02 August 2022

Ferrari 212 E, a mani basse

Sembra incredibile, ma nel 1969 la Ferrari, che è impegnata in F1, F2, nel Mondiale Marche e in Can-Am, ha il tempo di creare una formidabile 12 cilindri che stravince l’Europeo della Montagna. Costruita in esemplare unico è affidata al bravo Peter Schetty ...

Negli anni Sessanta il Campionato Europeo della Montagna acquista una popolarità crescente, sospinta anche dal boom della motorizzazione, fino a diventare una tra le competizioni automobilistiche più seguite.

Il punto forte è che si corre lungo percorsi normalmente aperti al traffico, con partenza a fondo valle e arrivo in cima a un passo montano o in una località posta a una certa quota sul livello del mare.

Sono strade che tutti percorrono durante l’anno e ciò contribuisce ad avvicinare piloti e macchine alla gente che, diversamente, potrebbe vedere tutto ciò solo recandosi in un autodromo.

Le auto, divise per categorie e gruppi in relazione alla tipologia e cilindrata, prendono il via intervallate e vince chi percorre la salita in un tempo inferiore agli altri.

Per la cronaca, l’Europeo della Montagna è vinto da una Ferrari nel 1962 e nel ‘65, in entrambi i casi con Ludovico Scarfiotti al volante rispettivamente di una Dino 196 SP e di una Dino 206 SP.

A tutto questo si aggiunge il fattore notorietà acquistata dal vincitore, insomma si innesca un meccanismo che spinge le Case e le scuderie a partecipare in virtù del prestigio che una vittoria nell’Europeo della Montagna può donare, oltre naturalmente ai premi di gara, argomento da non trascurare.

Enzo Ferrari in quegli anni si batte su più fronti. Nell’arco temporale che va 1965 al 1969 questi fronti si chiamano Campionato Mondiale Marche, Formula 1, Formula 2, Campionato Europeo Montagna, passando per la Can-Am, per la Temporada Argentina e la Tasman Cup. Non sempre le partecipazioni del Cavallino Rampante avvengono a livello ufficiale, a volte macchine e piloti sono iscritti e gestiti da scuderie private, di solito clienti o importatori Ferrari come Filipinetti in Svizzera e Luigi Chinetti negli USA.

Dopo la brillante vittoria nel 1967 nel Mondiale Marche, dove le 330 P4 di Maranello avevano sconfitto il gigante Ford, nel ‘68 le cose non erano andate nel verso sperato. Una decisione in termini regolamentari della Federazione aveva originato una querelle che aveva indotto il Drake di Maranello a disertare il Campionato. Ma una Sport con il marchio Ferrari doveva esserci e così, nell’attesa di schierare la nuova 312 P per il Mondiale Marche 1969, a Maranello sul finire del 1967 ritorna in auge l’idea di partecipare a livello ufficiale all’Europeo della Montagna.

Ma con quale macchina? E con quale motore visto che la categoria Sport-Prototipi prevedeva una cilindrata massima di 2 litri? Al motore ci pensa l’ing. Stefano Iacoponi che prende come base il 12 cilindri a V di 180° progettato dall’ing. Mauro Forghieri per la monoposto 1512 di Formula 1, che aveva gareggiato nel Mondiale tra il 1964 e il ‘65. Quel motore di un litro e mezzo di cilindrata erogava 225 CV, che in termini di potenza specifica fanno 150 CV/litro.

Iacoponi ne studia l’innalzamento a due litri e ne ricava 290 CV, che con un ulteriore affinamento divengono 300. Della parte telaistica si occupa l’ing. Forghieri il quale, rielaborando una Dino 206, ricava una vettura essenziale, leggera e ben profilata.

E priva di fari perché, a differenza che nelle gare di durata dove si gareggia anche la notte, le cronoscalate si disputano solo di giorno. Il serbatoio benzina è di ridotta capacità perché la distanza da percorrere è limitata a pochi chilometri da ripetersi a volte in due manche, inoltre i dischi dei freni non sono per scelta del tipo autoventilante e questo per due ragioni: si raggiunge prima il regime termico corretto (cosa importante in gare brevi) e in più non sono termicamente sollecitati come in un gran premio. Doti che, sommate a una potenza superiore alle avversarie, fanno della 212 E la macchina da battere. Ma quali erano le avversarie?

Nel 1969 la Porsche non partecipa all’Europeo in quanto impegnata nella messa a punto della 908 e nel lavoro di revisione e potenziamento della 917 in vista del 1970, quando nel Mondiale Marche saranno riammessi i prototipi con motore di 5 litri. Resta l’Abarth che ha nella agile 2000 da 250 CV, condotta da Arturo Merzario e da Johannes Ortner, la propria punta di diamante, senza trascurare l’Alfa Romeo 33 due litri che nell’Europeo gareggia però in mani private. Ma se in Porsche si lavorava per il futuro, a Maranello non si dormiva di certo.

Le forze in Ferrari erano impegnate nella progettazione del nuovo motore 3 litri di 12 cilindri a V di 180° per la nascente monoposto 312 B di Formula 1 e nello sviluppo del prototipo 512 S per il Mondiale Marche, dove entrambi progetti vedranno la pista nel 1970. Poi c’era la Can-Am, la ricca serie americana dalla quale la Ferrari si fa tentare preparando nel corso del 1969 la Sport 612, poi divenuta 712.

E quest’ultimo, con i suoi 7 litri di cilindrata, sarà per lunghi anni a venire il motore di più alta cilindrata prodotto a Maranello. In virtù di tutti questi programmi la 212 E nasce come esemplare unico e con quell’unica vettura lo svizzero Peter Schetty disputerà l’Europeo, un Campionato sul quale Enzo Ferrari punta a livello di immagine. Ma chi è Peter Schetty e come arriva alla corte del Drake?

