04 October 2015

Chevrolet Camaro, Mustang-Fighter

La Ford si inventa una sportiva compatta che fa furore. General Motors non può stare a guardare: nasce così la Camaro, “Mustang-fighter”. E’ un’altra pietra miliare nella storia delle sportive all’americana. Senza soppiantare la rivale, sarà comunque un successo, anche nelle corse. In Italia c’è un pezzo unico: questa SS 350 originale in ogni particolare......

INTRO

Dopo più di due anni di produzione della Ford Mustang e un sensazionale successo di vendite (circa 1 milione e 300 mila unità), la General Motors stabilì che era venuto il momento di prendersi la rivincita introducendo un’automobile che sposasse il segmento delle cosiddette pony car (sportive di dimensioni inferiori rispetto allo standard americano e più gestibili). Proprio sulla scorta del successo clamoroso che la Ford Mustang ottenne in breve tempo (era in vendita dall’aprile del ’64), ai vertici della GM non andava giù che i loro principali concorrenti avessero vita così facile per una nuova tipologia di automobili. Del resto la GM aveva sempre dimostrato di esprimersi al meglio quando si trattava di auto sportive, dunque non poteva sottrarsi a questa battaglia.

CORVETTE
La divisione Chevrolet aveva una sportiva che Ford non poteva certo vantare, la Corvette, ma l’exploit Ford con la Mustang aveva aperto le porte a un’altra categoria di auto, che il pubblico americano mostrava di gradire molto. Le “pony car” si rifacevano al filone delle “muscle car” senza essere delle sportive estreme, creando in quegli anni il punto di partenza per un’immagine più giovanile dell’automobile statunitense. Per le Case USA rappresentava il classico business-affaire: oltre a realizzare grossi numeri di vendita, c’era la possibilità di stabilire una supremazia fra le Big Three (Ford, General Motors e Chrysler), le Tre Grandi che si dividevano il mercato a stelle e strisce.

Senza contare che era altrettanto importante offrire un’immagine rilevante nelle competizioni, dove nuove categorie, sempre più seguite dal pubblico, davano un ottimo ritorno commerciale. Nella seconda metà degli anni Sessanta la guerra commerciale diede frutti spettacolari, con le “muscle car” che conobbero un’epoca breve ma molto intensa. Alla fine del 1967 la Chevrolet risultò al primo posto delle vendite con una gamma molto ampia e capitalizzò ben 1.948.410 unità (circa 200 mila in più rispetto al marchio Ford), grazie anche alla nuova Camaro. La considerazione che ne deriva è la seguente: se alla General Motors va riconosciuto il titolo di aver inventato questo tipo di auto con la Pontiac GTO, alla Ford spetta il merito di aver reso queste auto accessibili a molti clienti.

CAMARO SS

Della lotta a Ford furono incaricate due divisioni GM, la Chevrolet e la Pontiac. La nuova auto con indirizzo sportivo della Chevrolet Division venne battezzata Camaro (Firebird per la Pontiac). Fu presentata su progetto iniziale dello stilista Bill Mitchell e identificata con il soprannome di “Mustang-fighter”, cioè l’arma per combattere il successo della giovane concorrente di casa Ford. La prima Chevrolet Camaro fu realizzata su piattaforma “F-body” da 108 pollici di passo (2.743 mm) ed esordì in versione Hardtop Coupe e Convertible, con una disponibilità di personalizzazioni a dir poco vasta. Si poteva ordinare con ben 80 “factory options” (accessori della Casa) più 40 applicabili dai vari concessionari, sulla base di tre livelli di equipaggiamento e motori di sei cilindrate e nove livelli di potenza.

