a cura di Redazione Automobilismo - 01 October 2019

FCA sotto accusa negli USA per le emissioni dei diesel

Per aver manipolato i motori diesel e falsificato i test sui motori del gruppo italo-americano, un ingegnere e dirigente di Fiat Chrysler è stato arrestato dall'FBI a Detroit (Stati Uniti). Intanto, in Europa, l'azienda dovrà pagare al Lussemburgo 23,1 milioni di euro di tasse arretrate

Nuovo dieselgate?

Sembra proprio che gli strascichi del Dieselgate non siano ancora finiti. Nell'ambito delle indagini sul Dieselgate per violazione del Clean Air Act, un ingegnere e dirigente di FCA in Michigan è stato arrestato dall’FBI di Detroit per aver falsato i test sui motori diesel del Gruppo. Emanuele Palma (questo il nome dell’ingegnere incriminato) è responsabile dello sviluppo e della taratura dei motori diesel da tre litri, e secondo l'FBI sarebbe colpevole di aver cospirato per ingannare il mercato e le autorità sulle emissioni. Scendendo nello specifico, le autorità statunitensi riterrebbero Palma e i presunti complici (sino ad oggi non identificati) colpevoli di aver calibrato appositamente il sistema di controllo delle emissioni per ridurre al minimo i valori di CO2 durante i cicli di prova e di omologazione, oltre che a far risultare i motori più parchi nei consumi. Una condotta ingannevole, secondo l’accusa, nei confronti dei clienti e delle istituzioni che li vedevano come motori puliti.

Altra gatta da pelare...

Come se non bastasse la Corte di giustizia europea ha respinto il ricorso di FCA, obbligando l'azienda a pagare la bellezza di 23,1 milioni di euro di tasse arretrate al Granducato del Lussemburgo. La motivazione espressa dalla Corte di giustizia è quanto segue: FCA avrebbe ottenuto un vantaggio indebito, ricevendo uno sconto attraverso un accordo fiscale raggiunto con il Granducato nel 2012, una sorta di aiuto di Stato incompatibile con le regole dell’Unione Europea. La Corte stessa ha riconfermato la decisione presa dalla Commissione europea nel 2015. Se sul discorso delle emissioni il colosso italo-americano ha dato la sua piena disponibilità a collaborare, ribadendo di non avere nulla a che fare con dei presunti trucchetti per violare le leggi americane nell'ambito delle emissioni nocive, sul fronte delle tasse da dover restituire al Granducato l’azienda si è detta delusa per la decisione presa e sta valutando i prossimi passi da fare.

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