In realtà lo svizzero di Basilea non è certo un pilota di primo pelo. Si era formato alla scuola di pilotaggio di Paul Frère al Nürburgring, dimostandosi affidabile, metodico e veloce. Nell’Europeo della Montagna si era messo in luce nel 1966, quando diventa vice-campione nella categoria GT su Ford Mustang. Viene notato da Carlo Abarth che lo ingaggia per la stagione ‘67, nella doppia veste di pilota ufficiale e di collaudatore per lo sviluppo e la messa a punto delle sue macchine.

Con l’Abarth Schetty chiude l’Europeo 1967 al terzo posto, dietro le più veloci Porsche 910 di Gerhard Mitter e Rolf Stommelen, entrambi fortissimi. In Ferrari in quegli anni il pilota di punta nell’Europeo della Montagna è Ludovico Scarfiotti che nel 1966, con la Dino 206, avrebbe potuto fare il bis dell’anno prima.

Un traguardo mancato a causa delle agitazioni sindacali in fabbrica e ai conseguenti scioperi che gli hanno impedito di partecipare ad alcune gare in calendario. L’assenza, tuttavia, nel ‘68 della Ferrari dalle competizioni Sport induce Scarfiotti ad accasarsi in Porsche, una scelta che gli sarà fatale perché l’8 giugno a Rossfeld, con tutta probabilità per un cedimento meccanico della sua vettura, perderà la vita uscendo di strada. Il vuoto lasciato da Scarfiotti è colmato così da Schetty, preferito, oltre che per la velocità dimostrata, per le doti di fine collaudatore.

Schetty è un pilota che non sbaglia praticamente mai, sa rispettare la meccanica e queste qualità sono perfette quando si porta in gara, per un intero campionato, una macchina che non si può rischiare di distruggere in un azzardo perché non ce n’è un’altra con cui sostituirla.

E veniamo ora alle gare. La prima uscita è all’Ampus in Francia il 30 marzo 1969 in una competizione non valida per l’Europeo, che Schetty vince agevolmente. Si va poi a Volterra l’11 maggio, appuntamento valido per il Campionato Italiano e anche qui lo svizzero si impone.

L’Europeo ha inizio in Spagna il 25 maggio a Montseny sui Pirenei, dove Schetty conclude vittorioso facendo suo anche il record del percorso. La seconda tappa è in Francia per la Rossfeld-Bergchtesgarden e anche qui Schetty si impone davanti all’Alfa Romeo 33 di Weber. Non fa suo il record perché la gara si disputa in cattive condizioni meteo e con una fitta nebbia.

A questo punto, visti i distacchi inflitti agli avversari, non si vede chi possa ostacolare il pilota svizzero nella conquista di un titolo che appare sempre più a portata di mano. Ci prova Merzario con l’Abarth, ma anche sul Mont Ventoux, nei pressi di Avignone, è Schetty a vincere stabilendo il record. L’Europeo dalla Francia fa tappa ora sul suolo italiano, precisamente nel Trentino dove si disputa la Trento-Monte Bondone, un classico delle cronoscalate con la sua strada stretta e ricca di curve. E, implacabile, il pilota svizzero si aggiudica la gara con relativo record che durerà fino al 1973, quando sarà Mauro Nesti a infrangerlo.

Dall’Italia il Campionato ritorna in Germania a Friburgo, dove il 27 luglio si disputa la Freiburg-Schauinsland su un percorso di poco più di 11 chilometri da ripetersi per due volte. Il copione non cambia e ben 40 secondi sono il distacco che Schetty infligge al secondo classificato, Merzario su Abarth. Dalla Germania si ritorna in Italia, in Piemonte dove è in programma la sesta tappa dell’Europeo, la Cesana-Sestriere, ma l’epilogo è sempre quello: vince Peter Schetty con record del percorso che durerà per ben 13 anni, quando a batterlo sarà ancora il pluricampione europeo e italiano Mauro Nesti con la sua Osella-BMW.

Per il settimo appuntamento, la Olon-Villars, ci si reca in Svizzera nei pressi di Losanna, gara che lo svizzero fa sua con l’immancabile record. Sette vittorie su sette gare dell’Europeo la dicono tutta circa il dominio palesato da Peter Schetty e dalla Ferrari 212 E, la cui sigla sta per “2 due litri, 12 cilindri, Europeo”.

Una superiorità schiacciante, dove il solo a poter impensierire il pilota svizzero è stato Arturo Merzario, giunto secondo nel Campionato con la sua Abarth. Che, assente Schetty, si aggiudica a Gaisberg in Austria l’ottava e ultima prova dell’Europeo.

A questo punto uno potrà dire che la vittoria Ferrari fu avvantaggiata dall’assenza delle Porsche 910, ma è un argomento che non regge. Lo confutano i tempi staccati da Schetty e i record stabiliti e da lì si capisce che anche la 910 avrebbe potuto fare poco. Magari mettere un po’ di fiato sul collo in più a Schetty questo forse sì, ma tutto sarebbe finito lì, anche perché qualche Porsche 910 in mani private si era vista ma non aveva brillato.

Al termine della stagione la 212 E viene posta in vendita e acquistata da Edoardo Lualdi Gabardi, ma, per volere di Enzo Ferrari, vengono apportate modifiche alla carrozzeria forse per far rimanere inalterato nel pubblico il ricordo di quella sola, invincibile vettura. Lualdi-Gabardi porterà nuovamente al successo la 212 E nel ‘71, quando vincerà il titolo italiano della Montagna.

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