13 March 2023

BMW M3 E30 2.3 / E36 3.0 Gruppo N: un nome, una garanzia

L’anno scorso BMW ha festeggiato i 50 anni della divisione sportiva M Motorsport. Ispirata dallo slogan di Robert A. Lutz “Un’azienda è come un essere umano. Sta bene fi...

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L’anno scorso BMW ha festeggiato i 50 anni della divisione sportiva M Motorsport. Ispirata dallo slogan di Robert A. Lutz “Un’azienda è come un essere umano. Sta bene finché è sportiva, in ottima forma, ben addestrata, piena di entusiasmo e performante”, il 1° maggio 1972 venne fondata con l’obiettivo di affrontare e vincere le sfide sportive. In questa lunga storia svettano le prime due M3.

La nuova azienda, con 35 dipendenti e diretta da Jochen Neerpasch, ex pilota Porsche e poi capo del reparto sportivo Ford a Colonia, si insediò nella struttura di oltre 8.000 mq, situata nelle vicinanze dello stabilimento BMW di Monaco, dopo qualche mese.

Proprio per questa ragione, le prime auto da corsa uscirono dalla nuova fabbrica solo nel corso della stagione 1973. Nel dettaglio, si trattava di una 2002 destinata ai Rally e spinta da un motore 2.0 litri quattro cilindri 16 valvole da 240 CV, ma soprattutto della gloriosa 3.0 CSL. Una filante coupé equipaggiata con un 6 cilindri in linea di 3 litri di cilindrata, con testata a 12 valvole e iniezione di benzina, il tutto per una potenza massima di 360 CV, associata a 1.092 kg di peso, un dato raggiunto grazie all’impiego di materiali leggeri come l'alluminio per i cofani e le portiere.

Questa grossa coupé fece incetta di vittorie e titoli, ma non è tutto, perché il nuovo team si rivelò innovativo nel mondo delle competizioni anche sotto il profilo dello stile. Tutti i mezzi si fecero infatti immediatamente notare grazie alla suggestiva grafica: le mitiche tre strisce di colore, blu, viola e rosso (il blu rappresentava la BMW, il rosso le corse e il viola la simbiosi tra i due elementi), mentre il fondo era bianco brillante.

Un’inconfondibile “marchio di fabbrica” che, pur con il blu che ha preso il posto del viola e l’aggiunta della iconica M, caratterizza ancora oggi le BMW “cattive”. Ai giorni nostri, la denominazione ufficiale dell’azienda è BMW M GmbH. Che coppia! Da allora, la divisione Motorsport ha “sfornato” una lunga serie di modelli sportivi di grande successo.

Ma se è vero che la prima vettura a sfoggiare l’inconfondibile sigla “M” fu la gloriosa M1, un’autentica vettura da corsa da 277 CV che, nel biennio 1979/1980 diede vita anche alla serie ProCar in concomitanza con i Gran Premi di F1, è altrettanto innegabile che, nell’immaginario collettivo degli appassionati, l’auto che evoca immediatamente i modelli sportivi della Casa di Monaco è la M3.

Perché si tratta di una vettura derivata dalla serie, nonostante il prezzo da supercar della prima M3 E30 (oltre 50 milioni di lire in Italia), ma anche per aver contribuito al continuo successo del filone delle medie supersportive, proseguendo questa tradizione fino ai giorni nostri.

Basta infatti pronunciare la sigla M3, che all’appassionato si accende subito il… quadro, visualizzando la capostipite della serie: la E30, che fu presentata al Salone di Francoforte nel 1985. Ma anche il modello successivo, la E36 che fa la sua comparsa a fine 1992, ha segnato un capitolo importante nella storia della Serie 3, grazie in gran parte all’adozione del motore 6 cilindri in linea con testata a 4 valvole per cilindro.

Ecco quindi i motivi per cui abbiamo deciso di portare in pista questi due gioielli, a maggior ragione considerando il fatto che, proprio a partire da quest’anno, la versione E36 3.0 potrà partecipare ai campionati per auto storiche. E30: nata per vincere La BMW M3 E30 nacque prevalentemente per l’impiego sportivo, ma anche per contrastare il discreto successo commerciale che, nella prima metà degli anni 80, stavano ottenendo altre due medie ad alte prestazioni: Ford Sierra RS Cosworth e Mercedes 190 2.3 16 V, auto che si vendevano anche in virtù dall’immagine rafforzata dai loro successi sportivi.

Per ottenere l’omologazione per le gare Turismo, era inoltre necessario realizzare almeno 5.000 esemplari in 12 mesi consecutivi, un impegno industriale che comportò il trasferimento della produzione in un secondo stabilimento, a Garching, nelle vicinanze della città di Monaco.

