Ma anche qui la Giulia è in vantaggio perché sul nostro mercato di più economico c’è soltanto la Peugeot 204, che però ha un motore di cilindrata inferiore (1357 cc) e una finitura più semplice. La berlina di Arese presenta inoltre i consumi più bassi, pari a quelli della più piccola Peugeot. Che è un altro punto forte, visto che il risparmio sugli acquisti di carburante è l’argomento principale nella scelta di questo tipo di vetture.
Il terreno ideale per la Giulia è l’autostrada. Qui la quinta marcia, che la Giulia è la sola auto Diesel ad avere, e l’ottima aerodinamica della carrozzeria permettono di spuntare percorrenze con un litro di gasolio non raggiungibili dalle concorrenti.
Ma allora, come mai oggi se ne parla come di un fallimento? Un po’ per superficialità, un po’ perché si sono sempre visti i soli lati negativi spesso esagerandoli nella loro portata. Con questo non si vuole dire che non ci siano stati, ma vanno analizzati, contestualizzati e trattati nella giusta luce. Esperimento Cominciamo dalla scelta del modello Giulia come auto da “Dieselizzare”.
Era a fine vita, quindi si prestava all’esperimento senza far ricadere eventuali effetti negativi sul resto della gamma. Perché di esperimento si trattava, non avendo l’Alfa Romeo esperienza pregressa con automobili a gasolio. Altro punto, la fretta di arrivare per primi, con la conseguenza che non emersero gli inconvenienti che sarebbero stati causati dall’uso del quattro cilindri Perkins, diverso da quello per cui era stato progettato (nautica) e fin lì usato.
Una Giulia, con la fama di vettura brillante che si era costruita, veniva scelta anche in versione Diesel dai clienti che amavano le prestazioni e che, pur consci di trovarsi al volante di una vettura a gasolio, tendevano a guidarla in modo sportivo.
E si sa, i Diesel di allora erano motori aspirati fatti per l’esatto contrario. A questo proposito, gira oggi una leggenda metropolitana secondo la quale le vibrazioni del Perkins avrebbero causato cedimenti strutturali della scocca: nessuna Giulia Diesel ha mai presentato inconvenienti di questo tipo. Il rumore all’avviamento e le vibrazioni: erano una caratteristica intrinseca dei motori Diesel dell’epoca, chi più, chi meno.
Tuttavia, se in un veicolo pesante o in un furgone erano accettati come normali, in un’automobile facevano storcere il naso; figuriamoci su un’Alfa Romeo. Nel caso della Giulia la rumorosità, evidente a freddo, si attenuava una volta raggiunto il normale regime termico e allora non dava più fastidio, specialmente al salire del numero di giri del motore.
Tuttavia, malgrado ciò, restava un rumore residuo ai bassi regimi e ne risentiva il comfort. E questo malgrado il lavoro svolto per migliorare le caratteristiche di funzionamento del motore, a cui va aggiunta l’applicazione di ben cinque chili di materiale fonoassorbente supplementare, il montaggio di appositi supporti elastici tra scocca e motore e l’aggiunta di un ammortizzatore.
Altro problema era l’arricchimento eccessivo della miscela durante l’avviamento, un difetto intrinseco del Perkins, che causava un indesiderato apporto di gasolio incombusto nell’olio di lubrificazione. Altro aspetto, la linea invecchiata. La Giulia, per quanto fosse ancora attuale nei contenuti generali, denunciava gli anni, in particolare per le dimensioni dell’abitacolo che nelle concorrenti più moderne del segmento erano aumentate.
È vero che quando uscì era avanti rispetto a tutte ed è anche vero che la sua personalità attirava ancora gli appassionati. Però la tendenza del design aveva preso altre strade e lo si sarebbe visto con la sua erede, la Giulietta. L’abitabilità, pur inferiore alle rivali Opel, Peugeot e Mercedes, non costituiva invece un problema. Auto come la Giulia Diesel erano utilizzate per lo più da agenti di commercio o da persone per le quali gli spostamenti di lavoro facevano parte della quotidianità.
Ma costoro viaggiavano quasi unicamente da soli, per cui la Giulia con le sue dimensioni compatte andava benissimo, anche nell’ottica del parcheggio in città. Inoltre c’era spazio in abbondanza nel bagagliaio per caricare il necessario.
Sul piano della finizione, scritta identificativa a parte, quasi nulla differenzia la Diesel dalla sorella a benzina: le sole diversità stanno nella strumentazione con fondo scala del contagiri e del tachimetro adattato e nella presenza dei comandi tipici del motore Diesel, come il pomello di azzeramento della mandata di gasolio per lo spegnimento del motore e la posizione della chiave di avviamento per l’accensione delle candelette di pre-riscaldamento.
Per concludere, checché se ne dica, la Giulia Diesel, prodotta fino ad ottobre 1977 quando il sipario calò su tutta la produzione Giulia, non fu un esperimento sbagliato. Il motore scelto non sarà stato il più indicato, però quest’auto ha il merito di aver aperto per prima, nell’Italia degli anni ‘70, una via che qualche anno dopo sarà battuta dalla stessa Alfa Romeo con i tutti suoi modelli, quando il fenomeno del Diesel automobilistico assumerà dimensioni che nessuno prima avrebbe immaginato. stupore La scritta sul tappo del serbatoio non lascia spazio a dubbi: questa Giulia va proprio a gasolio.
Se alla presentazione la Giulia stupì il pubblico, sul finire della carriera desta ancora interesse grazie al primo propulsore diesel montato in una vettura Alfa Romeo.