07 November 2022

MERCEDES-BENZ 300D, batti un 5

In un momento storico in cui i motori diesel fanno fatica ad imporsi sul mercato, la Casa tedesca forza la mano. E scende in campo con un valido 5 cilindri per la nuova serie W123. Dapprima aspirato poi turbocompresso. E diventa un successo...

La Mercedes-Benz 300D in azione lungo una strada di montagna. Il 5 cilindri si dimostra vivace anche su questi percorsi, dove all'epoca le vetture con motore diesel invece non brillavano. Quando viene presentata all’inizio del 1976, la novità sono i cilindri. Ma come - direte voi - tutti i motori di automobile hanno i cilindri. Sì, ma la Mercedes-Benz 300D ne ha cinque, non sono i soliti quattro. Sono in numero dispari, qui sta la novità e sono tutti in linea, per di più in un motore diesel di 3.000 cc di cilindrata.

A ben guardare, tuttavia, i cinque cilindri non sono una novità in senso stretto, perchè poco prima e sempre in casa Mercedes, nel 1974 precisamente, la W115, destinata a essere soppiantata dalla W123, aveva montato in anteprima quello stesso motore.

Ma si chiamava 240D 3.0 e la cosa sfuggiva, perché in quel caso l’intento era saggiare la reazione del mercato verso la nuova motorizzazione e non rilanciare un modello del quale l’erede era ormai pronta. Qui invece la sigla 300 dichiarava inequivocabilmente che sotto il cofano c’era qualcosa di più importante.

Questo cinque cilindri non è però un motore integralmente nuovo: era stato ricavato semplicemente aggiungendo un cilindro all’unità di 2.404 cc, così che i centimetri cubici salivano a 3.005 cc. Detta così può sembrare una cosa semplice, ma, vista da un punto di vista progettuale, aggiungere un cilindro pone problemi che vanno valutati con attenzione: dall’equilibratura (in teoria più semplice con un frazionamento maggiore), alla corretta sequenza delle accensioni, al grado di irregolarità periodico, alle vibrazioni torsionali e così via.

Problemi che in Mercedes vengono eccellentemente risolti, ragione per cui questo cinque cilindri risulta particolarmente equilibrato (pare quasi un sei) e caratterizzato da un funzionamento omogeneo e regolare. E in quel momento è il motore diesel automobilistico di maggiore cilindrata, nato già ben collaudato in accordo con la pubblicità della Casa la quale, nei dépliant, sottolineava che i soldi spesi dal cliente non sarebbero stati investiti in esperimenti condotti sulle vetture poste in vendita.

Ma l’obiettivo Mercedes, con l’introduzione di questo propulsore, era anche migliorare le prestazioni offerte dai propri modelli alimentati a gasolio, le cui unità motrici, pur affidabili, indistruttibili e quant’altro, avevano potenza specifica inferiore ai 30 CV/litro su vetture che pesavano 14 quintali.

La 200D, con 55 CV-DIN, 1.988 cc e 1.375 kg, aveva infatti un rapporto peso/potenza di ben 25 kg/CV, con tempi di accelerazione lunghissimi, una marcia da lumaca lungo i passi di montagna e una velocità massima che si e no arrivava a 130 km/h. Un po’ meglio facevano la 220D e la 240D con 60 e 65 CV, ma la musica non si scostava significativamente.

Ecco allora che diventava necessario migliorare le prestazioni, in quanto si intuiva che il mercato avrebbe premiato chi si fosse mosso lungo quella direzione. Il senso del lavoro svolto in Mercedes sta proprio in questo, perché gli 80 CV-DIN del nuovo cinque cilindri, supportati dall’incremento di coppia motrice dovuto alla superiore cilindrata, un deciso miglioramento lo danno, pur a fronte di una potenza specifica che resta comunque allineata a prima.

E il miglioramento si percepisce nella superiore vivacità, che permette di affrontare un sorpasso senza patemi d’animo e di viaggiare in autostrada a una velocità di crociera pari alla massima che è, nella dichiarazione pur un po’ prudenziale della Casa, di 148 km/h. E senza con ciò minimamente intaccare la proverbiale durata dei diesel Mercedes, propulsori che sopportavano tranquillamente percorrenze di svariate centinaia di migliaia di chilometri senza dare inconvenienti.