Nell’impostare il progetto, Paul Roche, a capo della divisione motori Motorsport, preferì utilizzare il 4 cilindri perché più compatto e leggero rispetto al 6, oltre che caratterizzato da una maggiore coppia. La scelta cadde sul blocco cilindri M10, utilizzato con successo in F1, accoppiato alla testata a quattro valvole per cilindro derivata dal motore M88/1 della M1: per la prima volta una Serie 3 venne equipaggiata con una motorizzazione così potente e altrettanto sofisticata.

Con la cilindrata portata a 2.3 litri, tramite l’aumento dell’alesaggio, questo motore garantiva una potenza massima di 200 CV (195 nella versione catalizzata) a 6.750 giri, quanto bastava per assicurare una velocità massima di 235 km/h. Il telaio derivava ovviamente da quello della E30 normale, ma presentava evidenti differenze estetiche: i parafanghi “bombati” per far fronte all’allargamento delle carreggiate, le minigonne laterali, i montanti posteriori erano più spessi e inclinati per convogliare meglio il flusso d’aria verso l’ala posteriore, posizionata su un cofano specifico, mentre per bilanciare il carico aerodinamico tra i due assi, il paraurti anteriore integrava un “labbro” inferiore più pronunciato. Una cura aerodinamica che si rifletteva in un Cx di 0,33 a fronte di una deportanza decisamente superiore rispetto a quella della Serie 3 standard.

Anche le sospensioni, MacPherson all’anteriore e a bracci obliqui al posteriore, erano state adattate all’utilizzo sportivo, al pari dell’impianto frenante potenziato, con dischi autoventilanti all’anteriore accoppiati a pinze flottanti e sistema ABS; non mancava poi il differenziale autobloccante tarato al 25%. Caratteristiche che ne fecero un ottimo punto di partenza per la preparazione sportiva in Gruppo A e N, dove la M3 E30 2.3 raccolse numerosi successi, sia in pista, sia nei Rally.

Al pari della successiva versione EVO 2.5, che si fece largo nel Campionato Superturismo. Anche a livello commerciale i risultati furono assolutamente degni di nota: 17.970 unità realizzate prima di cedere il posto, nel 1992, alla successiva serie E36. E36: sportiva, ma con eleganza Più che un’evoluzione, la M3 E36 rappresenta una vera e propria rivoluzione rispetto alla vettura di cui ha preso il testimone.

Prima di tutto perché, nel confronto con la E30, la sua erede è decisamente più elegante: non ostenta infatti più le sue origini corsaiole con vistose appendici aerodinamiche, ma si fa notare anche per la maggiore abitabilità, soprattutto nella parte posteriore, nonostante la carrozzeria coupé.

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Poi monta un motore 6 cilindri in linea, un 3.0 litri accreditato di 286 CV di potenza massima ed equipaggiato con sistema di fasatura variabile Vanos, il dispositivo a gestione elettronica che varia la fasatura delle valvole a seconda della richiesta, incrementando la coppia, soprattutto ai regimi bassi e medi. E, a conferma di come BMW abbia rivisto la propria strategia commerciale per questa tipologia di vetture, va segnalato che la E36 fu anche la prima M3 ad essere offerta anche con il cambio SMG come optional. Inoltre, grazie all’introduzione del nuovo programma BMW Individual, al cliente veniva offerta la facoltà di personalizzare a piacimento la propria vettura attraverso una lunga serie di optional ed equipaggiamenti interni speciali, oltre a proporre verniciature fuori gamma per quanto riguarda la carrozzeria, in seguito offerta anche a 4 porte.

Poche modifiche concesse dal Gruppo N
Le vetture del nostro test raccontano due storie differenti, ma hanno entrambe corso all’epoca: la E30 è rimasta nelle stesse condizioni di allora, mentre la E36 è stata riallestita recentemente, con la sostituzione della scocca, che versava in pessime condizioni, ma comunque utilizzando la meccanica d’origine. Analizziamo quindi come venivano preparate le versioni da corsa con specifiche per correre in Gruppo N, una regolamentazione tecnica che pone molti vincoli, essendo di fatto quella più vicina alla produzione di serie. La E30 di questo servizio è stata interamente allestita dal team W&D nel 1988, partecipando poi a gare del CIVT ed endurance. L’auto stradale è stata quindi completamente smontata, eliminando dalla scocca tutti i rivestimenti e le staffe superflue per l’utilizzo sportivo, con l’intento di contenere al massimo il peso.

