20 December 2022

Abarth A112 vs Mini De Tomaso, Rivali in amore

Piccole sportive del 1977, Autobianchi A112 Abarth IV serie e Innocenti Mini De Tomaso seducono per agilità, leggerezza e divertimento di guida. Ma con due personalità sorprendentemente diverse...

Le due protagoniste di questo confronto appartengono ad un solo proprietario, appassionato delle “bombette” anni Settanta. Messe a confronto, emerge una notevole similitudine nella linea delle due piccole due volumi, che sono simili anche quanto a potenza dei motori: 70 Cv l’A112, 77 Cv la Mini.

La cubatura però è ben diversa: 1.050 la prima, 1.275 la seconda. In principio fu la Mini. La geniale mente di Alec Issigonis partorisce a fine anni ’50 una scatolina di poco più di tre metri in grado di ospitare quattro persone, di concezione brillante, economica e dotata di insospettabili qualità di guida.

Il motore anteriore e trasversale è all’avanguardia, le sospensioni sono indipendenti e la trazione anteriore non è ancora una scelta comune per le utilitarie, tutti elementi che contribuiscono al successo planetario dell’inglese.

Quando poi il Sig. John Cooper mette mano a propulsore, freni e assetto creando l’omonima versione sportiva, la Mini raggiunge il pieno potenziale dominando nelle competizioni e persino – come dimenticarlo – vincendo per tre volte il Rally di Montecarlo contro avversarie che la facevano apparire un orsetto lavatore in lotta con dei grizzly.

Tutto bellissimo… un po’ meno per le concorrenti del segmento che devono correre ai ripari. Nei tardi anni ’60 in Italia abbiamo l’850 e la Bianchina, funzionali e pratiche ma troppo antiquate rispetto alla Mini, così sul finire del decennio la Autobianchi si mette in testa di progettare un’alternativa tricolore che faccia abbassare la cresta a quell’inglese sbarazzina.

Dopo il successo della Bianchina e l’acquisizione definitiva da parte di mamma Fiat i mezzi e le risorse sono ben presenti difatti nel 1969 vede la luce il progetto “X 1/2”, poi chiamata A112, 323 centimetri che sbancano il Salone di Torino.

L’accoglienza è eccellente e le qualità della Autobianchi trovano talmente tanti consensi ed acquirenti che si fatica a tenere il passo delle richieste; la linea piace, il prezzo è economico così come la manutenzione e il quattro cilindri da 44 cavalli pur non avendo una velocità massima da Autobahn si difende molto bene nello spunto.

Anche in questo caso ci vuole poco perché qualcuno decida di insaporire la ricetta donando velleità più sportive alla A112, e quel qualcuno è Karl Abarth che modifica profondamente il motore ottenendo 58 cavalli, allestendo gli interni in maniera più completa e vivacizzando l’estetica. Il segno di Karl… Mentre tutto ciò accade un altro marchio italiano sta tentando il colpaccio nel segmento della A112 prendendo però una via British… in quel di Lambrate.

Per svicolare il problema delle tasse doganali infatti la Mini viene prodotta in Italia attraverso la Innocenti che apporta ugualmente modifiche ‘personali’ – interni rifiniti meglio e una strumentazione più completa ad esempio – e utilizzando svariate componenti fornite da ditte italiane.

Dopo qualche anno a produrre l’utilitaria d’oltremanica la Innocenti sente il bisogno di creare un proprio modello, basandosi sulla collaudata meccanica inglese e adottando un design inedito frutto della matita di Marcello Gandini per Bertone, squadrato, moderno e più fresco che dà vita alla Innocenti ‘Nuova’ Mini.

Nonostante le difficoltà economiche (il passaggio al gruppo Leyland non ha aiutato) e qualche problema iniziale il nuovo modello si piazza bene sul mercato con le motorizzazioni 90 (998 cc) e 120 (1.275 cc) restando in listino fino al 1993. La versione certamente più intrigante nasce bensì nel 1976 sotto la gestione De Tomaso, con l’argentino che vuole una vetturetta briosa, veloce e incapace di passare inosservata.

In breve, la rivale perfetta della A112 Abarth. …e quello di Alejandro Con queste premesse non potevamo farci scappare l’occasione di scoprire quale tra le due ‘bombette’ fosse la più emozionante e significativa al volante così grazie a Sergio – il proprietario di entrambe – abbiamo organizzato questa nostalgica comparativa.

Negli anni ’70 qualunque ragazzo sognava di girare a bordo di questi petardi tascabili, chissà se anche nel 2021 i loro caratteri ruvidi sapranno entusiasmarci.

La 70 HP arriva da una collezione di A112 tenute scrupolosamente anche se Sergio ha dovuto comunque intervenire in molte aree dell’auto; la De Tomaso invece è frutto di mesi e mesi di ricerche veramente laboriose, nonché di un restauro completo e maniacale.

