delle corse. Prima che lasci Maranello, però, Forghieri gli affida il collaudo della 312 B, la monoposto completamente nuova per il 1970. L’avvio di stagione in Sudafrica inizia per Amon nel migliore dei modi perché è in prima fila con l’identico tempo di Stewart (che è in pole perché il tempo lo ha fatto prima di lui), anch’egli su March-Ford ma della scuderia di Ken Tyrrell. Poi, però, si deve ritirare.