Sulla via dell’aumento di potenza a Stoccarda in realtà si stava già lavorando, in particolare utilizzando come banco di prova il modello C111, nato con motore Wankel ed evoluto in chiave turbodiesel con il quale, sull’anello di alta velocità della pista di Nardò in Puglia, saranno stabiliti alcuni record per vetture a gasolio.

Difatti il prototipo C111-II D, motorizzato dal 5 cilindri diesel turbocompresso, ridotto a 2.999 cc per rientrare nel limite dei tre litri, nel giugno del 1976 toccò a Nardò i 325 km/h, una velocità mai raggiunta prima da un veicolo con motore che - come si diceva una volta - andava a nafta! Nuova immagine senza stravolgimenti Ma andiamo ora al modello W123.

A Bruno Sacco, a quel tempo divenuto capo del design della Mercedes, va il merito di aver reso più snella ed elegante una linea classica che dava alla clientela la sicurezza di continuità dei tradizionali contenuti della “stella a tre punte”, ma ingentilendo sul piano estetico certe soluzioni teutoniche che facevano sembrare le berline di Stoccarda austere come un fortino militare austriaco della Prima guerra mondiale.

La differenza si coglie a colpo d’occhio nel frontale, più elegante con i doppi fari di diverso diametro affiancati e racchiusi in una sede trasparente impreziosita da sottili righe orizzontali che riprendono i profili della classica calandra a radiatore. Posteriormente, la novità sta nei gruppi ottici di maggiore larghezza, ora con una diversa disposizione delle varie luci che comprendono il retronebbia.

All’interno si nota la plancia più arrotondata e morbida, le diverse bocchette di aerazione e i nuovi comandi della climatizzazione, azionati da manopole rotanti al posto delle levette ormai passate di moda. Il volante resta lo stesso di prima, ma il cruscotto cambia nella disposizione e nella grandezza relativamente l’uno all’altro dei tre strumenti circolari analogici dalla grafica rinnovata.

Su questo aspetto è il caso di soffermarsi perché, tra gli anni Settanta e gli Ottanta, va affermandosi la tecnologia digitale, per cui in molti strumenti, tra i quali banalmente l’orologio da polso, la lettura tramite lancette (analogica) è sostituita da un visore a cristalli liquidi o con cifre luminose, che riporta l’indicazione in numeri (digitale). In Mercedes inizia allora uno studio finalizzato a capire quale sia la soluzione migliore.

La conclusione, dopo una serie di prove comparative svolte nelle più disparate situazioni, è che la lettura più semplice e immediata del cruscotto è quella con strumenti circolari e indicazioni analogiche. E quindi si continua come si era sempre fatto.

Per il resto le modifiche sono di dettaglio perché l’impostazione di base dell’abitacolo resta quella precedente. Ma c’è un però. Prendiamo ad esempio i sedili: la loro forma, già studiata dal punto di vista ortopedico (a richiesta la Casa mette a disposizione anche sedili speciali per esigenze mediche), è quella di prima. Anziché modificarla, si preferisce migliorare quel che il cliente non vede, ma sente o apprezza nel tempo.

Quello che sente è il calore dei sedili riscaldati offerti come accessorio, quel che apprezza con il passare del tempo è il rivestimento studiato con apposite tecniche per evitare lo scolorimento causato dalla luce solare, fenomeno che si manifesta nelle parti più esposte che sono quelle al centro della seduta e dello schienale.

È una politica fatta di piccoli passi se vogliamo, frutto però di precise scelte. E va cercata nel rinnovamento progressivo, dove le novità non vengono introdotte tutte assieme o le linee stravolte. Questo da un lato «tranquillizza» la clientela abituata a un determinato stile (ed è l’identica filosofia seguita in quel periodo anche dalla concorrente BMW), dall›altro non rende del tutto superato il modello precedente che in tal modo mantiene alto il suo valore sul mercato dell’usato. La 300D in breve conquista una concreta fetta di mercato del diesel automobilistico soprattutto nei Paesi del centro-nord Europa.

