Siamo, però, alle prese con i postumi della crisi energetica che ha messo sotto accusa l’automobile, soprattutto se sportiva.
L’Alfasud Sprint nasce quindi in un periodo nel quale il coupé è visto come un insaziabile divoratore di carburante per il solo fatto di avere una linea sportiva e magari anche un colore vivace. La dirigenza Alfa Romeo, tuttavia, mantiene i nervi saldi e prosegue con il programma destinato a rinnovare e ampliare la gamma Alfasud, partendo proprio dalla Sprint.
La quale, se vista da sola, può essere confusa con la sorella maggiore Alfetta GT, ma se le mettiamo a fianco, la differenza appare nettamente: la Sprint ha linee più squadrate e un frontale più verticale e più piatto. Dell’Alfetta GT riprende la proporzione dei volumi e la somiglianza della coda che ha il portellone e un accenno di spoiler, oltre a una soluzione molto comoda come i finestrini posteriori abbassabili.
L’abitacolo per cinque posti e un vano bagagli di tutto rispetto completano il quadro. In questo l’Alfasud Sprint segue il trend dell’epoca che privilegia, anche nel coupé, la capacità di carico. Ma per tutto il resto è diversa dalla “sorella” maggiore, a cominciare dalla trazione anteriore, dallo schema delle sospensioni e dal motore boxer, che nella prima versione è di 1286 cc, con carburatore doppio corpo, per una potenza di 76 Cv-DIN.
A differenza dai coupé Giulia e Alfetta, che montano il medesimo motore della berlina, sull’Alfasud Sprint il propulsore è più potente ed è pensato per confrontarsi con la diretta concorrente Fiat 128 3P, che nella versione di 1,3 litri può contare su 73 Cv-DIN.
L’evoluzione a cui questo coupé va incontro coinvolge principalmente il motore, condiviso con le versioni “TI” della berlina, dove le novità sono sottolineate di volta in volta da opportuni restyling e dall’aggiunta del suffisso “Veloce”.
Da 1286 cc si passa a 1351 cc, poi a 1490 (1978) per finire con i 1712 cc della Sprint Quadrifoglio Verde del 1987 che, con 118 Cv-DIN per 196 km/h, è la punta di diamante della serie in termini di prestazioni e allestimento. Nel frattempo, nel 1983 l’Alfasud berlina ha ceduto il posto alla 33, così il coupé ha perso il nome “Alfasud” per chiamarsi solamente “Sprint”. E con questo nome, declinata anche in numerose versioni speciali, alcune delle quali riservate ai mercati esteri, prosegue la carriera fino all’uscita dal listino nel 1989, dopo 121.315 esemplari prodotti.
Epoca d’oro
Al momento del lancio la Sprint era un’auto intelligente. Briosa, divertente, carina, vantava una linea affilata che sfruttava finalmente appieno il ridotto ingombro verticale del boxer, “fasciando” come un guanto i passeggeri, soprattutto in altezza.
Elementi che le consentirono di sopravvivere a lungo. E cioè fino alle soglie degli anni ‘90, quando allestimenti semplificati e una linea ormai decennale condussero inesorabilmente alla fine dell’epopea della coupé del Biscione. Spariva dai listini non soltanto un nome glorioso, ma anche l’ultimo modello dell’epoca d’oro delle coupé 1.3 da famiglia, che aveva visto avvicendarsi negli anni Lancia Fulvia e Beta, Fiat 128, Opel Manta, Ford Capri, VW Scirocco.
Auto sportive ma alla portata di molti, se non di tutti, validissime anche come unica auto di famiglia. L’ideale per appassionati come Vincenzo, gente che, raggiunta la stabilità economica, volevano concedersi una soddisfazione materiale, ma senza esagerare, ben consapevoli dei sacrifici che erano stati necessari per conseguire quella stabilità.
Questo, pur se l’Alfasud costava più delle concorrenti dirette, a volte anche molto di più: al momento del lancio, nel settembre 1976, 5.280.000 lire; alla stessa data l’Alfa GT Junior costava 4.909.000 lire, la Fiat 128 3P veniva offerta a 3.652.000 lire e la VW Scirocco 1600 TS a 4.567.000 lire. Ma, certo, per un appassionato italiano, per di più vissuto a lungo in Germania dove l’Alfa Romeo da sempre è idolatrata, l’Alfa era un’altra cosa.
La Sprint infatti si indirizzava al tipico cliente Alfa: motore nervoso, cambio rapido e preciso, freni resistenti allo sforzo, tenuta di strada convincente, pur se impegnativa per i guidatori di normale esperienza.
Siccome il tempo è galantuomo, dopo un lungo periodo di oblìo, anche queste belle coupé stanno finalmente vedendo risalire la considerazione tra gli appassionati, nonostante, per esempio, la trazione anteriore della Sprint.
Appassionati come Marco, al quale, siamo sicuri, Vincenzo avrà ceduto la sua Sprint in pace, sentendosi di fare la cosa giusta affidandola a un cultore delle auto che l’avrebbe curata come lui aveva fatto in passato.
Testo di Dario Mella e Francesco Pelizzari - Foto Luca Danilo Orsi - Pubblicato su Automobilismo d'Epoca di Marzo 2021