Sulla carta non dareste un euro ad entrambe: meno di 150 cavalli in due, la coppia di un avvitatore giocattolo, ruotine grandi come i frollini della Mulino Bianco e quarant’anni superati di slancio.

Da un lato abbiamo la Abarth con un 1.050 cc di cilindrata, albero a camme laterale, carburatore doppio corpo Weber, 70 cavalli e una velocità massima di 160 km/h, mentre il versante De Tomaso offre un 1.275 cc sempre aspirato con 77 cavalli, carburatore SU e uno 0-100 in circa 11 secondi.

Poi viene la parte estetica: saranno anche concentrate in poco più di tre metri ma Abarth e Innocenti sapevano come far voltare le teste.

I fascioni neri si sposano benissimo con il bianco di entrambe, le prese d’aria sul cofano sono il classico dettaglio da peste di paese e i doppi scarichi insieme agli stemmi sportivi chiariscono anche alla segretaria di passaggio che non sta fissando una triste e sobria utilitaria.

La A112 con quei fari languidi e curvilinei e i coprimozzi Abarth tenta un approccio quasi elegante nel voler essere grintosa, la De Tomaso al contrario vi sbatte sotto il naso i suoi fendinebbia gialli, ‘curve’ tagliate con la scure e un aspetto acquattato pronto a dar battaglia.

La Abarth è la più aggraziata esteticamente, la De Tomaso la più presuntuosa. Messe insieme ricordano un po’ quei cagnolini gonfi di autostima che abbaiano contro il mondo credendo di spaventarlo, la differenza in questo caso è che le pesti qui presenti possono ringhiare per motivi validi.

Abbiamo già visto che la potenza bruta o accelerazioni da sparo non sono il pane di queste scatoline anni ’70 eppure con quel peso anoressico, cerchi da 12 e 13’’ e una tenuta di strada ‘vivace’ (che non ha ovviamente traccia di controlli elettronici) la De Tomaso e la A112 si rivelano molto più impegnative di quanto le dimensioni – o la scheda tecnica – suggeriscano.

Guida creativa La curiosità prende il sopravvento così partiamo subito dalla meno nota delle due infilandoci nell’abitacolo della De Tomaso, o per meglio dire appollaiandoci sopra il suo morbido sedile e chiedendoci chi abbia rubato la pedaliera.

Ci vuole un attimo per fare mente locale scoprendo che i pedali ci sono ancora, solo che sono talmente disassati verso destra che la gamba picchia contro la leva del cambio.

Il volante poi è reclinato ad un’angolazione strana e il sedile sembra quasi una poltroncina – però davvero contenitiva – facendovi già intuire in maniera velata il carattere della De Tomaso: assurda, stravagante, ma una volta che vi siete abituati non riuscirete a non apprezzarla.

Avviamo il 1.275 cc di derivazione inglese e la lancetta del contagiri – particolare pure quello nella grafica, con una forma a ‘C’ rovesciata e non circolare – si desta impaziente. La De Tomaso sarà pure vecchia, minuscola e spartana ma impressiona positivamente da subito. Il cambio a quattro rapporti è la prima sorpresa dato che l’azione della leva stretta e sottile è quasi impeccabile nella sua precisione, la corsa è corta e le marce entrano in scioltezza con una bella sensazione meccanica.

La rapportatura è piuttosto corta così vi trovate a cambiare spesso e volentieri, nonostante non sia davvero necessario. Il quattro cilindri infatti è reattivo già dai bassi giri e per quanto la coppia sia minima fa il suo dovere nello spostare i poco più di 700 chili della De Tomaso, per poi infervorarsi al salire del regime con un allungo discreto; potete girovagare in quarta a 2.000 giri o involarvi verso i 6.000 con la stessa nonchalance.

77 cavalli non vi lasceranno una paresi facciale in accelerazione eppure vi trovate presto in ‘zona multa’, con la parte più interessante ancora da venire. Una volta abituati è facile utilizzare la pedaliera per il punta tacco e lo sterzo – seppur non troppo diretto – vi comunica un sacco di cose attraverso la corona. La parte più teatrale della De Tomaso però è in curva visto che il telaio per quanto imperfetto non resta certo indietro alla voce coinvolgimento: affrontate una seconda o terza piene e a volte il muso chiude repentino, altre oscilla sulle sospensioni in maniera ‘creativa’ e altre ancora il retro si esibisce in un sovrasterzo in rilascio o in staccata.

E’ un comportamento imprevedibile, sempre diverso che vi costringe a essere costantemente accorti ma che fa anche divertire un mondo. Inoltre le sospensioni sono parecchio rigide senza però essere legnose, anzi gli ammortizzatori lavorano innegabilmente bene calcolando anche le ruote minuscole.