Da noi invece incontra più ostacoli perché una cilindrata di tre litri è penalizzante sul piano fiscale, ed è il motivo che fa desistere molti clienti che invece avrebbero gradito servirsi di un’auto da lavoro e da viaggi comoda, veloce, affidabile ed economica al momento di fare il pieno.

Nel settembre 1979 il motore viene impercettibilmente ridotto di cilindrata (da 3.005 a 2.998 cc) per rientrare nei tre litri, mentre la potenza sale da 80 a 88 CV che innalzano la velocità massima a 155 km/h, un dato interessante in Germania dove in autostrada la velocità è libera. La svolta turbo Ma la Mercedes ha in serbo ancora dell’altro ed è la finalizzazione in un modello di serie delle esperienze fatte con il prototipo C111-II D.

Il risultato è la versione sovralimentata con turbocompressore del cinque cilindri della 300D, il cui cinque cilindri riceve una robusta iniezione di potenza passando prima a 121 e poi a 125 CV DIN che significano una velocità massima di 165 km/h, con un grande passo in avanti in fatto di brillantezza. Presentata nell’estate 1981, la 300D in versione turbodiesel è la risposta della Casa di Stoccarda a un mercato nel quale l’espansione del motore a gasolio automobilistico avviene a un ritmo che non ha riscontri nel passato.

È soprattutto l’avvento della sovralimentazione a decretarne il successo e a vincere la riluttanza di molti automobilisti. Le loro prestazioni, infatti, si avvicinano o addirittura superano quelle di auto di media cilindrata a benzina, solo che il gasolio costa assai meno e i consumi delle sovralimentate risultano allineati, se non inferiori, a quelli delle corrispondenti auto diesel aspirate.

Certo, adesso c’è il superbollo da pagare, ma questo vale per qualsiasi modello diesel. Inoltre il prezzo di listino è superiore, così come i costi fissi legati alla cilindrata e i costi di manutenzione con cambi olio e filtri più frequenti. Però il “fattore pompa”, cioè l’esborso al momento di fare rifornimento e il consumo più ridotto, hanno un effetto tale da invogliare all’acquisto di una turbodiesel anche i più dubbiosi.

E questo malgrado il valore di un’automobile a gasolio, al momento di rivenderla, sia inferiore al corrispondente modello a benzina proprio perché si presuppone che abbia sulle spalle un elevato chilometraggio e quindi una vita residua più breve.

Pur premiata dal mercato, la 300D sovralimentata si trova via via a fronteggiare una concorrenza agguerrita che di anno in anno si arricchisce di nuovi e interessanti modelli, ai quali contrappone prestazioni degne di una berlina a benzina di due litri, oltre alla proverbiale affidabilità e al prestigio del marchio che dona al cliente un’immagine di più alto livello.

A questo proposito, mentre negli Stati Uniti d’America la 300D turbodiesel è disponibile con carrozzeria berlina e station-wagon, in Italia è venduta nella sola versione familiare che all’epoca stava conoscendo un autentico boom di vendite, dovuto al fatto che questa forma di carrozzeria era stata svincolata dall’immagine semplice di veicolo da lavoro a favore di un più “nobile” ruolo di automobile per il tempo libero. Quindi veloce e scattante quanto la berlina, dove lo spazio in più serve a caricare le attrezzature sportive.

A questo punto gli obiettivi iniziali del progetto W123 a 5 cilindri possono dirsi raggiunti, sia sul piano delle prestazioni, sia su quello commerciale. Il lavoro svolto e il risultato ottenuto hanno premiato le attese della Casa tedesca. Nel frattempo però molta acqua è passata sotto i ponti ed è giunto il momento di proporre qualcosa di nuovo. Che diviene realtà nel 1985, quando la 300D lascia il listino a favore della W124, il modello che ne erediterà i contenuti sotto una nuova veste.

© RIPRODUZIONE RISERVATA