La scocca è stata sverniciata manualmente nelle aree poi sottoposte alle operazioni di irrigidimento, ottenuto tramite risaldatura degli accoppiamenti dei lamierati. Questo perché il regolamento imposto dal Gruppo N non consentiva l’aggiunta di lamiere di rinforzo diverse rispetto a quelle originali nei punti più sollecitati: zona di attacco delle sospensioni e duomi degli ammortizzatori, collegati tra loro con una apposita barra imbullonata. È stata poi installata una gabbia di sicurezza della OMP, saldata alla scocca per unire la cellula centrale con i duomi anteriori e i passaruota posteriori. Dato il posizionamento del secondo serbatoio originale dietro il pannello dei sedili posteriori, in modo da garantire l’adeguata autonomia, non è stato possibile mantenere la barra di rinforzo orizzontale di collegamento dei duomi posteriori.

Sempre per ragioni di contenimento del peso, ma anche per scongiurare eventuali contatti anomali, l’impianto elettrico è stato modificato, eliminando tutte le derivazioni non necessarie per l’utilizzo racing. Per visualizzare meglio le informazioni “vitali” della meccanica, è stato poi aggiunto un cruscottino supplementare, con contagiri e due manometri, nella parte superiore del piantone di sterzo. Il regolamento del Gr. N consentiva unicamente l’utilizzo dei particolari originali delle sospensioni, così come non si potevano variare i punti di attacco dei bracci. Veniva tuttavia fornito dalla BMW Motorsport un kit composto da boccole di fissaggio in materiale più rigido, che entro certi limiti consentivano anche l’ottimizzazione delle geometrie. Il kit includeva anche ammortizzatori racing Bilstein a taratura fissa, con attacco inferiore integrato nel fusello, di materiale più resistente, abbinati a molle coassiali più rigide e di diametro inferiore all’anteriore, mentre al posteriore le molle restano sempre separate.

Tramite la filettatura sul fodero dell’ammortizzatore, è possibile variare l’altezza da terra della vettura facendo scorrere le apposite ghiere. L’impianto frenante deve utilizzare componenti originali, sia per quanto riguarda i dischi, autoventilanti all’anteriore da 280x25 mm e 260x12 al posteriore, e pinze, sia che per la pompa dotata di servofreno. Sono concesse invece le pastiglie di tipo racing e i tubetti dei freni ad alta tenuta con treccia metallica. Anche il motore deve mantenere le componenti di serie, oltre ai circuiti di raffreddamento e lubrificazione, ma è possibile montare un impianto di scarico sportivo più “libero”; a livello di elettronica, è invece stata sostituita la Eprom della centralina.

Il tutto per un risultato finale di circa 220 CV a 7.200 giri e una coppia di 23 kgm a 5.600 giri. Stesso discorso per la trasmissione, che utilizza il cambio a 5 rapporti di serie, così come l’albero di trasmissione e i semiassi, mentre si è lavorato sul differenziale autobloccante di serie, con l’aggiunta di dischi, per aumentare il bloccaggio dal 25% di origine al 45%. Mantenendo la meccanica di una vettura che corse negli anni 90, completamente verificata e revisionata, la E36 ritratta in queste pagine è stata allestita recentemente, sostituendo la scocca. Proveniente da una vettura stradale, quest’ultima è stata sverniciata con acqua ad alta pressione, metodo molto utilizzato negli ultimi anni perché garantisce la completa asportazione del materiale senza danneggiare i lamierati.

Quindi sono state riprese le saldature tra i lamierati, con particolare riguardo alle zone maggiormente sollecitate, è stata installata la gabbia di sicurezza OMP con gli ultimi aggiornamenti, poi il tutto è stato verniciato con un solo strato di vernice per non incidere sul peso. Per lo stesso motivo, ma anche per garantire una migliore funzionalità, l’impianto elettrico è stato rifatto ex novo, mantenendo solo le funzioni necessarie per l’utilizzo racing, mentre a breve dovrebbe essere montato un nuovo contagiri racing dell’epoca. Le sospensioni mantengono i componenti originali, con i bracci ancorati tramite boccole in materiale più rigido, così come i supporti motore, mentre gli ammortizzatori sono Bilstein racing regolabili in estensione e compressione, accoppiati a molle più rigide di diametro ridotto, coassiali all’anteriore e separate al posteriore.

Le barre antirollio, originali, offrono la doppia regolazione all’anteriore tramite due fori per lato sui “coltelli”. L’impianto frenante mantiene dischi autoventilanti su tutte le ruote, da 315x25 mm anteriori e 312x20 mm posteriori, simili agli originali ma di materiale migliore, tubi ad alta tenuta con treccia metallica e pompa originale con sistema ABS, eventualmente disinseribile dall'abitacolo. Il motore è stato revisionato, con ripristino dei piani e pulizia di tutti i passaggi, lucidatura di valvole e alberi a camme, mentre albero motore, pistoni e bielle sono stati sostituiti; il tutto bilanciato insieme a volano e blocco frizione con doppio disco in rame. Sostituito anche lo scarico, in titanio, con due catalizzatori a 100 celle.