TRE EQUIPAGGIAMENTI
I tre equipaggiamenti più ambìti che distinguevano i modelli, oltre alle versioni base, avevano una principale identificazione e furono siglati RS (Rally Sport), SS (Super Sport) e Z/28. La Camaro RS si presentava con una mascherina anteriore in colore nero con fari a scomparsa e accessori sportivi nell’allestimento interno. La versione SS includeva il motore 350 cubic inches (5,7 litri: il primo V8 Chevrolet di questa cilindrata) oppure un big block 396 c.i. (6,5 litri), mascherina in colore nero, strisce speciali (stripes) e griglie non funzionali inserite nel cofano. La Super Sport si poteva anche ordinare con la combinazione dei due pacchetti (RS/SS) insieme a tutti i loro accessori.

La Z/28 era una versione corsaiola, destinata a competere nel campionato Trans-Am, dove il regolamento prevedeva una cilindrata massima di 5 litri (305 c.i.). Però la versione in commercio fu dotata di uno small block V8 da 302 c.i. con 290 CV dichiarati (in realtà accreditato di 360 CV), abbinato a un cambio manuale Mune a 4 marce, freni anteriori a disco, servosterzo, sospensioni speciali e racing stripes. Della Camaro modello Z/28 nel primo anno furono costruite appena 602 unità. Nel maggio del 1967 la Chevrolet Camaro debuttò anche come Official Pace Car nella 500 Miglia di Indianapolis, con una versione Convertible dotata dell’option-package SS, motore big block 396 c.i., vernice bianca con stripes e interno blu; di questa furono costruite 104 unità commemorative.

ELABORAZIONE

Il suo V8 originale dava 295 CV a 4800 giri ma, giunto alla fine del servizio, è stato sostituito con un “crate engine” Goodwrench. La Goodwrench è la divisione racing della Chevrolet, con un vero e proprio listino di parti speciali per auto di ogni epoca. I “crate engine” si possono acquistare completi oppure senza accessori (carburatore, alternatore, spinterogeno e altro). Nascono per sostituire di sana pianta i motori del marchio, mantenendo la tecnica di base e preservando l’originalità dei V8 General Motors. L’unità scelta dal precedente proprietario è quella che si avvicina di più al motore originario.

E’ sempre un V8 350, arricchito da alcune parti speciali: collettore di aspirazione Edelbrock, carburatore Holley 650 CFM, accensione Mallory e 2 collettori di scarico 4 in 1. Un’operazione che ha portato la potenza intorno a 330 CV a 5200 giri. La trasmissione è la Turbo Hydra-Matic 350 a tre rapporti, azionata dal tipico selettore a maniglia, mentre l’interno è in configurazione optional DeLuxe, molto ben conservato in questi 40 anni. L’abitacolo con questo pacchetto si presenta con volante regolabile, vetri elettrici e aria condizionata. L’autoradio d’origine è stata sostituita e acquistata presso la Custom Autosound, un’azienda californiana che riproduce le autoradio originali d’epoca conservando l’estetica esterna, ma con i componenti moderni al loro interno.

La carrozzeria in colore “Matador Red” (dotata di tutti i badge e i fregi nuovi di zecca) assorbe le asperità del terreno grazie agli ammortizzatori Koni regolabili, mentre i cerchi Rally Wheels montano pneumatici 235/60-15. Anno dopo anno il cultore romagnolo provvede a ripristinare molte parti dell’auto e sostituire gli organi consumati, terminando il lavoro soltanto dieci anni più tardi. Poi, nel gennaio del 2007, la bella coupé da Rimini arriva nel veronese da Giovanni Galli, il nuovo proprietario che l’ha fatta fotografare ad Automobilismo. Egli non ha acquistato soltanto una Chevrolet Camaro del ’68, ma anche l’importante eredità storica che conserva questo splendido esemplare.

