31 October 2015

Alfa Romeo 2000 Coupé Touring

Il ritrovamento della “Praho” ci riporta al tempo delle battaglie tra carrozzieri a colpi di stile. In questo caso per aggiudicarsi la produzione della sportiva 2 litri del Biscione. La spuntò Bertone ...

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Quando una show-car come l’Alfa Romeo 2000 Praho riemerge dall’oblio, propone la sua storia su due livelli. Nel primo racconta la nascita e le tensioni del suo tempo, nel secondo l’avventura dell’abbandono e del ritorno. La storia del secondo livello in questo caso è simile a quella di altre regine del passato perdute e ritrovate. Essa comincia quando si spengono le luci del Salone di Torino del 1960 e la Praho torna fra le pareti amiche alla carrozzeria Touring, da cui è sfrattata nel 1967 a seguito della chiusura del celebre atelier. In realtà sembra che le cose si mettano bene, perché la serrata la fa tornare sotto i riflettori, anche se soltanto quelli delle vetrine del celebre concessionario milanese Minetti.

Invece nessuno la degna d’attenzione, cosa che la fa arretrare in spazi sempre più bui del salone, dove rimane fino a metà anni Ottanta quando l’esplosione della passione per le auto storiche fa sì che un lungimirante commerciante di Singapore offra un pugno di dollari per portarla a casa, nell’attesa che diventi un buon affare. Affare che non arriva con la velocità sperata, perciò la “Praho” rimane esule nella lontana penisola finché l’improvvisa richiesta di un ricambio da Milano avvia un passaparola fra appassionati, che arriva all’orecchio dell’architetto Corrado Lopresto.

Chi lo conosce sa che è un grande innamorato delle fuoriserie italiane, quindi è normale che egli inizi a farle la corte. E’ meno scontato che riesca a riportarla a Milano, invece va proprio così. La vettura è in buone condizioni, ma Lopresto è abituato alla perfezione, così decide di riverniciarla e di rinnovare i tappeti. Ritrovare e applicare l’esatta tinta della carrozzeria è relativamente facile, al contrario la perfetta ricostruzione dei tappeti sembra impossibile: servono la lana, la tintura e la trama dell’epoca. Ma la determinazione non conosce ostacoli, così un abile artigiano dotato di un telaio da tessitura e altri strumenti di una volta, realizza l’impossibile. Si potrebbe obiettare che l’impegno, anche economico, è sproporzionato all’umile funzione dei tappetini, ma la passione e la cura per il dettaglio sono ripagate da un risultato sorprendente.

PRIMO LIVELLO
E’ pertanto un fatto quasi scontato che nella primavera del 2011 la Praho sia tornata al centro dell’attenzione internazionale al Concorso d’Eleganza di Villa d’Este, dove Lopresto ha voluto fosse guidata da Giovanni Bianchi Anderloni, figlio dell’indimenticabile Carlo Felice, il carrozziere che nel 1960 l’aveva esposta, pieno di speranze, al Salone di Torino. I ricordi dell’uomo e di quella lontana ribalta ci portano al primo livello della storia. Qui troviamo i carrozzieri italiani grandi protagonisti di un fenomeno ancora sottovalutato, e si stringe il cuore pensando al mesto epilogo della carrozzeria Pininfarina, che ora non produce più automobili.

Strano destino quello dei maestri dello stile: hanno investito grandi energie e sconfinata creatività per diventare industriali, ma alla fine hanno dovuto cedere alle logiche industriali che li hanno eliminati. L’Alfa Romeo 2000 Praho nasce alla soglia degli anni ‘60, quando la rarefazione della tradizionale clientela delle fuoriserie orienta sempre più i carrozzieri a cercare accordi con i costruttori per produrre le varianti dei modelli di serie. Nel 1953 Touring è pioniera in questo senso, assicurandosi la commessa per costruire le Alfa Romeo 1900 C Sprint. Nel 1955 la stessa Touring si assicura la commessa delle rinnovate 1900 C Super Sprint battendo Boano, Ghia, Pinin Farina e Vignale. Nel 1957 però la cancellazione della 1900, sostituita dalla 2000, riapre la bagarre e i carrozzieri si lanciano a proporre le versioni derivate, sperando di costruirle in serie. I più pronti sono Pinin Farina e Touring, che nel 1957 presentano rispettivamente la 2000 coupé Sestriere e la 2000 Spider “Esportazione”. La creazione di Pinin, con il curioso sistema d’apertura delle porte e la calandra senza il classico scudetto, appare incoerente sia con l’immagine Alfa Romeo, sia con i metodi di produzione industriali. Al contrario, la 2000 Spider “Esportazione” è perfetta nello stile, è industrializzabile ed è l’auto che serve per rilanciare con l’immagine sportiva la berlina, che si vende poco. Per capire quanto la spider sia “giusta”, basta un dato: in tre anni Touring ne costruisce 3.443, contro 2.892 berline.

MICHELOTTI
Dopo avere incassato il successo della Spider,
l’ingegnere Carlo Felice Bianchi Anderloni pensa alla versione coupé, sollecitata dalla Casa anche ad altri carrozzieri, stante la perdurante stagnazione nelle vendite della berlina. Nell’autunno 1958 Pinin Farina ripresenta al Salone di Torino la Sestriere semplificata nelle porte, senza le carenature dei fari e riverniciata di azzurro: troppo poco per essere accolta nella produzione. È evidente che “Pinin” non si è sforzato, ma bisogna osservare che è già molto impegnato con l’Alfa Romeo Giulietta Spider, che si vende benissimo, e che il nuovo stabilimento di Grugliasco non è ancora pronto. Vignale ha più interesse a entrare nel giro dei fornitori dell’Alfa Romeo e presenta allo stesso Salone di Torino 1958 una coupé disegnata da Giovanni Michelotti con uno stile che ricorda la 2000 Spider di Touring, ma si distingue per l’ornato un po’ pesante, che nasconde alcuni squilibri nei volumi. La proposta non è accettata, perciò il carrozziere torna alla carica nel marzo 1960 al Salone di Ginevra con la stessa coupé rivista eliminando le “incrostazioni” cromate sui parafanghi e correggendo visivamente con la tinta bicolore il rapporto fra i volumi del padiglione e della parte bassa.