La centralina elettronica originale è stata rimappata, per un totale di 306 CV Il cambio, di serie, a cinque rapporti, è stato completamente revisionato, così come l’albero di trasmissione, bilanciato e dotato di nuovi supporti, mentre la percentuale di bloccaggio del differenziale è stata innalzata al 75%. Da segnalare che, all'interno della coppa dell'olio sono state aggiunte paratie per risolvere il difetto congenito di questo motore, caratterizzato da problemi di pescaggio di lubrificante in staccata e nei curvoni in percorrenza. In pista: caratteri diversi, divertimento assicurato

Per provare questi due ”gioielli”, ci siamo dati appuntamento al Cremona Circuit, un tracciato completo che, nei suoi 3,7 km di lunghezza, concentra un mix di situazioni ideali per mettere alla frusta ogni tipo di vettura: misto stretto, curve di percorrenza e un rettilineo di 900 metri dove far “galoppare” i CV prima di mettere alla prova la bontà dei freni nella staccata finale. Andando in ordine di data di nascita, partiamo dalla E30. La prima bella sorpresa è che la posizione di guida pare ”tagliata su misura” per noi, con tutti i comandi perfettamente a portata di mano e la visuale ottima.

La frizione ben modulabile rende agile la partenza. Fin dai primi metri il 4 cilindri bavarese mostra prontezza nella risposta, a patto di tenerlo “allegro”, e brillantezza nell’allungo, ben coadiuvato dal cambio dolce negli innesti e preciso. Anche l’ingresso in curva è molto rigoroso e lo sterzo, piuttosto pesante, trasferisce con precisione quello che stanno facendo le ruote. Buona anche la percorrenza delle curve veloci, mentre su quelle più strette bisogna essere graduali nella fase di accelerazione, pena un avviso di sovrasterzo comunque progressivo e ben controllabile.

La frenata è all’altezza della situazione, potente e precisa; anche quando si affonda decisi in staccata, non si manifestano particolari stravolgimenti del posteriore. Insomma, quanto basta per divertirsi alla grande, dopo avere acquisito la necessaria malizia. Infatti, alla soglia dei suoi quasi 35 anni, la M3 E30 si conferma ancora un gran bel mezzo, motivo per cui non deve stupire che nella sua lunga carriera abbia raccolto tanti successi, come del resto continua a fare tuttora nelle gare per auto storiche. L’unico appunto che mi sento di muovere, dopo un’esperienza diretta vissuta in pista nel CIVT 1991, la difficoltà di guida sul bagnato.

Quell’anno disputai alcune gare con un’Alfa Romeo 75 1.8 turbo e, siccome si correva insieme pur facendo parte di classi differenti, N3 per la 75 e la classe superiore N2 per la E30, ricordo quanto fossero veloci le bavaresi in condizioni normali, mentre nell’ultima bagnatissima gara a Monza le vidi davvero in crisi, con diversi piloti finiti fuori pista, mentre altri, precauzionalmente, scelsero di rientrare ai box. Sulla E36, a causa del sedile fisso, abbiamo dovuto adattare la posizione di guida con gli immancabili cuscini e la regolazione del volante, trovando comunque un buon compromesso che ci ha consentito la corretta manovrabilità dei comandi, sia volante e cambio, sia per quanto riguarda la pedaliera. In questo caso, l’attacco della frizione più brusco ha richiesto una maggiore attenzione nella partenza rispetto alla E30, comunque senza particolari problemi avendo l’accortezza di tenere il motore su di giri. Peraltro un’accortezza piacevole, data la musicalità del 6 cilindri bavarese.

Che apprezziamo ancora di più quando cominciamo a “spremerlo”, in pista, dove mostra prontezza e linearità nell’accelerazione e in allungo, anche in questo caso perfettamente coadiuvato da un cambio ”da favola”, dolce e preciso negli innesti. La E36 si mostra lineare in tutte le fasi: ingresso, percorrenza e pure in accelerazione in uscita di curva, senza mai manifestare reazioni brusche, tali da metter in difficoltà il pilota. La frenata, poi, con l’azione dell’ABS è davvero da lode: basta sfiorare il pedale per rallentare istantaneamente e senza scompensi. Insomma, l’impressione è quella di potersi spingere ad un buon livello di prestazione con una apprezzabile scioltezza. E con grande piacere. Credo quindi che potrà essere una temibile avversaria per le concorrenti della sua categoria nelle auto storiche.

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