Matteo Di Lallo
19 February 2020

Auto a idrogeno: possibile realtà futura?

Una tecnologia sicuramente rispettosa per l’ambiente e corredata di tutti i vantaggi offerti dall’elettrico ma purtroppo non ancora abbastanza diffusa e sviluppata. Potrebbe però diventare in futuro una valida alternativa?

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Cosa sono?

Una vettura alimentata a idrogeno è un’auto elettrica, alimentata però non da comuni battere agli ioni di litio ma da pile di combustibile (fuel cell) cioè da dispositivi elettrochimici che permettono di ottenere elettricità dalla combinazione dell’idrogeno con l’ossigeno. Questa reazione per ottenere elettricità dalla combinazione di idrogeno e ossigeno avviene senza alcun tipo di processo di combustione - ossidazione dell'idrogeno senza passare dalla combustione diretta - ma si basa sull’idea di spezzare le molecole dell’idrogeno in ioni positivi ed elettroni; questi ultimi, passando da un circuito esterno, forniscono una corrente elettrica proporzionale alla velocità della reazione chimica, utilizzabile per qualsiasi scopo. Tale reazione produce un prodotto di scarto, l’acqua, che può essere rilasciato in natura in quanto perfettamente compatibile con l’ambiente e per nulla alterato, eliminando completamente le emissioni di CO2 e i problemi climatico-ambientali a esse associate. Nei motori ad idrogeno (FCEV = Fuel Cell Electric Vehicle) quindi non si fa altro che sfruttare questa energia elettrica come carburante per produrre energia meccanica così da muovere la vettura. Il passaggio da energia elettrica a meccanica avviene, come detto in precedenza, facendo reagire l’idrogeno con l’ossigeno all’interno di una pila a combustibile. Una trasformazione che non produce emissioni e che già ora garantisce percorrenze chilometriche accettabili. Una volta alimentate le vetture FCEV funzionano esattamente come un comune veicolo elettrico.

Pro e Contro

Il rovescio della medaglia è certamente la bassissima diffusione dei distributori di rifornimento per l’idrogeno. Una situazione aggravata in primis dalla difficoltà di stoccaggio dell’idrogeno a pressioni particolarmente elevate o in condizioni praticamente criogeniche e in secondo luogo dagli elevati costi realizzativi per questa tipologia di impianti di distribuzione. Vista, infatti, la sua scarsa densità energetica su base volumetrica, l’idrogeno deve per forza tanto nei distributori quanto nei serbatoi delle auto essere stoccato con pressioni particolarmente elevate o con un trattamento di tipo criogenico. Questa elevata pressione rema purtroppo controcorrente rispetto alla sicurezza e apre interrogativi sulla sua reale sostenibilità, dato che comprimere l’idrogeno comporta un dispendio d’energia. C’è poi da considerare un ultimo aspetto: la questione di come l’idrogeno sulla Terra non sia disponibile in forma naturale e non possa quindi essere considerato una fonte rinnovabile. Viene, infatti, classificato come un vettore energetico e la sua produzione e utilizzo in genere non sono vantaggiosi né dal punto di vista dell’efficienza energetica né da quello delle emissioni di CO2. A meno che per ricavare l’idrogeno vengano utilizzate fonti rinnovabili discontinue (come l’energia solare o quella eolica) nei periodi in cui ve ne sia un surplus rispetto alla domanda, che verrebbe quindi sprecato. Con l’elettrolisi, per esempio, si fa passare una corrente a basso voltaggio all’interno dell’acqua per creare ossigeno e idrogeno in forma gassosa. Purtroppo però l’energia sprecata per questa procedura ha un valore maggiore di quella ricavata dall’idrogeno prodotto, facendo decretare la trasformazione a saldo energetico negativo e quindi non sostenibile. Per fortuna questa energia viene sempre più spesso ricavata da fonti rinnovabili come eolico e solare. In questo modo il computo finale torna positivo e rende l’idrogeno una fonte in un certo senso rinnovabile.

Valida alternativa?

Ma quindi in futuro potrebbe diventare una valida alternativa? E se si, fra quanti anni potremmo finalmente usare mezzi di trasporto a idrogeno? Secondo Angelo Moreno, ingegnere dell’Enea, “le tecnologie sono ormai mature per un pieno sviluppo industriale, quello che manca è la forza per superare l’attrito di primo distacco”. “Se oggi le auto ad idrogeno non sono diffuse è perché c’è un limite intrinseco nella macchina o nella catena di distribuzione dell’idrogeno, ma è semplicemente dovuto al fatto che mancano piani strategici che promuovano questa tecnologia”. “Un pò come è successo per le fonti rinnovabili, anche per l’idrogeno servono investimenti che sostengano lo sviluppo di questo settore”. I segnali tanto nel mondo quanto in Europa ci sono tutti con molte Case automobilistiche, molti Stati e molte aziende che stanno avviando un numero sempre maggiore di progetti ed iniziative nel settore dell’idrogeno. Permangono però alcuni ostacoli importanti da superare che impediscono il pieno sviluppo del settore. Prima di tutto i costi e la durata di esercizio delle celle a combustibile, le pile che trasformano in energia l’idrogeno. In secondo luogo il prezzo dell’idrogeno stesso che però dovrebbe diventare competitivo già entro il 2030 soprattutto in Italia dove, rispetto ad altri mercati europei, la forte presenza di energie rinnovabili permetterà di raggiungere il punto di pareggio tra idrogeno “verde” e idrogeno “grigio” con circa 5 o 10 anni di anticipo. In terza istanza la carenza dei punti di distribuzione lungo la rete che però potrà essere risolta con un proficuo accordo tra costruttori e installatori perché senza distributori non si vendono le macchine, ma senza macchine i distributori sono investimenti a perdere. In ultimo la distribuzione dello stesso idrogeno lungo la rete e quindi la realizzazione di una rete specifica o l’utilizzo di quella esistente. Sotto questo aspetto Snam sta sperimentando dall’aprile 2019 l’immissione di un mix di idrogeno al 5% e gas naturale nella propria rete di trasmissione così da ridurre considerevolmente le emissioni di anidride carbonica.

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