S e il buongiorno si vede dal mattino, il 1967 non poteva iniziare meglio per la Fiat 124, eletta “Auto dell’Anno” da una giuria internazionale di giornalisti. Un debutto sotto i migliori auspici ma frutto di scelte tecniche non facili né scontate: possiamo dire, anzi, che la gestazione del progetto 124 fu assai travagliata. E questo soprattutto per l’antagonismo tra due diversi gruppi di progettisti. Protagonisti della contesa furono gli ingegneri Montabone e Messori, rispettivamente responsabili dell’ufficio vetture e di quello collaudi. Il dualismo sembrò essere destino della 124 perché, risolta la diversità di vedute tra i progettisti, esso riprese a manifestarsi sotto forma di un’iniziale rivalità commerciale con la sorella 1100 R, fra l’altro messa in listino nel medesimo periodo.
Tornando ai due litiganti, il pomo della discordia stava nella diversa concezione della scocca e della sospensione posteriore, pur essendo i due d’accordo sull’impostazione tradizionale: motore anteriore longitudinale e trazione posteriore. Ma anche su queste scelta era stato all’inizio sollevato qualche dubbio, e per buone ragioni. In Fiat si avvertiva con chiarezza la necessità di svecchiare la produzione dei modelli di fascia mediobassa (la 1100 D e la 1300) che la nuova 124 avrebbe dovuto mandare contemporaneamente in pensione, ma ci si domandava come. E qui stava il nocciolo del problema.
TUTTO AVANTI
Contrariamente al parere della direzione generale, per la quale era sufficiente un incremento nelle dimensioni della vettura (in particolare nella larghezza) e una linea più al passo con i tempi, l’ing. Dante Giacosa sosteneva la necessità di dare al mercato un forte segnale di rinnovamento, anche tecnico. Egli propendeva per una vettura che fosse sì un po’ più lunga, e soprattutto più larga della 1100 D, ma la voleva a trazione anteriore e con motore trasversale. Per questo aveva nel cassetto il progetto siglato 123. I vertici aziendali, invece, non ritenevano che fossero maturi i tempi per il “salto” alla trazione avanti e, pur lasciando a Giacosa la libertà di portare a termine il proprio lavoro, fu esclusa di fatto tale soluzione. Quel progetto di Giacosa si concretizzerà poi nella Autobianchi A 111 del 1969.
In mezzo a questo fervore d’idee e progetti, ci fu l’accordo con l’Unione Sovietica, siglato il 4 maggio 1966 a Torino tra il presidente della Fiat Vittorio Valletta e il ministro russo Alexander Taraszov, per costruire automobili in Russia. Bisognava dunque dare ai sovietici un modello da costruire, che fosse robusto e adatto al clima e alle strade di quello sterminato Paese. Dopo aver esaminato tutti i modelli europei di classe medio-popolare, avevano individuato nell’Autobianchi Primula l’auto che meglio rispondeva alle loro esigenze, con ciò dando indirettamente ragione a Giacosa. In Fiat questa preferenza non era stata gradita, prima di tutto perché la Primula (pur vettura del gruppo) era un’Autobianchi e non una Fiat. E poi perché montava il motore di 1.221 cc della 1100 D, ormai superato e destinato a essere sostituito dal nuovo quattro cilindri in linea con albero motore su cinque supporti di banco che l’ing. Aurelio Lampredi aveva progettato per la 124.
Insomma, era la nuova 124 che Fiat voleva far produrre a Togliattigrad. E così fu. Niente Primula in Unione Sovietica, niente trazione anteriore a Torino: la nuova vettura media da famiglia avrebbe avuto il motore longitudinale e la trazione posteriore, in linea con i desideri della direzione torinese che voleva soprattutto escludere il rischio di un modello troppo “nuovo”, che poteva essere rifiutato dalla clientela tradizionalista. Tornando alla tenzone tra ingegneri, Montabone propendeva per un ponte posteriore rigido montato su balestre longitudinali, soluzione affidabile ed ultra-collaudata, mentre Messori portava avanti con molta determinazione una sospensione basata su molle elicoidali. A giudizio di Giacosa il progetto di Montabone aveva il vantaggio di una costruzione della scocca più semplice ed economica, mentre Messori privilegiava soluzioni più raffinate, ma con un maggior numero di componenti del pianale e quindi un maggiore costo di produzione. Il direttore generale della Fiat, Gaudenzio Bono, dopo aver esaminato i due progetti prese da ciascuno il meglio: fece costruire un prototipo con la scocca di Montabone e il ponte posteriore di Messori, che divenne la vettura definitiva. La Fiat 124 era nata.