01 April 2022

Attualità: Centro Documentazione Alfa Romeo Arese

Con il direttore del Museo Alfa Romeo andiamo alla scoperta del Centro Documentazione di Arese, dov’è custodita la storia ultra centenaria del Biscione, che è anche storia d’Italia....

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Milleduecento metri quadri di superficie, comprese le sale di consultazione; un archivio composto da 6.000 metri lineari di scaffalature, che contengono ogni tipo di documentazione tecnica, amministrativa e gestionale a partire dagli ultimi anni della Darracq Italiana, da cui nel 1910 nacque l’A.L.F.A. (Anonima Lombarda Fabbrica Automobili); disegni tecnici iniziando dalla 24 HP, la prima auto progettata e prodotta dalla neonata fabbrica milanese; oltre 250.000 immagini digitalizzate, più video e ogni genere di reperto pubblicitario e promozionale.

Questo in estrema sintesi è oggi l’immenso patrimonio storico del Centro Documentazione Alfa Romeo di Arese, ubicato nello stesso stabile che ospita il Museo Storico. Curatore di entrambi è Lorenzo Ardizio, una laurea in Lettere e autore di 18 libri di tema automobilistico, dedicati in massima parte all’Alfa Romeo di cui è appassionato e profondo conoscitore.

A lui e a Gemma Perrone, giovane archivista formatasi all’Università Statale di Milano ed alla Scuola di Archivio Statale di Mantova, si deve il grande lavoro di ristrutturazione del Centro Documentazione, un progetto partito nel 2016 e che oggi mette a disposizione di chiunque lo richieda una sterminata mole di informazioni e documenti sulla storia del Biscione e su tutte le auto da essa prodotte.

“Dal 1910 si arriva fino ai giorni nostri - tiene a precisare Lorenzo Ardizio - ma in un’azienda così grande e con una storia così variegata non tutto può essere coperto in maniera omogenea”.

Ardizio, proprio da qui vorrei partire. L’Alfa Romeo ha 110 anni, nei quali è successo di tutto: guerre, capovolgimenti economici e sociali, rivoluzioni tecnologiche.

Cosa è rimasto ed è arrivato fino a noi della sua storia?
“Ci sono tratti di storia ancora parzialmente celati, alcune epoche in cui abbonda il materiale più propriamente storico e scarseggia quello tecnico o di prodotto, e viceversa. Non ci può essere tutto dalla A alla Z, però sono presenti disegni tecnici fin dall’inizio dell’attività, anche materiale commerciale e storico importantissimo. Una serie di documenti della Segreteria Generale racconta per esempio tutta l’era di Ugo Gobbato (Direttore Generale dell’Alfa Romeo dal 1933 al 1945, ndr) attraverso i rapporti con il Governo e con le altre aziende, gli accordi militari, le difficoltà del periodo dell’occupazione, il decentramento delle fabbriche.”

Quanti danni ha subito l’archivio dall’attività bellica?
“Ci sono stati tre grandi bombardamenti sul Portello, uno di questi, prima della strage di Gorla (quartiere milanese dove nell’ottobre 1944 un bombardamento alleato colpì un asilo invece degli stabilimenti Alfa Romeo, causando la morte, tra gli altri, di 184 bambini, ndr), ha centrato la palazzina della direzione, dove c’era anche l’archivio. Era un archivio corrente, non ancora storico, perché l’azienda aveva poco più di trent’anni. Una parte è andata distrutta, come i registri di produzione d’anteguerra, ma un’altra è stata estratta dalle macerie e conservata.

E qui si apre un capitolo interessante. In quell’epoca l’Alfa Romeo era un’azienda di Stato sotto controllo militare, prima italiano e poi tedesco, e ricopriva un’importanza strategica non da poco. La progettazione e la produzione erano decentrate, ma la direzione manteneva rapporti di alto livello con le autorità politiche: oggi quella corrispondenza è ricca e di estremo interesse perché va ben al di là dell’azienda stessa.”

Dunque la guerra non ha compromesso più di tanto l’integrità della documentazione?

“Più che le guerre, sono le transizioni tecnologiche i veri pericoli per un archivio. Quando si è passati dal cartaceo al digitale sono fioriti sistemi, formati e procedure diverse che non erano ancora state inquadrate. I primi che hanno redatto dei documenti digitali semplicemente non sapevano come fare per conservarli: digitalmente o stampandoli? Accadde anche che venissero salvati su supporti digitali diventati poi illeggibili. Spesso questi ‘sconquassi tecnologici’ lasciano delle falle. Ogni archivio storico nasce prima come archivio corrente.