VITTORIE

Piccoli cambiamenti introdussero la Camaro del 1968: furono eliminati i deflettori laterali, modificata la divisione dei fanali posteriori e aggiunte le luci d’ingombro laterali. Una variante tecnica riguardò invece le sospensioni posteriori, dove il sistema a bracci multipli con nuovi ammortizzatori rimpiazzò il precedente a braccio singolo. La trasmissione continuò ad essere manuale a 3 o 4 marce, oppure a cambio automatico Powerglide a due rapporti. Alla già ampia gamma di propulsori fu aggiunto un altro 396 (da 350 CV) per la versione SS. La Z/28 versione ’68 era riconoscibile più facilmente, grazie al badge siglato Z/28 inserito nelle estremità anteriori laterali della carrozzeria. Ebbe un discreto successo, balzando a 7.199 unità prodotte. Il 1968 fu anche l’anno in cui la Camaro Z/28, pilotata da Mark Donohue, vinse il campionato Trans-Am con il Team Penske, battendo la rivale Ford Mustang che veniva dalle vittorie del ’66 e ’67. Nello stesso anno uscì la nuova Corvette (la C3), che spesso fu abbinata alla Camaro nelle pubblicità per proporre le “differenti similitudini” tra i due modelli sportivi della Casa.

EVOLUZIONE
Il 1969 fu l’ultimo anno della gloriosa prima generazione Camaro (su un totale di cinque). La versione di quell’anno prevedeva un restyling più profondo, con nuove forme dei passaruota (squadrati anziché tondi); la parte anteriore contraddistinta da una calandra divisa in tre segmenti e quella posteriore ridisegnata con due fari bassi e allungati. Nuovi anche i paraurti con la possibilità di richiedere gli “Endura bumpers” (paraurti in materiale composito che sostituivano quelli in acciaio) in tinta con la carrozzeria. L’estetica aggressiva della SS fu incentivata dalla disponibilità di due cofani speciali denominati “Cowl Induction” o “Cold-air duct”: il primo aveva una bombatura con presa d’aria rivolta verso l’abitacolo, il secondo delle griglie simili ai modelli degli anni precedenti ma direttamente collegate al filtro dell’aria. Gli interni furono rivisti con un cruscotto di nuovo disegno e sedili più confortevoli. La RS continuò a essere la versione più popolare e tra i motori fu aggiunto un nuovo 307 c.i. da 200 CV mentre fu tolto uno dei due 6 cilindri in linea (il 230 c.i., 3,8 litri da 140 CV). La Z/28 continuò ad avere il 302, invariato nella potenza, e vinse ancora il campionato Trans-Am. La Camaro fu ancora pace car ufficiale della 500 Miglia di Indianapolis, sempre con una SS convertibile, questa volta con interno e stripes in rosso su carrozzeria bianca (replicata in 3.675 esemplari).

BIG BLOCK
La Camaro SS 350 fotografata è senza dubbio la più interessante reperibile nel nostro Paese. Un esemplare che per storia, allestimento e condizioni è tra i più validi esempi della prima generazione. Sulla SS gli appassionati prediligevano il massimo, cioè il motore “big block” 396 da 6.500 cc; ma per l’Italia (e per l’Europa) i 5,7 litri della versione 350 erano comunque stratosferici. Inoltre nel 1968 questa auto costava, con il pacchetto opzionale SS e l’interno DeLuxe, circa 3.400 dollari: una cifra per pochissimi in Italia. Senza contare che le auto americane erano sconosciute, non c’era alcuna importazione ufficiale soltanto un paio d’importatori paralleli e sulle riviste specializzate non se ne parlava. Dunque, chi acquistava una di queste auto era un seguace del culto del Sogno Americano. Una Chevrolet Camaro sul suolo italiano era una mosca bianca. Anche per tutto quello che poteva significare mostrare un’auto americana, imponente, costosa e con la sigla SS nell’Italia del ’68. Costruito nella fabbrica di Norwood in Ohio, questo esemplare è giunto in Italia dall’origine. Faceva parte di una rara serie di vetture “export”, come si evince dalla presenza del contakm al posto del contamiglia. Dopo varie vicissitudini la Camaro è acquistata da un collezionista di Milano nei primi anni Ottanta, poi nel 1986 passa nelle mani di un appassionato di Rimini che la mantiene alla perfezione utilizzandola per frequentare i raduni o per passeggiare lungo la Riviera romagnola.

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