Dopo un po’ di tempo al volante della De Tomaso la pedaliera vi sembra (quasi) normale e le sue stranezze sono proprio quelle che ci fanno affezionare a lei; mezz’ora di guida seria richiede impegno, dovete sempre prestare attenzione alle cambiate, all’ingresso in curva o al lavoro dello sterzo e delle sospensioni però si tratta di una spossatezza soddisfacente. Facilità borghese Tornati al punto di partenza raddrizziamo le gambe, smontiamo dal soffice sedile e ci caliamo nell’altra minuscola rivale. Sulla A112 Abarth tutto sembra così… normale.

Il contagiri ha l’aspetto di un contagiri, la pedaliera non ha bisogno di contorsionismi e il volante è a distanza umana, anche l’abitacolo sembra meno striminzito nonostante i sedili non raggiungano il livello di comodità di quelli della Innocenti.

La A112 ebbe un successo tale da ridimensionare notevolmente il fenomeno Mini in Italia, e le versioni ideate da Karl Abarth non furono da meno; se volete pensatela pure come una 500 Abarth moderna, solo con più finezza estetica e un piccolo motore aspirato. 1.050 cc al giorno d’oggi fanno sorridere, vale anche per i 70 Cv, una potenza in realtà discreta se il peso a secco si ferma a soli 7 quintali. In movimento la 70 HP si rivela subito più facile da guidare rispetto alla Mini, e anche meno esigente o ‘particolare’ in curva; in inserimento è più precisa e il comportamento molto più prevedibile e neutro.

La tenuta a dispetto delle gomme da 155 con spalla da furgoncino è superiore al previsto e i 700 kg della A112 si muovono agilmente anche sotto sforzo però… c’è un neo piuttosto rilevante. L’essere più facile da guidare rispetto alla De Tomaso non è per forza di cose un punto a favore, il fatto è che il carattere eccentrico della Innocenti la rende anche intrigante e mai noiosa. Inoltre tanti aspetti della A112 sono in difetto rispetto alla rivale: il cambio non è malaccio ma è più gommoso e meno sciolto, le sospensioni generano un rollio eccessivo e non offrono il controllo o lo smorzamento della De Tomaso e lo sterzo è meno comunicativo.

Molte altre caratteristiche come il sound piacevole e l’estetica davvero azzeccata, o i freni buoni per l’epoca e il motore che gira anche oltre i 7.000 giri non sono assolutamente da disprezzare eppure vi mancano le stranezze della Mini e il suo tenervi sempre sulle spine.

La A112 Abarth è un po’ come una ragazza amorevole, pacata, devota, la scelta sicura che dovreste fare e per la quale tifano senza ritegno i genitori… solo che sotto sotto il vostro cuore batte per quella tipa casinara e anarchica – la De Tomaso – che vi attira irrimediabilmente. Il prodotto dello scorpione non passerà mai di moda con il suo look azzeccato, ancor più in rosso con il classico cofano nero e magari una fanaleria aggiuntiva a richiamare le corse, e anche la guida riesce comunque a coinvolgervi quando incontrate qualche tratto più tortuoso del solito.

La sorpresa di oggi però è stata la De Tomaso, poco conosciuta sia perché le rivali son ben più note sia perché la versione aspirata tanto spesso è dimenticata a favore della successiva tre cilindri turbo. Proprio un peccato, la bellicosa Innocenti con le sue mille sfaccettature – buone, brutte o strane – ci ha coinvolto in maniera inaspettata e ci ha ritrascinato dentro un’epoca ormai andata, dove anche 77 cavalli bastano e avanzano per farvi felici.

Se nella vista laterale le nostre due sportive si assomigliano, di fronte emergono differenze importanti, dovute al tipico stile squadrato di Bertone che disegnò la Mini. Quest’ultima aveva di serie anche i fendinebbia, che aumentavano l’impronta sportiva.

L’A112 Abarth si riconosce per la presa d’aria centrale sul cofano, per i bei cerchi in lega con il marchietto dello Scorpione e per il terminale di scarico sdoppiato che richiama alle famose marmitte Abarth che fecero la fortuna della ditta negli anni Sessanta. I cerchi montati su questo esemplare erano disponibili a richiesta a partire dalla quinta serie della A112 Abarth, mentre questo esemplare è una IV, come testimoniano le luci posteriori raccordate al porta targa.

MINI TURBO La Mini De Tomaso fu declinata anche nella versione turbo, con motore 3 cilindri Daihatsu di 993 cc. La sua potenza era inferiore di 5 Cv rispetto all’aspirato, ma il comportamento differente.

LE ALTRE VERSIONI A112

L’A112 Abarth è stata declinata in sette differenti versioni, di pari passo con quelle normali. La prima fu la 58 HP (da sinistra) poi divenuta 70 HP nella terza serie con il passaggio dal motore ad aste e bilancieri a quello monoalbero in testa. Dopo le prestazioni restarono uguali e cambiarono gli allestimenti, soprattutto dalla V serie, poi la VI e infine la VII (dalla seconda foto), con l’aumento della plastica per le finiture.

Testo e foto di Tommaso Ferrari 

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