Nemmeno questa proposta però trova accoglienza. Nel marzo 1961 al Salone di Ginevra si rifà vivo con una coupé più sobria, totalmente rivista nel rapporto dei volumi e nel frontale, ora dotato di doppi fari. Contemporaneamente entra in gioco Bertone, che in un colpo solo propone non una, ma due coupé. La prima, denominata Granluce, mantiene molti lamierati della berlina, ma ha due porte invece di quattro e il padiglione più luminoso. L’altra, denominata Sole, è diversa nei lamierati e ha il padiglione più spiovente per una linea più dinamica, pur rimanendo coerente con la berlina. Nessuna delle due è accolta. Forse ai vertici dell’Alfa Romeo si capisce in quel momento che la 2000 berlina non ha funzionato perché, a parte il cambio a cinque marce, offre la meccanica della gloriosa 1900 in un involucro più pretenzioso e lontano dall’agile spontaneità delle linee Alfa Romeo.

PASSO CORTO

PASSO CORTO
Da qui viene la decisione di voltare pagina eliminando ogni riferimento al modello esistente. Perciò i tecnici preparano il nuovo autotelaio Sprint AR 102.05 con passo di 2.580 mm, intermedio fra l’AR 102.00 della berlina (2.720 mm) e l’AR 102.04 della Spider (2.500 mm). La carrozzeria Touring riceve il primo pianale, come si capisce dalla punzonatura AR 102.05*001 riportata sulla Praho e come si arguisce dai registri del centro documentazione Alfa Romeo, nei quali accanto al numero si legge: “Carrozzata da Touring per conto della Dipre/Espe, non versata al magazzino prodotti finiti come vettura 10.205”. Alla riga sottostante, compilata in epoca successiva, si legge: “Vedi comunicazione DICOP 19/2/62”. Curiosamente sul retro delle foto d’archivio è stampigliata la scritta “Tipo Esportazione” con la raccomandazione “da non distribuire!”. Per chi lo sa, ricordiamo che le sigle interne Dipre/Espe e Dicop stavano per Direzione Progetti ed Esperienze e per Direzione Programmazione e Controllo e Produzione: una conferma in più che quel telaio è stato consegnato a Touring per realizzare una vettura sperimentale: “Esportazione”, come si diceva per depistare gli indiscreti.

Una volta presso il carrozziere il telaio corto ha permesso proporzioni più corrette per una coupé, che Touring ha accentuato tenendo bassa la linea di cintura, arretrando l’abitacolo e aumentando gli sbalzi: l’anteriore rendendo molto aggettanti i fari, il posteriore allungando le pinne. Per sottolineare la personalità sportiva del frontale lo ha leggermente inclinato in avanti e ha dato un particolare risalto alle linee orizzontali per farlo apparire basso e largo. Si spiegano così la presenza incisiva dei doppi fari ben allineati e il disegno rettilineo delle griglie orizzontali che formano un’unità stilistica con la cornice dello scudo Alfa Romeo. Nella coda il carrozziere ha sottolineato la larghezza con un disegno molto pulito delle superfici appiattite del baule, delimitandole con le consuete verticalità delle pinne per creare un gioco di luci e ombre teso a esaltare visivamente la larghezza della carreggiata.

DESIGN
Fin qui non c’era molto di nuovo rispetto a quanto visto fino allora, ma a questo modello il carrozziere ha riservato tre novità. La prima, il lunotto concavo, che è la più riuscita e la più immediatamente intelligibile. Fonte d’ispirazione è stata la convessità della poppa delle imbarcazioni dei pirati malesi descritte nei racconti di Emilio Salgari, dalle quali ha preso il nome “Praho”. La seconda novità è la strumentazione raggruppata al centro con i comandi ausiliari. La proposta aveva una sua validità, però bisogna osservare che l’idea di rendere partecipi in qualche modo i passeggeri delle funzioni di controllo del motore e dei comandi si adatta bene alla convivialità della vita a bordo delle monovolume, ma contrasta con la spiccata individualità delle auto sportive, dove ogni particolare deve segnare il netto ed egoistico privilegio del pilota.

La terza novità della Praho è il bassorilievo che mette in depressione la superficie del cofano motore delimitandola con un solco che appare come la ricerca di una moderna interpretazione dello stile “Villa d’Este”. Questa ricerca stilistica ha però prodotto un modellato complesso nel raccordo fra le creste dei parafanghi e l’attacco dei fanali, che rende scarsamente intelligibili le motivazioni del carrozziere, anche perché il motivo del solco è visibile soltanto in certe condizioni di luce e soltanto da certi punti di vista. Questo stile diventerà più comprensibile quando troverà compimento nella Osca 1600 GT presentata da Touring nel 1961. Ma a quel punto ormai i giochi erano fatti perché al momento decisivo Bertone aveva calato l’asso nella manica rappresentato dalla stupenda Alfa Romeo 2000 Sprint disegnata quasi per caso da Giorgetto Giugiaro. La freschezza delle sue idee oscurò tutto quanto era stato fatto prima. Game over, la storia della Praho torna al livello dove abbiamo iniziato.

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