IL PAZIENTE INGLESE Risolvere l’annosa questione della ridotta disponibilità degli idrocarburi e del loro prezzo alla pompa soggetto alle oscillazioni del costo del petrolio greggio. Salvaguardando la natura e l’ambiente. Era questo l’obiettivo del gruppo di ricercatori inglesi, coordinati dal professor John Love, direttore del Dipartimento di Bioscienze dell’università di Exeter a Devon (www.exeter.ac.uk). Il lavoro, svolto grazie ai finanziamenti erogati dalla filiale britannica della compagnia petrolifera Shell, ha condotto alla scoperta del diesel naturale prodotto da batteri transgenici e identico a quello che si può acquistare nei distributori. Il risultato del lavoro del team britannico è stato pubblicato sulla rivista dell'Accademia di Scienze degli Stati Uniti (Pnas). Nella foto, scattata da Marian Littlejohn, si vede la piastra con il terreno di coltura utilizzato per lo studio: all’interno di quella scatoletta in plastica di forma circolare, che si utilizza nei laboratori scientifici, nascono e si sviluppano i batteri coltivati (cioè innestati) dai ricercatori. Per il momento si tratta di un esperimento ben riuscito, ma per la commercializzazione bisognerà aspettare ancora un po’. E non si sa quanto.
I BIOCARBURANTI Però, si tratta pur sempre di un passo avanti. Perchè i biocarburanti prodotti e disponibili sino ad oggi, come rivelò anche un’inchiesta pubblicata su Automobilismo di gennaio 2008, a parte i gas metano e Gpl, sono tutti derivati da fonte vegetale, come l’etanolo, che si ricava dalla canna da zucchero o dal mais, e il biodiesel, che si ottiene dalla colza o dal girasole; richiedono modifiche ai motori e, in alcuni casi, sono dannosi se immessi in commercio per l’utilizzo nei propulsori tradizionali, senza adeguate messe a punto. Inoltre, non sono nemmeno particolarmente convenienti dal punto di vista del rapporto tra dispendio energetico richiesto per produrli e rendimento energetico del prodotto. Al limite si va in “pareggio di bilancio” fra l’energia impiegata nella fase produttiva e quella a disposizione per l’alimentazione del motore. Per questo, risulta molto più pratico produrre gasolio e benzina a partire dal petrolio.
COME È ANDATA Ammesso che il processo funzioni davvero, perché i risultati di laboratorio, dati diffusi per la stampa scientifica a parte, sono al limite del top secret, per ottenere questo nuovo biodiesel, i ricercatori sono partiti dalla naturale capacità dei batteri Escherichia coli di trasformare gli zuccheri in grasso per costruire le loro membrane cellulari e li hanno, poi, modificati geneticamente (per questo si definiscono transegnici), affinché fossero in grado di trasformare i grassi in carburante. Il lavoro di genetica ha riguardato l’inserimento nel loro Dna di geni metabolismo prelevati da altri due tipi batteri: il Photorhabdus luminescens e il cianobatterio Nostoc punctiforme. Il team di John Love ha, quindi, dichiarato che, grazie a queste modifiche genetiche, ora la nuova specie di batteri, che non sono altro che cosiddetti OGM o organismi geneticamente modificati, possono produrre molecole “strutturalmente e chimicamente identiche ai dieci tipi di carburante diesel comunemente in commercio”.
IL COMMENTO Ha aggiunto Love: “Il nostro obiettivo è ottenere un biocarburante che possa essere utilizzato senza dover modificare i motori delle automobili. Sostituire il diesel convenzionale con un biocarburante sarebbe un enorme passo verso il raggiungimento dell'obiettivo di ridurre dell'80% le emissioni di gas a effetto serra entro il 2050. La domanda globale di energia è in aumento e un combustibile indipendente sia dalle oscillazioni del prezzo del petrolio sia dalle instabilità politiche è una prospettiva sempre più attraente”.
BATTERI MADE IN ITALY L’idea dell’inglese sembra fantascienza, ma il successo dell’impiego di batteri di sintesi è possibilissimo. Esiste già un’impresa italiana, che si chiama bio-on (www.bio-on.it) e produce un tipo di plastica completamente biodegradabile, senza l’uso di alcun prodotto pertrolchimico, a partire da una fermentazione batterica di zucchero. Il prodotto ottenuto si chiama Minerv-Pha (www.minerv.it). Questo nome deriva da PHAs, sigla dei polidrossialcanoati (Polyhydroxyalkanoato), biopolimeri che rappresentano una nuova generazione di poliesteri lineari, adatti a sostituire e migliorare i più comuni nell’uso industriale: PET, PE, PP, HDPE, LDPE. Minerv-pha è il primo biopolimero ad alte prestazioni, ottenuto da co-prodotti o scarti dello zucchero, in grado di dissolversi completamente in acqua di fiume o di mare, senza lasciare alcun residuo. In questo interessante documentario, si può vedere come nasce, come è prodotta e come si applica la plastica sintetizzata dai batteri.
ALTRI PRECEDENTI Erano già in commercio già altre forme di plastica naturale, di derivazione batterica e senza basi petrolchimiche, ma il processo per produrle è a tutt’oggi costoso e poco conveniente. Un esempio è il Butandiolo (BDO), fabbricato in gran parte dall’azienda americana di San Diego Genomatica (www.genomatica.com), con un valore di produzione annuale di oltre 4 miliardi di dollari, fra i diversi settori di applicazione, dall’industria automobilistica, a quella tessile, ai beni di consumo. Però quella italiana è meglio, perché è più ecologica.