Può succedere che chi archivia non abbia la sensibilità per capire che certo materiale possa avere interesse storico e nello stesso tempo possa subire le conseguenze del cambiamento tecnologico: dal documento dattiloscritto si è passati al primo foglio elettronico, salvato prima su grossi dischi magnetici poi su floppy disc e dopo su cd rom, oggi tutti superati dal cloud e dalle piattaforme condivise.”

Quando avete cominciato il lavoro di ammodernamento dell’archivio?

“Nel 2014 sono stato chiamato per riorganizzare il Museo e la collezione, che è stata aperta al pubblico nel 2020. A partire dal 2016 ci siamo concentrati sul Centro Documentazione, creando una struttura operativa e mettendo a punto un progetto specifico. L’archivio però non è mai stato fermo, durante il lavoro di catalogazione abbiamo continuato ad avere rapporti con l’esterno, sia con giornalisti e ricercatori sia con i collezionisti. È una trasformazione ancora in corso.”

Immagino che sia stato un impegno molto complesso. Ce lo può descrivere per sommi capi?
“Nel definire il progetto di digitalizzazione del nuovo archivio è stata fatta a monte una scelta ben precisa, e cioè quella di prediligere la possibilità di accesso alle informazioni. In questi 6.000 metri lineari di archivio ci sono forse miliardi di fogli di carta. Farne una totale scansione digitale, oltre che costosissimo, sarebbe anche inutile se non addirittura dannoso. È molto più importante avere un sistema di catalogazione basato su una piattaforma digitale, sviluppata da noi, capace di trovare il giusto documento o la giusta informazione piuttosto che avere di tutto una copia elettronica.

Ci sono invece dei casi in cui la copia digitale diventa importante, come per esempio quando il documento è molto consultato e occorre preservare l’originale. Oppure quando la disponibilità di una copia digitale facilita la ricerca: è il tipico caso delle fotografie, in cui da una raccolta a tema puoi con facilità identificare quelle utili al tuo scopo.

Ma al centro di tutto c’è il grande lavoro di catalogazione e della sua digitalizzazione. Va considerato che questo archivio si è andato formando negli anni. Una parte è costituita da ex-archivi correnti di segreteria, un’altra è stata catalogata dagli archivisti che si sono succeduti nel tempo, ogni volta con un progetto e un criterio diversi, ma anche con una tecnologia differente. Quindi la sfida è stata quella di costruire un sistema in grado di assorbire tutte le catalogazioni precedenti e di renderle accessibili. Prima questo era impossibile, a certe domande spesso si doveva rispondere ‘non lo so’, oggi invece possiamo dare la risposta giusta.

Tutto questo grazie ad un software sviluppato da noi con la supervisione della Sovrintendenza Archivistica di Milano, che ha approvato il nostro progetto: abbiamo così potuto trasferire i dati del vecchio archivio, cinque volte più piccolo di quello attuale, rispettando tutta le norme della disciplina archivistica.”

In che senso è un progetto ancora in divenire?
Un archivio non è per definizione un progetto terminabile, e quello dell’Alfa Romeo men che meno. Lo sapeva bene il vero fondatore del Centro Documentazione, Gonzalo Alvarez Garcia (professore di Scienze Politiche, collaboratore dell’Alfa Romeo tra il 1967 e il 1982, ndr), che col Presidente Luraghi ottenne i finanziamenti necessari per organizzarlo, associandolo al Museo Storico. In quegli anni fu fortemente valorizzato dal settore Relazioni Pubbliche dell’azienda, così come il Museo stesso, per il quale fu incaricato Luigi Fusi.”

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Quali sono oggi le richieste più frequenti?
“Quelle di prodotto, in particolare quelle recuperabili dai registri di produzione; ci arrivano in media 10.000 richieste all’anno. Abbiamo i dati anagrafici di tutte le auto: numero di telaio, data di produzione, colore, allestimenti, primo intestatario. Un vero e proprio certificato di nascita. Di ognuna abbiamo anche il catalogo ricambi, il libretto di manutenzione, il manuale di riparazione, le circolari diffuse per i richiami, le informazioni su come e quando la vettura è stata presentata. Sono tutte informazioni relative al singolo esemplare oppure al modello in generale. In alcuni casi però sono necessarie delle omissioni.

Da sempre l’Alfa Romeo abbina i numeri di telaio a quelli di motore in maniera casuale. Quindi senza il registro di produzione non puoi sapere qual è il motore montato in origine sulla tua vettura. Per di più venivano venduti come ricambio anche monoblocchi senza punzonatura, mentre altri motori usati erano smontati e recuperati come parti di ricambio. Per evitare che, magari in buona fede, qualcuno pensi di ripunzonare col numero corretto il proprio motore così riassemblato, col rischio di avere sul mercato due motori con la stessa numerazione, evitiamo di dire qual è il numero di motore corretto, ma precisiamo soltanto se il numero comunicato corrisponde a quello segnato sul registro di produzione.”

Questo certificato di nascita è rintracciabile anche per le serie speciali?
“Alcune non sono registrate: l’Alfetta Turbodelta per esempio rientra nel novero delle Alfetta GTV 2.0. Ancora più complicato è per le serie speciali realizzate dalla rete di vendita, soprattutto all’estero: all’azienda risultano delle normali vetture, catalogate come dotate di accessori particolari. In altri casi, come per esempio il Sud Africa, le auto venivano spedite in kit spesso senza numero di telaio e montate direttamente in loco, quindi di fatto erano prodotti sudafricani. La stessa cosa accadeva con l’Alfa Romeo France negli anni ’20.”

Oltre alle domande specifiche di collezionisti e di giornalisti di settore, vi arrivano anche richieste inusuali rispetto alla vostra routine?
“Certamente, sono originate da ricerche che non vedono come protagonista diretta l’Alfa Romeo ma che sono frutto di una contaminazione: per esempio capita che studenti o ricercatori in ambito universitario svolgano una ricerca sul cinema, sulla politica o su affari legali e societari e arrivino a trovare dei punti di contatto con l’Alfa Romeo. Questo rende la nostra indagine molto più difficile perché si tratta di filoni che non conosciamo, ma anche molto più stimolante: dimostra come la storia dell’Alfa Romeo sia legata a doppio filo con le vicende italiane. Si scoprono dei legami del tutto inaspettati.”

Succede di ricevere richieste utili per trovare spunti che indirizzino la progettazione di oggi?
“La nuova Tonale ha molti riferimenti e dettagli di sapore storico. Il rapporto è costante: l’Alfa Romeo ha un ruolo storico così caratterizzato che i mondi di ieri e di oggi non sono mai separati. Capita anche per le campagne di comunicazione di far ricorso a riferimenti del passato.

La stessa integrazione esiste col Museo: per esempio con il programma ‘Backstage’ viene organizzato un ciclo di conferenze mensili, fruibili gratuitamente anche online, nelle quali viene presentato un oggetto della collezione normalmente non esposto, che offra l’occasione per raccontare un capitolo di storia non conosciuto, approfondito con ricerche d’archivio e illustrato con materiali inediti. L’integrazione tra Museo e archivio è un modo di narrare in maniera semplice e bella una storia affascinante. Raccontando e approfondendo non ci limitiamo solo ad esporre e documentare, ma facciamo cultura.”

La prima nata I più antichi disegni tecnici conservati nel Centro Documentazione Alfa Romeo risalgono alla prima auto prodotta dal Portello, la 24 HP del 1910: progettata da Giuseppe Merosi quando ancora l’A.L.F.A. stava per nascere dalle ceneri della Darraq Italiana, era una moderna 4 cilindri di 4 litri con 42 CV e cambio a quattro marce più retromarcia.

Catalogazione digitale
Gli oltre 54.000 faldoni e i preziosi reperti custoditi dall’archivio sono stati catalogati e oggi resi disponibili grazie al lavoro meticoloso di Gemma Perrone e Lorenzo Ardizio, che qui sotto mostra il progetto originale per l’allestimento esterno dell’Alfetta berlina in dotazione all’Arma dei Carabinieri. Esercizi di stile A sinistra, ricchissima naturalmente la raccolta di figurini dei modelli allo studio e delle proposte grafiche per cruscotti e scritte identificative, a volte assai differenti rispetto alle realizzazioni finali.

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